il luogo di ritrovo virtuale tra gli studenti della terza A liceo classico,creato per tentare,grazie ad un costante aiuto reciproco,di sopravvivere al nostro ultimo anno in questa sQuola ostile
venerdì 25 novembre 2011
FOSCOLO (ITALIANO)
martedì 22 novembre 2011
CARAVAGGIO (ARTE)
Michelangelo Merisi, in arte Caravaggio, nasce nel 1571 a Milano. Vive però la sua infanzia a Caravaggio (da cui il soprannome), piccolo centro nella provincia di Bergamo. Successivamente si sposterà con la madre, rimasta vedova, e i fratelli di nuovo a Milano dove, giovanissimo, comincerà a lavorare presso la bottega di Simone Peterzano. Troverà la sua affermazione poi a Roma, frequentando la bottega del Cavalier D’Arpino e successivamente si dedicherà alle committenze private. La figura di Caravaggio è sempre stata delineata come quella di “pittore maledetto”, per i suoi comportamenti poco consoni. Episodi di risse, violenze e schiamazzi andarono via via aumentando e, per i gravi problemi con la legge, dovette spesso fuggire da una città all’altra. Merisi morirà a Porto Ercole nel 1610.
CARATTERISTICHE GENERALI:
Con la sua formazione artistica milanese, cominciano a delinearsi le caratteristiche tipiche del naturalismo, prettamente lombardo. Influenzato dalla pittura del nord d’Europa, Caravaggio si dedica alla rappresentazione di nature morte, definita come pittura di genere (inferiore rispetto alla pittura ufficiale), diffusa per lo più nei paesi riformati per sostituire le immagini sacre, eliminate dalla tendenza iconoclasta del protestantesimo. Anche le nature sono rappresentate in modo realistico (frutta marcia, con ammaccature, foglie secche ecc.), come allegoria della caducità della vita e della vanitas umana. Le nature morte nei dipinti di Caravaggio sono spesso accostate a delle figure umane (cfr “Bacco”). La sua carriera di pittore italiano lo porterà a seguire la strada controriformista dell’arte di quegli anni, esprimendosi in modo semplