martedì 31 gennaio 2012

MARX (FILOSOFIA)

MARX (da pag.68 a 82)


La filosofia di Marx si concentra su quello che lui stesso chiama materialismo storico. Marx critica infatti Feuerbach che aveva sì giustamente ripreso la dialettica hegeliana ma senza applicarla dal piano della coscienza religiosa al piano della dimensione sensibile e concreta dell’uomo, nonostante avesse ribaltato la posizione hegeliana ponendo a fondamento della sua filosofia la dimensione concreta sensibile dell’uomo; Feuerbach, secondo Marx, descrive l’emancipazione solo ed esclusivamente a livello speculativo senza presentare invece la vera emancipazione ovvero quella che deve avvenire sul piano della prassi, dell’agire concreto. Per questo la filosofia di Feuerbach può essere considerata solo come critica, poiché si limita a rimanere nell’ambito della coscienza religiosa, non considerando che il piano della coscienza è solo un semplice aspetto della realtà umana più complessa della quale a Marx interessa la componente sensibile e concreta. Feuerbach svolge quindi una funzione conservatrice, concentrandosi solo sulla critica teoretica. La vera filosofia invece, secondo Marx, deve essere rivoluzione, deve arrivare all’emancipazione sul piano della prassi. Marx sembra “correggere” Feuerbach con Hegel che invece aveva già studiato la prassi nella dialettica servo-padrone. Marx rimprovera inoltre a Feuerbach il fatto di non riflettere adeguatamente sul fondamento dell’alienazione religiosa: secondo Marx infatti, l’alienazione religiosa ha alla base un’alienazione più profonda che è quella sul piano della prassi. Se si vuole arrivare all’emancipazione dell’uomo bisogna fare una rivoluzione sul piano sociale: solo a questo punto non ci sarà più bisogno della religione che non è altro che uno strumento consolatorio a cui l ‘uomo ricorre perché è alienato a livello della prassi. Un’altra grande differenza tra Feuerbach e Marx riguarda la staticità o no della natura umana. Se per Feuerbach la natura umana è statica, ovvero non può cambiare, secondo Marx, essendo l’uomo autoproduzione e quindi producendo questo la sua stessa essenza, qualora società (essenza dell’uomo) dovesse modificarsi, anche l’essenza dell’uomo muterebbe. E’ la stessa attività dell’uomo però che produce il cambiamento.

Secondo Marx, la prassi non è altro che l’essenza generica, sociale dell’uomo: riguarda dunque i soggetti che interagiscono tra di loro e con la natura. La prassi si esprime a livelli diversi: dalla creazione dei mezzi di sussistenza, alla produzione artistico-culturale, alla creazione di istituzioni o di sistemi economici. Nel sistema di tipo capitalistico però l’uomo, quanto più produce attraverso il lavoro, tanto più si impoverisce, dal momento che viene privato dell’oggetto del proprio lavoro. Questo prende il nome di alienazione. Il significato dei termini alienazione e oggettivazione è analogo al significato che ne dava Feuerbach: l’oggettivazione è l’immissione della propria essenza attraverso il lavoro nell’oggetto del proprio lavoro; l’alienazione è il mancato appropriarsi dell’oggetto del proprio lavoro in quanto questo viene sottratto e quindi l’essere privati della propria essenza. Nel documento a pagina 91 del volume 3 Marx afferma che nella società capitalista l’alienazione avviene su 4 livelli:
- l’uomo viene privato dell’oggetto del proprio lavoro
- e quindi anche della stessa attività lavorativa: il lavoro diventa quindi costrittivo e unilaterare(=specializzazione in un solo settore) e si assiste allo sconvolgimento del rapporto mezzo-fine. Il lavoro infatti invece di essere il fine diventa solo un mezzo con il quale soddisfare le inclinazioni bestiali dell’uomo (nutrizione e riproduzione) che potrebbero essere considerate non solo bestiali ma anche umane solo qualora fossero solo un mezzo.
-Dal momento che l’attività lavorativa libera e cosciente dell’uomo definisce la sua essenza generica, l’uomo viene privato anche di quest’ultima e considera il lavoro mezzo per soddisfare i propri interessi individuali.
-Il lavoro alienato quindi estranea l’uomo dagli altri uomini spezzando il suo legame organico con tutti i membri del genere umano, sia con i capitalisti ma anche con gli altri operai con i quali si stabiliscono dei rapporti di concorrenza e competizione.
Il materialismo storico di Marx, in base al grado di divisione del lavoro, individua diverse forme di proprietà:
-proprietà tribale: è caratterizzata da attività quali la pastorizia, la caccia e la pesca e non prevede nessuna forma di proprietà privata
-proprietà della comunità antica: gli schiavi cominciano ad essere utilizzati come forza lavoro e cominciano a nascere le prime forme di capitale
-proprietà feudale: predomina l agricoltura e si genera il capitale
-proprietà capitalistica: predomina l’industria.
Marx prevede un netta divisione tra la struttura e la sovrastruttura. La prima determina la seconda. La struttura è la trasformazione dialettica della prassi e la cui modifica è dovuta al conflitto tra rapporti di produzione e forze produttive. (esempio: il capitalismo emerge nella società feudale cambiandola completamente ma anche il capitalismo stesso non è l’ultimo livello di sviluppo della prassi: questo sarà superato dal comunismo.)
La sovrastruttura o coscienza dipende invece dalla struttura ed è quindi l’insieme dei caratteri ideologici di un popolo: arte, cultura, sistema filosofico o politico, ecc. Secondo Marx l’ideologia da’ solamente l’impressione di essere autonoma; in realtà non è altro che un prodotto della struttura e quindi il riflesso della classe dominante; perciò il considerare l’ideologia o sovrastruttura come autonoma è negativo: in questo modo si fornisce infatti una visione distorta della realtà, tendendo inoltre a giustificare la azioni della classe dominante.
Un altro aspetto di cui Marx si occupa nel suo testo “Critica all’ideologia tedesca” è il seguente: considerare l’ideologia come autonoma rispetto alla struttura significa escludere la possibilità che la filosofia possa essere intesa come rivoluzionaria, come un mezzo per cambiare la prassi. Per questo la critica agli hegeliani di sinistra è sempre molto forte: la loro posizione conservatrice non è accettata la Marx.
Marx è portato a criticare anche il metodo utilizzato dagli economisti classici (Smith e Ricardo) in quanto lo considera metodo intellettualistico: così come l’intelletto oppone soggetto e oggetto e tende ad assolutizzare l’universale, essi tendono ad assolutizzare alcune nozioni astraendole dal processo storico in cui sono inscritte; per esempio il concetto di capitalismo, proprietà private o le stesse leggi che stanno alla base del capitalismo, considerato, tra l’altro, parte della natura umana. Il loro è un metodo ideologico dice Marx, e non dialettico: considerano il capitalismo sempre valido e non come una fase di un processo dialettico, destinata appunto ad essere superata. Il metodo di Marx prevede invece il partire da fatti concreti dai quali successivamente si ricavano concetti astratti e che poi devono essere inseriti all’interno del processo storico senza essere assolutizzati. Quest’ultimo punto era quello che mancava al metodo degli economisti classici.

IL CAPITALE (pag. 78)

Il capitale è uno dei testi più importanti di Marx nel quale egli analizza la struttura del capitalismo senza però astrarlo dal processo storico ma considerando gli sviluppi della prassi nelle società passate e anche gli sviluppi successivi della prassi(=superamento capitalismo e avvento del comunismo).
Marx si preoccupa ne Capitale di dare una definizione al valore che le merci hanno e che si manifesta attraverso il loro prezzo. Ci sono due tipi di valore:
-valore d’uso: è il valore delle merci definito in base ai bisogni che queste soddisfano. In base a questo criterio le merci, le quali ovviamente soddisfano bisogni diversi, sono considerate diverse tra loro;
-valore di scambio: è il valore delle merci definito in base al lavoro socialmente necessario per realizzarlo. L’identità consiste nel lavoro incorporato nelle merci. Inoltre, secondo Marx, lavoro e merce sono inscindibili: se fossero divisi, la merce diventerebbe allora un feticcio, proprio come in quelle religioni nelle quali la divinità è creata dall’uomo che la considera poi un’entità in sé e per sé. Non è quindi corretto considerare la merce come se avesse un valore di per sé.
La differenza principale tra i sistemi pre-capitalistici e la società capitalista sta nello schema dialettico che le caratterizza. Nella società pre-capitalista il punto di partenza (TESI) è la merce con la quale poi si acquisisce del denaro(ANTITESI) e con cui poi si recupera altra merce (SINTESI). Il punto di partenza e di arrivo corrisponde dunque alla merce. Nella società capitalista invece, lo schema è opposto: il punto di partenza è il denaro usato poi per acquistare materie prime e mezzi di produzione e dal quale si ricava della merce, venduta per ottenere una maggiore quantità di denaro. Ora ci si chiede: da dove viene la quantità di denaro in più? Questa deriva dal lavoro dell’operaio che vende al capitalista la propria forza lavoro. Parte del valore che produce viene ricompensato attraverso il salario (necessario al sostentamento dell’operaio); il valore che invece viene prodotto dal plus lavoro, lavoro non compensato con salario, diventa plusvalore. Anche se potrebbero sembrare due sinonimi, plusvalore e profitto presentano delle differenze: il plusvalore è il rapporto tra il tempo di pluslavoro e il tempo impiegato per produrre la sussistenza del lavoratore. Il profitto è invece tutto ciò che rimane al capitalista dopo aver pagato i salari o le spese per i mezzi di produzione. Il fine della società capitalistica è appunto il profitto, il cui aumento è determinato da una particolare organizzazione del sistema:
1. Aumentare le ore di lavoro e ridurre i salari limiti: i salari non possono scendere oltre un certo livello
2. Specializzazione del lavoro formazione di un “lavoro sociale” che favorisce la cooperazione e la collaborazione
3. Utilizzo dei macchinari il lavoro diventa costrittivo e l’operaio è un’appendice della macchina.
Essendo Marx appartenente alla corrente degli hegeliani di sinistra che negano l’esistente (ogni sintesi è la tesi di un processo dialettico successivo), egli, come già detto prima, sostiene che il capitalismo sia un sistema che sarà portato alla dissoluzione viste le contraddizioni interne che lo caratterizzano:
- i capitalisti assolutizzano il principio della libertà individuale ma intanto parlano di cooperazione e di lavoro sociale;
- l’obiettivo dei capitalisti è aumentare il profitto ma di fatto si registra una caduta tendenziale del saggio di profitto a cui Marx da questa spiegazione: saggio di profitto= plusvalore fratto capitale variabile(usato per pagare i salari) più capitale costante (valore investito per l’acquisto dei macchinari). Il saggio di plusvalore è invece il rapporto tra plusvalore e capitale variabile. Dal momento che il rapporto tra plusvalore e capitale variabile è da considerare costante; in quanto i salari sotto un certo livello non possono scendere, ci troviamo a riscontrare che il saggio di profitto diminuisce perché aumenta il capitale costante. (il rapporto profitto capitale costante è infatti inversamente proporzionale).
Da questa riflessione alcuni critici hanno colto una contraddizione interna al ragionamento di Marx: se consideriamo infatti la definizione che lui da di saggio di plusvalore, citata poco sopra, sembra che la sua tesi abbia come presupposto il fatto che solo il lavoro dell’operaio è fonte di valore. Prima però aveva affermato che il sistema capitalistico, grazie ai macchinari, riesce ad aumentare il plusvalore. La contraddizione è la seguente: se si afferma che attraverso l’introduzione di macchinari il plusvalore aumenta, non si può contemporaneamente affermare che il saggio di plusvalore è il rapporto tra plusvalore e capitale variabile senza introdurre il capitale costante.


INTERPRETAZIONI DI MARX:

Linea scientifica che guarda non al Marx filosofo ma al Marx scienziato, al Marx del materialismo storico. La tesi di fondo è la seguente: il materialismo storico di Marx è non solo un modo di interpretare la storia, ma è il modo di funzionare della natura stessa. Condivide questa linea interpretativa:
Althusser(pag.461)
Althusser guarda al Marx che sa evidenziare la molteplicità dei fattori storici che caratterizzano la società, occupandosi quindi della struttura oggettiva della realtà. Il filosofo individua nella realtà stessa diverse contraddizioni. La contraddizione principale tende ad influenzare tutte le altre che a loro volta no sono puramente passive ma svolgono un ruolo attivo; posso quindi influenzare la orassi e incidere su questa. Per questo motivo si è soliti affermare che Althusser riconosce la produzione causale della dimensione sovrastrutturale che non è più sola passività.

Linea filosofica che guarda appunto al Marx filosofo, teeorico della prassi. In questo ambito si collocano due autori:
Gramsci(pag 288) e Lucac(pag 403).
Gramsci innanzitutto sottolinea l’importanza della prassi rivoluzionaria che cambia radicalmente la società. Egli da’ un’interpretazione positiva della rivoluzione bolscevica in quanto i rivoluzionari realizzano proprio la prassi rivoluzionaria: essi, nonostante non siano veri e propri marxisti in quanto ne violano alcune teorie, si concentrano sulla rivoluzione. Il filosofo inoltre assimila il marxismo allo storicismo sottolineando che il marxismo è una forma di filosofia che annulla ogni forma di trascendenza religiosa o metafisica. Concludendo, Gramsci evidenzia lo stretto legame storia filosofia, sostenendo di conseguenza che sia impossibile trovare una filosofia universale: anche il marxismo, quando non saremo più in una società comunista, sarà destinato ad essere superato.
Lucac tende invece a contrapporre il metodo dialettico, cui appartiene il marxismo, alla scienza moderna. Il primo non è settoriale ma ha prospettiva globale, coinvolge soggetto e oggetto e non ha scopo contemplativo-conoscitivo ma rivoluzionario. La scienza moderna ha invece una prospettiva settoriale, intellettualistica ed ha una funzione contemplativa occupandosi solo dei fatti come entità isolate. Lucac tende inoltre a sottolineare l’importanza di una presa di coscienza da parte del proletariato per la realizzazione di una società comunista vera e propria. Anche per lui quindi, la sovrastruttura (ideologia), ha un ruolo attivo.

martedì 24 gennaio 2012

CIVICA (STORIA )

LA QUESTIONE DEL DECENTRAMENTO

(libro vecchio: da 96 a 100) (libro nuovo: capitolo 3-4 trovate tutto + articolo di Monti)

La repubblica italiana è composta da quattro enti territoriali diversi:lo stato,le regioni , le province e i comuni. Le regioni, le provincie e i comuni sono corpi intermedi tra i cittadini e lo stato. Con il trascorrere del tempo si sono visti diversi cambiamenti: durante la Destra Storica prevalse l’accentramento amministrativo, mentre con la sinistra si fece largo la proposta di decentramento, infine, con il Fascismo, un nuovo accentramento. Tuttavia, la costituzione, prevede un DECENTRAMENTO abbastanza MARCATO.

1-LE REGIONI

(libro vecchio: da 103 a 106)

Fino al 1970 non esistevano le regioni che noi conosciamo, erano presenti, le regioni a STATUTO SPECIALE.

Le regioni a statuto speciale,istituite nel 1948, sono dei territori che hanno particolari riconoscimenti riguardo l’autonomia amministrativa e sono: la Sardegna, la Sicilia, dov’era avvenuto un forte movimento indipendentista, la Val d’Aosta, per lingua e tradizioni francesi nonostante i cambiamenti durante il fascismo, il Trentino alto Adige, con i Sud-tirolesi ( trad tedesca) che voleva concedere grande autonomia anche a Trento, in questo modo nacquero dei conflitti interni che portarono alla creazione di due province autonome: la provincia di Trento, (popolazione di lingua italiana) e quella di Bolzano ( territorio del Sud-tirol lingua e trad tedesche) e il Friuli-Venezia Giulia ( che nacque solo nel 1963) che confina con diverse minoranze di lingua slovena.

- Le regioni ORDINARIE si sono costituite dopo il 1970

- Fino al 2001 le regioni hanno una funzione amministrativa e non legislativa ( Possibilità di legiferare, fa applicare la legge Quadro: la regione emana delle leggi in conformità a quelle statali ,in un territorio definito)

- Le provincie sono i luoghi in cui risiedeva il prefetto/ legate al sistema di accentramento.

L’articolo 114

Nella prima versione dell’articolo si sosteneva l’identità tra stato e repubblica ( intesa come insieme di regioni, province e comuni). La seconda versione, invece, dice che lo stato è DIVERSO dalla repubblica ( intesa come insieme di stato, regioni, provincie e comuni). In questa seconda versione, lo Stato viene limitato a elemento costitutivo della repubblica.

L’articolo 117

Il nuovo testo dell’articolo introduce tre diverse forme di competenza legislativa per la regione e lo stato. 1- si parla di competenza ESCLUSIVA dello stato in: politica estera, immigrazione, relazioni con le regioni, l’esercito,gli organi dello stato, i referendum,l’amministrazione dello stato, il sistema di giustizia,moneta, …

2- Si parla di competenza CONCORRENTE (-lo Stato stabilisce principi e la regione li applica, esiste una specie di gerarchia ma lo stato è al primo posto) tra stato e regione in: rapporti internazionali con l’ EU, istruzione ( ma non professionale, quella è esclusiva della regione),governo del territorio, trasporti ed energia.

3- Si parla di competenza ESCLUSIVA della REGIONE: per gli ambiti, abbastanza pochi, che non sono trattati nei primi due punti, come ad esempio l’istruzione professionale e la collocazione dei vigili urbani,

La regione è un’organizzazione di tipo parlamentare; è presente un consiglio regionale, un presidente regionale, che necessita del consenso della maggioranza, un eventuale mozione di sfiducia farebbe cadere il presidente e si tornerebbe alle elezioni.

Il principio di sussidiarietà

Questo principio, tipico del federalismo, sostiene che i poteri devono essere assegnati al livelli di governo più basso possibile, tuttavia il comando può essere preso dai livelli superiori quando un problema non può essere risolto da quelli. Nel caso dell’UE il potere viene affidato agli stati e solo all’ultimo va nelle mani dell’Unione, nel caso degli stati, esempio l’Italia, il potere viene dato ai comuni e da li poi si percorre la gerarchia: provincie-regioni e stato. Il quarto comma si parla di sussidiarietà orizzontale: dove si sostiene l’iniziativa dei privati in ambiti in cui l’amministrazione comunale non arriva.



Aggiunta del Ferro:

esiste un movimento federalista italiano/europeo ( M.F.E.) che crede in un unione federale europea, dove sarà possibile vedere l’Italia come stato federale. Sito www.mfe.it

Articolo 120

Il secondo comma dell’articolo prevede l’intervento dello stato in sostituzione agli organi che amministrano il potere in particolari situazioni: nel caso del mancato rispetto delle norme e trattati internazionali, nel caso in cui sia in pericolo la sicurezza pubblica o l’unità giuridica economica. Tutto questo deve però avvenire nel completo rispetto del principio di sussidiarietà

L’articolo 118

Si occupa dell’amministrazione e si basa sul principio di sussidiarietà. Diversamente della prima versione, dove le competenze amministrative erano delle provincie, ora i poteri vengono affidati prima ai comuni e ne caso in cui questi non siamo sufficienti alle provincie,alle regioni ed infine allo stato.

Approfondimento: la crisi e i diversi atteggiamenti

(intervista a Stiglitz e articolo di Krugman )

Contro il comportamento dei governi europei in questo periodo di crisi, si sono pronunciati due economisti:

Stiglitz aderisce a una linea neoliberista: il mercato de ve seguire il suo corso,senza interventi estrani,libero di autoregolarsi. Lo stato deve ridurre la spesa pubblica, si deve snellire lo stato sociale e puntare sull’esportazione e tassare anche i livelli più bassi della popolazione.

P.Krugman: autore dell’articolo “Anche Wall street piange” segue una linea Keynesiana: il mercato lasciato a se, giunge a situazioni di stallo da cui non riesce più ad uscire. Bisognerebbe seguire un politica di deficit-spendig utile per accettare l’indebitamento dello stato a patto che questo porti a un suo successivo rilancio.

Krugman sostiene inoltre, che ricercare il pareggio di bilancio non è sempre utile e il neoliberismo è catastrofico, come si vede nel caso dell’Argentina e della Grecia; bisogna prendere come modello gli stati del Nord Europa dove il deficit-spending è stato usato per garantire delle risorse nei settori strategici, come la ricerca, le infrastrutture e la tecnologia. Lo stato deve quindi intervenire investendo e potenziando le risorse dei propri cittadini, in modo da non soffocare il mercato interno.

2 -IL FEDERALISMO

( libro vecchio: 98-99 )

In Italia è presente, già dell’epoca dell’Unità, un acceso dibattito sul federalismo.

Contro il federalismo

- Eleborata nel 1800 la teoria di Proudon si contrapponeva alla visione tradizionale e gli costò l’accusa di anarchico, quando in realtà egli sosteneva solo il principio di sussidiarietà applicato alla politica.

- Mazzini si contrappose fermamente al federalismo, sostenendo che comprometteva i valori comuni, sfavoriva il senso dello stato perché portava alla prevalenza dei localismi. l’Italia federale, poi, sarebbe diventata insignificante nel panorama europeo come la Svizzera e si troverebbe in pericolo perché sarebbe facilmente controllabile dalle potenze straniere e avrebbe poca forza di mercato. L’unità,invece, garantisce il principio di uguaglianza.

Ai giorni nostri le aristocrazie sono state sostituite dai poteri economici locali, famiglie più ricche di altre, organizzazioni militari territoriali ( mafia e camorra.. ) ed è però presente un’unità politica che dovrebbe garantire l’ordine.

Con la realizzazione del federalismo si perderebbe un po’ di unità ( non siamo più nella situazione di Mazzini dov’era un mezzo d’unione); il sistema centrale sarebbe diviso: rinunciando a certe prerogative per darle ad organismi locali, si arriverebbe alla creazione di altri organi e ad un aumento delle spese, visto che non si possono spostare le sedi in periferia, se ne dovranno creare di nuove, con il rischio di creare una burocrazia locale incompetente e imparziale.

Il Federalismo Fiscale

L’Articolo 119

Diversamente dalla prima stesura, molto più breve, il nuovo articolo 119 si pronuncia riguardo l’autonomia finanziaria delle regioni , ora le regioni possono stabilire dei tributi ed entrate propri in armonia con la costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanzia pubblica e del sistema tributario e possono trattenere una percentuale delle tasse; tuttavia per evitare squilibri di ricchezza si deve sottostare ad un principio di riequilibrio rappresentato dal FONDO PEREQUATIVO che è formato da risorse senza una precisa destinazione e adibite per territori con minor capacità fiscale per abitante.

Ma come stabile quali regioni ne devo usufruire?

1- Spesa storica: si controlla il bilancio degli anni precedenti. Questo metodo, però, non cancella le eventuali spese non necessarie e si andranno a sprecare risorse.

2- Spesa necessaria per esercizio: si valutano le spese necessarie, questo, però , presupporrebbe un organo centrale con la funzione di valutare eventuali sprechi

- I federalisti vorrebbero ridurre le competenze dello stato per quanto riguarda la legislazione concorrente e avvicinare le regioni a statuto speciale a quelle ordinarie .

- L’impiego del federalismo fiscale porterebbe alla riduzione dell’utilizzo della spesa collettiva per le regioni più povere e quindi ad un allargamento dello squilibrio economico e non basterebbe il fondo perequativo.

A favore del federalismo

- Cattaneo e Gioberti

- Ci sono poi diversi motivi, come: la maggior vicinanza tra elettori ed eletti, con un conseguente controllo maggiore di questi, un maggior interesse al territorio e quindi un adeguamento delle leggi agli interessi locali, le risorse economiche resterebbero nelle regioni di origine, escluse quelle che vanno nelle “casse di sussidiarietà”, riduzione degli sprechi e della corruzione, responsabilizzazione delle regioni più povere: con il sostegno economico, non si impegnano per migliorare le proprie condizioni, con il federalismo non potranno più dare la colpa allo stato centrale.

L’UNIONE EUROPEA

(libro vecchio: da 124 a 141)

In questo caso il Federalismo porta all’unità. Nel 1951 nasce una prima unione tra Italia,Francia, Rep. Fed di Germania,Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, la CECA ( Comunità del Carbone e dell’Acciaio) ,nel 1957 gli stessi paesi danno vita ,a Roma alla C.E.E. ( Comunità Economia Europea) e all’ EURATOM,nel 1992 con il trattato di Maastricht si passa alla Ce.

Già durante la guerra si erano riuniti diversi intellettuali per risolvere il conflitto che aveva portato alla distruzione di diversi paesi europei, l’obbiettivo per cui viene creata l’EU è quello di evitare una nuova guerra e di creare un sistema di pace perenne. Si decise di un modello Kantiano: rinunciare alla parziale libertà dei singoli, per arrivare alla pace; articolo 11 : sostiene che l’itala ripudia la guerra ed è a favore dello organizzazioni internazionali che promuovono un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra la nazioni.

Per arrivare al federalismo, si decise di partire con un’integrazione economica, visto l’impossibilità dell’integrazione politica immediata .

La struttura dell’Unione europea

( libro vecchio: da 129 a 134)

Dopo la seconda Guerra Mondiale, si riscontrano diverse forme di integrazione, fino ad arrivare ai trattati per l’integrazione economica, come il trattato di Roma, 1957, ( CEE) che segue le linee di quello di Lisbona. ( prevedeva una costituzione Eu del 2009, fallito visto che non tutti gli stati erano d’accordo) .

- Consiglio dell’Unione Europea ( o consiglio dei ministri europei ) : è un organo molto importante per quanto riguarda la creazione norme, il parere è vincolante : senza il consenso non si possono applicare le direttive; prende le sue decisioni o per maggioranza o all’unanimità.

Dipende dagli stati membri ed è legato al potere degli stati nazionali.

- Il presidente del consiglio europeo è nominato a maggioranza qualificata dello stesso consiglio.

- Parlamento Europeo: fin dall’inizio ha solo competenze consultive, funzione di controllo, eletto direttamente dai cittadini, insieme al consiglio dell’UE gestisce il potere legislativo. È nato con poteri molto limitati: le decisioni erano prese solo dai ministri e aveva solo una funzione consultiva, con i tempo, però, ha rafforzato la sua posizione, grazie alla politica di codecisione viene accentuato il ruolo del parlamento e diminuito quello dei ministri. Inizialmente il parlamento si limitava ad approvare il bilancio, poi si arriva ad allargare gli ambiti nei quale era necessaria la compartecipazione ( tranne la politica agraria) .

- Consiglio Europeo: formato dai capi di stato o di governo ( in Francia il capo di governo è il capo di stato) .

- Presidente del Consiglio Europeo: nominato permanentemente per dare un’idea di maggior coesione.

- Ministro degli esteri dell’unione Europea : abbozzo del per avere rapporti con affari esteri.

- Presidente della commissione: unica politica estera abbozzata.

- BCE: consiglio direttivo, presidente della banca europea e direttorio

- Oggi, in una situazione di crisi, il direttorio è retto da Francia e Germania

- Commissione: funzione esecutiva, controlla che vengano rispettati i vari trattati, portavoce dell’unione, formula i vari disegni di legge.

- Corte di giustizia

I poteri

( Libro vecchio : da pag 135 )

L’unione europea può emanare due tipo di leggi europee: i regolamenti e le direttive. I regolamenti sono atti normativi, si rivolgono ai cittadini ed entrano subito in vigore; le direttive, invece, vincolano gli stati e fissano obbiettivi da raggiungere, ma lasciano allo stato la scelta delle forme e dei mezzi da adottare.

Il procedimento legislativo si mette in moto su iniziativa della commissione, il regolamento o la direttiva viene presa in esame dal consiglio dei ministri e, una volta approvata, viene mandata al parlamento; da lì, ci sono tre procedure che si possono adottare: codecisione, introdotta dal trattato di Maastricht , prevede che venga approvata da consiglio e parlamento, in caso contrario interviene il comitato di conciliazione che prova a trovare una soluzione; cooperazione,introdotta dall’atto unico europeo, prevede la possibilità che il parlamento presenti degli emendamenti alla legge approvata dal consiglio; consultazione, prevista fino all’1986, prevede la possibilità che il parlamento possa esprimere il proprio parere sulla legge, ma il consiglio non è tenuto a prenderla in considerazione.

Le politiche comuni

(libro vecchio: da 139 a 141)

Le politiche comuni adottate dell’EU sono numerose, tra queste ci sono:

- Il mercato unico: ( dal 1957) garantisce la libera circolazione delle merci e il libero mercato. La creazione del mercato comune europeo portò: la libera circolazione delle merci, dei servizi ( trasporti, bancari ecc..) e alla creazione di uno spazio senza frontiere che rende possibile la circolazione nei paesi europei.

- Politica agricola: riservata al consiglio dei ministri, prevede un fondo economico che si occupa di garantire gli approvvigionamenti, dare incentivi e protezioni. Si registra, però, il peso della Francia e della Germania,

- L’unione monetaria: in seguito al trattato di Maastricht del 1992, l’UE ha adottato l’euro, che è in vigore, dal 2002, solo in 12 stati su 27. Contemporaneamente alla circolazione dell’Euro, è stata creata ala BCE ( Banca Centrale Europea) che si occupa dell’emissione della moneta e del controllo della sua circolazione.

- La politica di coesione economica e sociale: si occupa del sostegno dello sviluppo e di corsi formazione professionale.

- La politica estera, difesa e giustizia. L’Unione non riesce a trovare un accordo per creare un organo internazione di difesa e giustizia, poiché ogni stato non vuole rinunciare alle prerogative essenziali della sovranità ( politica estera, difesa e giustizia.), per questo motivo l’Unione si è trovata debole davanti a problematiche come il conflitto jugoslavo.

Le critiche moderne all’EU:

le critiche vanno contro la burocratizzazione dell’Unione e i mali causati dell’introduzione dell’euro. Inoltre, l’Europa appare unita solo economicamente e non politicamente e ciò lo si nota davanti alle sfide internazionali, ( come davanti al caso della Libia ), servirebbe un’Europa a due velocità: un’ Europa trainante e una trainata.

Approfondimento: intervista a Monti, quotidiano conservatore tedesco.

( sono alcuni dei commenti che ha fatto il Ferro leggendo l’articolo in classe.)

1) Sfida Italia – Europa. Liberalizzazione del mercato del lavoro: noi facciamo grandi sacrifici,ma l’UE non ci manda nessun tipo di segnale, nessuna politica di sostegno.

2) Sì alla politica di rigore, ma devono vedersi degli spiragli da parte dell’UE ( meno interessi, es), ma non si vede nessun aiuto, forse a causa della Germania .

L’Italia guarda da sempre la Germania, ma servono dei cambiamenti per migliorare.

Se L’UE non ci aiuterà concretamente, la popolazione, che è costretta a sopportare grandi sacrifici, si unirà ai populisti, ( come la Lega, che vuole istituire la Lira padana ..)

3) Duopolio Franco-Tedesco: era necessario, nel periodo di crisi, ora non deve escludere gli altri paesi, ma coinvolgerli. Nel 2003 hanno violato il trattato di Maastricht, ma visto che non andarono in contro a punizioni, paesi come la Grecia e l’Italia li hanno imitati.

4) L’ economia sociale di mercato è un modello per l’Italia, ma deve essere bilanciata con concorrenza e competitività.

5) Italia non ha pieno controllo dei territori, fondamentale per uno stato federale, tuttavia la criminalità organizzata non è sono in Italia, si deve puntare sulla maggior competitività e sullo sviluppo, perché maggiore è la concorrenza, minore è la corruzione, inoltre, bisogna sviluppare il senso civico.

6) Il governo tecnico ha unito un po’l’Italia.

lunedì 23 gennaio 2012

Storia

IMPERIALISMO NEI VARI STATI (STORIA)

Situazione in Francia durante l’Imperialismo


Dopo la sconfitta subita contro la Prussia, a Parigi scoppiò una ribellione e fu proclamata la Comune, radicale esperimento di democrazia diretta; in essa sono presenti diverse forze rivoluzionarie, che vanno da orientamenti socialisti, a gruppi repubblicani democratici più moderati. La Comune, non accettata dalla popolazione rurale, tentò i di coinvolgere nella rivolta anche la popolazione delle altre città e delle campagne ma non ebbe successo e presto venne sconfitta dall’esercito ufficiale e dai tedeschi. A questo punto fu convocata una assemblea costituente, che doveva dare vita ad un sistema politico costituzionale. La nuova Costituzione prevedeva un parlamento bicamerale, formato dalla Camera bassa, che detiene gran parte del potere legislativo, e dal Senato; molto importante è anche il ruolo del Presidente della Repubblica (eletto dalle Camere riunite), il quale, se aveva la maggioranza all’interno del Senato, poteva sciogliere la Camera bassa.
I socialisti, essendo stati molto presenti nella Comune, furono emarginati dalle forze politiche dominanti (democratici, radicali, opportunisti ecc.); i democratici possono essere più o meno moderati, i radicali hanno un orientamento democratico anticlericale e gli opportunisti (es.Junefery) sono molto impegnati per la laicizzazione dello Stato, per il libero mercato e per il riconoscimento dei diritti politici ma sono poco impegnati nell’ambito delle riforme sociali.
In questo periodo in Francia ci fu molta tensione:
Boulangè: generale repubblicano che riuscì a coalizzare intorno a sé molti consensi che provenivano da diverse parti (esponenti della chiesa cattolica, esponenti filo monarchici ecc.) e tentò il colpo di Statoma senza successo poiché fu capito.
Dreyfus: ufficiale ebreo dell’esercito che fu accusato di alto tradimento in quanto ebreo (in Francia c’era forte antisemitismo); fu processato e condannato, nonostante le prove fossero insufficienti e alla fine fu assolto.


Situazione in Inghilterra durante l’Imperialismo

Politica interna:

1) Questione dei partiti: nel 1884 vi fu un allargamento del suffragio elettorale, che coinvolse anche il settore operaio; questa riforma fu voluta dai liberali, dai settori conservatori guidati da Israeli e dal mondo sindacale (partito laburista). I liberali insistono molto sulla necessità del controllo del Parlamento sul governo e hanno una posizione meno imperialista rispetto ai conservatori; i conservatori invece puntano molto sull’impergno coloniale e insistono molto sul ruolo della corona e del governo, rispetto al Parlamento;
2) Questione irlandese: questo problema fu assunto dal partito liberale, che si era reso conto della necessità di arrivare ad una legge di autonomia; tuttavia non riuscì ad approvarla poiché all’interno del partito, si era formata una opposizione che aveva votato contro la legge di autonomia e ciò fece crollare il governo;
3) Ruolo della Camera dei Lords: aveva il potere di bloccare le leggi di bilancio e, quando bloccò la proposta di aumentare le tasse per le riforme sociali, fu approvata una nuova legge che stabiliva che la Camera dei Lords, avrebbe potuto respingere una legge di bilancio, solo per due volte, ma poi essa doveva entrare in vigore.



Situazione in Russia durante l’Imperialismo


Sotto il governo dello zar Nicola II si forma il partito social democratico russo, il partito social rivoluzionario, che vuole richiamarsi alla tradizione russa, molto critica nei confronti dell’Occidente e favorevoli alle terre comuni (fonti di approvvigionamento per i poveri, nei momenti di maggiore
difficoltà), e il gruppo dei cadetti, detto partito costituzionale democratico (partito liberale, legato ad alcuni nobili e ad alcuni intellettuali.
Rivoluzione del 1905: la Russia era molto interessata al territorio della Manciuria e per questo arrivò ad uno scontro con il Giappone; il Giappone propone allo zar un compromesso, il quale viene respinto dallo zar e il Giappone riesce a vincere sulla Russia, la quale, in seguito a questa sconfitta, dovette affrontare una serie di moti di protesta. A questo punto, lo zar, che è lontano e pertanto non può intervenire direttamente, concesse una assemblea parlamentare a suffragio ristretto (Duma), ma poi lo zar, ripreso il controllo della situazione, restrinse ulteriormente il suffragio dell’assemblea parlamentare, già molto ristretto. Intanto nacquero dei consigli di operai (soviet), che avevano competenze legislative e prendevano le decisioni attraverso delle discussioni.

Dopo il 1905, lo zar lascia spazio alle tendenze riformatrici:
Caso del conte Stolypin: nobile che riteneva che fosse necessario introdurre una riforma agraria in Russia; egli voleva eliminare il sistema feudale medievale e passare ad un sistema di proprietà capitalistica amministrata direttamente dai proprietari, i quali producevano, non solo per l’autoconsumo. Questo progetto fu iniziato ma venne presto interrotto poiché Stolypin fu ucciso; in ogni caso le sue riforme avevano portato ad un peggioramento della situazione dei più disagiati e pertanto non era un progetto efficiente.

GOVERNO DE PRETIS

POLITICA INTERNA

Dopo la caduta della destra sale la sinistra, che presentava un progetto politico alternativo rispetto a quello della destra. La sinistra voleva allargare il suffragio in modo universale, e non pone il pareggio di bilancio come obiettivo primario e, pertanto, non condivide la politica fiscale della destra e , infine, voleva introdurre un decentramento amministrativo(aumentare e potenziare le autonomie locali). Con De Pretis, vengono introdotte alcune riforme:

-la legge Coppino che riguardava l’istruzione e prevedeva l’istruzione obbligatoria per un triennio e delle sanzioni per i genitori inadempienti;

-l’allargamento del suffragio, che prevede l’abbassamento dell’età da 25 a 21 anni e inoltre, bisognava avere un certo reddito o in alternativa aver frequentato le scuole di base;

-l’abbassamento della tassa sul macinato.

Molto importante, nel governo De Pretis è il trasformismo, un modo di governo, un sistema introdotto da De Pretis e da Minghetti (capo della minoranza della destra); questo loro accordo ha come obiettivo quello di stabilizzare il governo, per creare un grande centro che escluda le ali estreme. Si crea quindi un governo non più riformatore e non vi è più l’opposizione della destra; si forma dunque una sorta di governo statico.

Riguardo al trasformismo vi sono due diverse tesi: alcuni dicono che il primo trasformista sia stato Cavour, il quale aveva creato un grande centro, senza più l’opposizione (connubio); altri dicono che ci sono analogie tra il connubio e il trasformismo, ma l’obiettivo di Cavour era fortemente riformatore, ora invece non si hanno obiettivi riformatori e anzi, si crea un governo statico, non più riformatore.

Economia: si passa da un sistema liberista ad un sistema protezionista (i primi provvedimenti protezionisti cominciano nel ’78 e riguardano il settore tessile, gli altri nell’87;

Industria: i governi puntano sulla produzione del ferro e dell’acciaio e sulla produzione meccanica (in Italia era scarsa, e quel poco che vi era in Italia, era schiacciato dalle frequenti importazioni dalla Germania).

POLITICA ESTERA

Molto importante è sicuramente l’accordo politico e militare, in funzione antifrancese con la Germania e l’Austria (Triplice Alleanza). La prima firma si ha nell’82 e il trattato prevedeva una sottoscrizione ogni 5 anni; nell’87 le cose cambiano per l’Italia poiché vengono codificate alcune clausole dell’accordo a favore dell’Italia. Non meno importante è l’inizio dell’impegno di colonizzazione nella zona dell’Eritrea (sotto il controllo dell’Impero etiopico), che porterà a una grave sconfitta dell’Italia, nella battaglia di Dogali.

GOVERNI CRISPI E INTERMEZZO GIOLITTI (STORIA)

Fase di Francesco Crispi


Francesco Crispi era un ex membro del Partito d’Azione, poi ministro degli Internial governo De Pretis e dall’87 diventa Primo Ministro fino al ’92.

Politica interna: -esce un nuovo codice penale (Zanardelli), che prevede l’eliminazione della pena di morte e vengono tolte le sanzioni a chi scioperava
-viene ridotto il forte accentramento e si allarga il suffragio
-si riprende l’impegno coloniale per riportare prestigio all’Italia (legato alla politica interna)

Politica estera: - ha un orientamento filotedesco
- si forma un orientamento anticlericale (si cerca in un primo momento un accordo con il Papa per risolvere la questione romana ma il Papa rifiuta e quindi si applicano delle restrizioni alla chiesa.


Intermezzo Giolitti (dal ’92 al ’93)

Politica interna: -si vuole introdurre un’imposta progressiva sul reddito (pagamento di tasse in base al reddito) ma la legge non passa
- non vi è politica di repressione nei confronti del neonato partito socialista fondato da Filippo Turati su linea ortodossa del PSD tedesco
- per quanto riguarda i Fasci Siciliani c’è un tentavi di mediazione e non di repressione da parte dello Stato

L’intermezzo Giolitti si concluderà per lo scandalo bancario (vi erano stati dei prestiti delle banche contemporaneamente al boom dell’edilizia; vengono costruite tante case poi non vendute e questo fatto non permette il pagamento dei debiti alle banche stesse; le banche conieranno falsa carta-moneta che sarà poi utilizzata anche per la corruzione politica)ù

Secondo governo Crispi (dal ’93 al ’96)




Politica interna: -viene istituita la banca d’Italia
- repressione dei Fasci siciliani tramite l’esercito (stato d’assedio)
- repressione contro i socialisti che vengono dichiarati fuori legge


Politica estera: -è esclusivamente politica coloniale: Crispi tramite una favorevole interpretazione di un accordo scritto in aramaico, secondo cui l’Etiopia era protettorato italiano, decide di investire fortemente nell’esercito da mandare in Africa, dove sarà sconfitto. Questa sconfitta dell’esercito italiano causerà la caduta di Crispi dal governo.

Il governo Zanardelli-Giolitti (dal 1901-1903) si caratterizzò per alcune importanti riforme sociali e per la neutralità nel campo dei conflitti del lavoro. In questa situazione tornano a svilupparsi nuovamente le organizzazioni sindacali, operaie e contadine: un esempio è la Federterra del 1901. Le organizzazioni sindacali portarono a un brusco aumento degli scioperi e a una spinta al rialzo dei salari fondamentale per Giolitti, per fare in modo che si sviluppasse il mercato interno. In questo periodo si ha dunque un miglioramento della situazione economica. Negli ultimi anni del secolo si assiste al decollo industriale italiano, in particolare del settore siderurgico, chimico ( soprattutto nell’industria della gomma, con gli stabilimenti Pirelli di Milano), automobilistico (Fiat) e elettrico, favorito dalla costruzione di una rete ferroviaria, dalla scelta protezionistica, dal riordinamento del sistema bancario. Il decollo industriale porta ad un drastico aumento dell’emigrazione, dovuta alla sovrabbondanza della popolazione rispetto alle capacità produttive dell’agricoltura, che nel mezzogiorno restava arretrata. Dal Mezzogiorno, a differenza del nord, dove la popolazione si spostava all’interno del vecchio continente, la popolazione si spostava in territori extraeuropei (USA).

I governi Giolitti e le riforme

Politica interna

Giolitti si impose tre obiettivi: -allargamento del suffragio

- statizzazione delle ferrovie

- riforma fiscale (imposta progressiva sul reddito)

Per quanto riguarda l’allargamento del suffragio, realizzato nel lungo periodo, si arriva ad un suffragio maschile universale (si poteva votare o a 21 anni, se si aveva avuto una istruzione di base o, in alternativa, se si aveva partecipato al servizio militare, altrimenti a 30 anni); per quanto riguarda la statizzazione delle ferrovie, queste erano in precedenza in mano ai privati e ciò comportava diversi scioperi che ostacolavano il trasporto di persone e di prodotti, poi con la riforma di Giolitti, esse vengono affidate alla gestione statale; per quanto riguarda invece la riforma fiscale, si vuole introdurre l’imposta progressiva sul reddito che sarebbe andata a ridistribuire le ricchezze. La riforma non passa, poiché Giolitti non ottiene il supporto dei socialisti. Altra importante novità, riguarda l’introduzione di leggi speciali per il Mezzogiorno, che miravano a interventi specifici per il miglioramento dell’agricoltura (Basilicata), per il miglioramento dell’industria (Puglia e Campania) e per la soluzione di problemi legati alle catastrofi naturali come i terremoti (Calabria).

Viene poi introdotto il monopolio statale dell’assicurazione sulla vita, con la creazione di un sistema pensionistico.

Politica estera

Per quanto riguarda la politica estera, Giolitti si avvicina alla Francia, sempre però rimanendo all’interno della Triplice alleanza, che si era incrinata, poiché l’Italia non aveva ricevuto i dovuti compensi, in seguito all’espansione dell’Austria in Bosnia Erzegovina. Nonostante Giolitti sia contro l’Imperialismo, tuttavia colonizza la Libia, in maniera tale da ottenere il supporto dei conservatori per far passare la riforma del suffragio universale maschile; la decisione di colonizzare la Libia, portò ad una guerriglia con l’impero Turco, in quanto la Libia era un suo protettorato.

La politica di Giolitti fu criticata dai socialisti rivoluzionari, dai cattolici democratici, i quali accusavano Giolitti di far opera di corruzione, dai liberali-conservatori come Sidney Sonnino, i quali accusavano Giolitti di attentare alle tradizioni risorgimentali, venendo a patti con i nemici delle istituzioni e mettendo così in pericolo l’autorità dello Stato e infine fu criticato dai meridionalisti, come Gaetano Salvemini.

Prima guerra mondiale

L’evento scatenante della prima guerra mondiale fu l’uccisione a Sarajevo il 28 giugno 1914 dell’arciduca Francesco Ferdinando erede al trono degli Asburgo. L’attentato è stato pianificato da organizzazione terroristiche con base operativa in Serbia, in quanto lo stato Serbo rivendicava la Bosnia Erzegovina. Poco dopo l’attentato l’Austria dichiarò guerra alla Serbia ritenuta corresponsabile dell’attentato. Il conflitto che ne scaturì vide contrapposti gli Iperi centrali (Germania e Austria-Ungheria) alle potenze dell’intesa (Francia, Inghilterra, Russia). La Germania, soffrendo del problema dell’accerchiamento, decise di mobilitare l’esercito e di attuare il piano Schlieffen, che consisteva in un attacco lampo contro la Francia, per poi attaccare la Russia, cche aveva un esercito molto potente, ma lento a prepararsi. La Germania, per attaccare la Francia, violò la neutralità del Belgio, provocando l’entrata in guerra dell’Inghilterra; la Francia, tuttavia riuscì a bloccare la Germania in una guerra di trincea, che provocò il fallimento del piano sopra citato.

Situazione italiana

In Italia si sviluppano due diverse correnti riguardo l’entrata in guerra: da una parte i neutralisti, che erano in maggioranza e vedevano tra le loro fila i cattolici, i socialisti e la maggioranza dei liberali, tra cui Giolitti, dall’altra gli interventisti, che pensavano ad una guerra lampo, ed erano soprattutto la sinistra democratica, formata da repubblicani, social riformisti e radicali, e la destra nazionalista e liberal conservatrice (Sonnino-Salandra). Gli interventisti riescono tuttavia a mobilitare le piazze e, grazie al supporto del re, l’Italia, il 26 aprile 1915, firmò il cosiddetto patto di Londra, con la Francia l’Inghilterra e la Russia, tramite cui, in caso di vittoria, il nostro Stato, avrebbe ottenuto le terre irredenti, parte della Dalmazia, Rodi e Dodecanneso, la città di Valona in Albania e un bacino carbonifero in Turchia. L’entrata in guerra dell’Italia, prevista dopo massimo un mese alla stipulazione del patto di Londra, avvenne il 23 maggio, con la dichiarazione di guerra all’Austria.

Tra il 1915 e il 1916 la guerra sviluppatasi sul fronte italiano francese non portò a nessun successo definitivo e ciò fece tramontare le speranze di una guerra lampo. Sul fronte italiano la geurra gli austriaci indietreggiare sull’Isonozo e nel Carso e le quattro offensive di Cadorna non portarono a nessun successo italiano. Così nel giugno del 1916 l’Austria decise di passare alla controffensiva con la cosiddetta spedizione punitiva (Strafexpedition) chiamata cosi per il fatto che l’Italia aveva tradito la Triplice Alleanza; questo contrattacco spinse l’Italia sulla difensiva e portò all’interno del nostro paese un cambio di governo che divenne un gabinetto allargato presieduto da Boselli.

La svolta del conflitto

La svolta del conflitto avvenne nel 1917 per due motivi: il tracollo dell’esercito russo e l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Il primo fenomeno fu causato da una serie di rivolte interne al paese che portò all’abdicazione dello Zar e all’abbandono del fronte da parte della stragrande parte dell’esercito; ciò comportò la creazione di un governo cadetto che era d’accordo con la continuazione della guerra, che però fu progressivamente abbandonata per le numerose sconfitte subite. Il secondo fenomeno, che vede l’entrata in guerra degli Stati Uniti, avvenne con la dichiarazione di guerra nell’aprile verso Germania e Austria a difesa della triplice Intesa; i motivi della scelta statunitense furono che la sconfitta dell’Intesa avrebbe causato numerose perdite per gli americani, che l’entrata in guerra avrebbe favorito la democrazia in Europa e che i Tedeschi violarono la libertà dei mari nei loro contrasti con l’Inghilterra.

La disfatta di Caporetto

Il 1917 fu l’anno più difficile della guerra per l’Italia e per tutta l’Intesa: molti furono i casi di manifestazioni popolari contro il conflitto e gli episodi di ribellione fra le stesse truppe. In questo clima di debolezza, un’armata austriaca, rinforzata da sette divisioni tedesche attaccò le linee italiane sull’alto Isonzo e le sfondò nei pressi del villaggio di Caporetto. Gli attaccanti avanzarono in profondità nel Friuli, mettendo in atto per la prima volta la nuova tattica dell’infiltrazione, che consisteva nel penetrare il più rapidamente possibile nel territorio nemico senza preoccuparsi di consolidare le posizioni raggiunte, ma sfruttando invece la sorpresa per mettere in crisi lo schieramento avversario. La manovra fu efficace e, buona parte delle truppe italiane, per evitare di essere accerchiate, dovettero abbandonare le posizioni che tenevano dall’inizio della guerra. Prima di essere sostituito da Armando Diaz, il generale Cadorna gettò le colpe della disfatta sui suoi stessi soldati, accusandoli di essersi arresi senza combattere. In realtà la rottura del fronte era stata determinata dagli errori dei comandi, che si erano lasciati cogliere impreparati dall’attacco sull’alto Isonzo. Questa disfatta ebbe comunque ripercussioni positive sul corso della guerra italiana e i soldati si trovarono a combattere una guerra difensiva, contro un nemico che occupava una parte del territorio nazionale. In breve fu costituito un nuovo governo di coalizione nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando; gli stessi leader dell’ala riformista del Partito socialista, con in testa Filippo Turati, assicurarono la loro solidarietà allo sforzo di resistenza del paese. Evidente fu inoltre lo sforzo di sollevare le condizioni materiali e morali dei combattenti, garantendo vitto più abbondante, licenze più frequenti e maggiori possibilità di svago. Fu svolta un’opera sistematica di propaganda fra le truppe attraverso la diffusione dei giornali di trincea e la creazione di un Servizio P (cioè propaganda) che si avvaleva anche della collaborazione di numerosi intellettuali di prestigio. Con queste pubblicazioni si cercò di prospettare ai soldati la possibilità di vantaggi materiali di cui il paese e i singoli cittadini avrebbero potuto godere in caso di vittoria.

L’ultimo Anno di Guerra

Gli Stati dell’Intesa vollero accentuare il carattere ideologico della guerra presentandola come una difesa della libertà dei popoli contro i disegni egemonici dell’imperialismo tedesco. Questa concezione della guerra trovò il suo interprete più autorevole nel presidente americano Wilson. Nel 1918 Wilson presentò un programma di pace in 14 punti.

I 14 punti invocavano l’abolizione della diplomazia segreta, il ripristino della libertà di navigazione, la soppressione delle barriere doganali, la riduzione degli armamenti e inoltre, il presidente americano formulava alcune proposte concrete circa il nuovo assetto europeo che sarebbe dovuto uscire dalla guerra: piena reintegrazione del Belgio, della Serbia e della Romania, evacuazione dei territori russi occupati dai tedeschi, restituzione dell’Alsazia –Lorena alla Francia, possibilità di sviluppo autonomo per i popoli soggetti all’impero austroungarico e a quello Turco, rettifica dei confini italiani secondo le linee indicate dalle nazionalità. Nell’ultimo punto si proponeva infine l’istituzione di un nuovo organismo internazionale, la società delle nazioni, per assicurare il rispetto delle norme di convivenza tra i popoli.

Le trattative di pace hanno luogo in diverse città d’Europa e per ognuna di queste si prende in considerazione uno stato diverso. A Versailles ci si occupa della situazione tedesca a cui tocca pagare delle riparazioni di guerra nei confronti di Francia e Belgio. Tutte le colonie tedesce cadono in mano a Francia e Inghilterra, la Renania, il bacino del Sar, l’Alsazia e la Lorena vengono affidati alle Francia; inoltra la flotta tedesca si autodistrugge al posto di cadere in mano inglese.

A st. Germain si tratta invece della questione austriaca a cui vengono tolti diversi territori tra cui la Boemia (ceduta alla Repubblica Ceca), le terre irredenti (all’Italia) e la zona Balcanica alla Jugoslavia. Ciò porterà alla mancanza di industrie all’Austria che causerà a gravi problemi di sussistenza , che spingerà all’idea di un’unificazione con la Germania, idea non approvata a St. Germain.;

A Trianon si tratta della situazione ungherese, a cui vengono tolti dei territori a favore della Jgoslavia a sud e della Repubblica Ceca, per quanto riguarda i territori slovacchi.;

A Neully si tratta della Bulgaria, che si riduce e cede la Tracia alla Grecia;

A Servès si tratta invecedell’Impero ottomano: si riduce ad uno Stato turco; Siria, Palestina e Libano vengono organizzate in mandati, sottoposti alla Società delle Nazioni. Inoltre Rodi e Dodecaneso erano turchi e si stabilisce che sarebbero passati alla Grecia, ma ciò non avviene.

Russia

Nel marzo 1917 la rivolta degli operai e dei soldati di Pietrogrado provocò la caduta dello zar e determinò la formazione di un governo provvisorio di orientamento liberale. Di questo governo entrarono a far parte tutti i partiti a eccezione dei bolscevichi. Intanto veniva crescendo il partito parallelo dei soviet (consigli eletti direttamente da operai e soldati). Con il ritorno di Lenin in Russia i bolscevichi accentuarono la loro opposizione al governo provvisorio poiché chiedevano la pace immediata, a differenza del governo provvisorio piu propenso alla guerra, e il passaggio di tutti i poteri ai soviet.

Rivoluzione d’ottobre

Con la presa del palazzo d’inverno la salita al potere dei bolscevichi (1917) incontrò l’opposizione della maggioranza delle forze politiche.

L’uscita della Russia dalla guerra (trattato di Brestlitovsk del 1918) provocò l’intervento militare dell’Intesa in appoggio alle armate bianche, costituite dalle truppe ribelli al governo e ciò portò i bolscevichi a instaurare una vera e propria dittatura e grazie alla riorganizzazione dell’esercito (Armata Rossa) il governo riuscì a prevalere.

Terza Internazionale

La vittoria dei bolscevichi russi nella guerra civile rese possibile l’attuazione di un progetto che Lenin aveva concepito fin dall’inizio della prima guerra mondiale: sostituire alla vecchia internazionale socialista una nuova internazionale comunista che coordinasse gli sforzi dei partiti rivoluzionari di tutto il mondo e rappresentasse una rottura definitiva con la social democrazia europea colpevole di aver tradito gli ideali internazionalisti. La struttura e i compiti dell’internazionale comunista furono fissati soltanto nel secondo congresso che si tenne a Mosca nel 1920 e fu lo stesso Lenin a fissare in 21 punti le condizioni a cui i singoli partiti avrebbero dovuto sottostare. I partiti comunisti dei vari paesi nascquerò strettamente dipendenti dalle direttive dell’internazionale controllata dai Russi e quindi non riuscirono ad ottenere adesione della maggioranza della classe operaia.

Dal comunismo di guerra alla Nep

Nel 1918 il governo bolscevico attuò una politica economica più energica e autoritaria (comunismo di guerra) basata sulla centralizzazione delle decisioni e sulla statalizzazione di gran parte delle attività produttive, con cui si cercò di risolvere il problema degli approvvigionamenti per le città; furono istituiti in tutti i centri rurali dei comitati con il compito di provvedere all’ammasso e alla distribuzione delle derrate; venne incoraggiata la formazione di fattorie collettive (kolchoz) e delle fattorie sovietiche (sovchoz) gestite direttamente dallo stato e dai soviet locali. Questa politica ebbe tuttavia scarsi risultati e aumentarono il malcontento dei contadini e degli operai.

Nel Marzo 1921 ci fu un mutamento di rotta grazie alla Nep (nuova politica economica) la quale ebbe conseguenze benefiche sull’economia. Essa, basata su una parziale liberalizzazione delle attività economiche, stimolò la ripresa produttiva, ma ebbe anche effetti non previsti, come la crescita dei contadini ricchi (kulaki), degli imprenditori e la comparsa di una nuova classe di trafficanti (Nepman).

La nascita dell’Urss

Nel 1922 nasce l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss). La prima costituzione era stata varata nel 1918, in piena guerra civile e rispecchiava l’importazione operaista e consiliare del gruppo dirigente bolscevico; essa stabiliva che il potere doveva appartenere unicamente e interamente alle masse lavoratrici e ai loro autentici organismi rappresentativi: i soviet degli operai, dei contadini e dei soldati. Essa prevedeva inoltre che il nuovo Stato avesse carattere federale, rispettasse l’autorità delle minoranze etniche e si aprisse all’unione con altre future repubbliche sovietiche. La nuova costituzione dell’Urss, approvata nel 1924, dava vita a una complessa struttura istituzionale, in cui il potere supremo era affidato al Congresso dei soviet dell’Unione. Il potere reale era però nelle mani del Partito comunista. Era il partito a fornire le direttive ideologiche e politiche cui si ispirava l’azione del governo. Era il partito a controllare la potentissima polizia politica. Questo partito era inoltre organizzato secondo i criteri di rigido centralismo. Lo Stato, che si proclamava fondato sulla democrazia sovietica, finiva così con l’essere governato, attraverso un apparato fortemente centralizzato, dal ristretto gruppo dirigente del Partito bolscevico. Questa nuova costituzione comportava di fattonla dittatura del Partito comunista. I bolscevichi si proposero anche di trasformare cultura e valori tradizionali: da ciò la lotta contro la Chiesa ortodossa, nuove norme sulla famiglia e i rapporti tra i sessi, l’impegno nell’istruzione e nell’educazione dei giovani.

Da Lenin a Stalin

Nel 1922 Stalin fu nominato segretario generale del Partito comunista dell’Urss. Con la malattia di Lenin e la quasi contemporanea ascesa di Stalin, le cose cambiarono rapidamente e si crearono dissensi interni. Il primo grave scontro all’interno del gruppo dirigente ebbe per oggetto il problema della centralizzazione e della burocratizzazione del partito. Protagonista sfortunato della battaglia fu Trozkij, il più autorevole e popolare, ma anche il più isolato, rispetto agli altri leader di primo piano (Zinove’v, Kamenev e Bucharin). Trozkij sosteneva inoltre la rivoluzione permanente, mentre Stalin sosteneva che, nei tempi brevi, la vittoria del socialismo in un solo paese era possibile e probabile. Tuttavia Stalin riuscì a emarginare Trozkij e a sbarazzarsi anche dell’opposizione di sinistra (Zinove’v e Kamenev) che chiedeva la fine della Nep (a differenza di Bucharin e di Stalin) e l’accelerazione dello sviluppo industriale. In questo modo, Stalin affermò il suo potere personale.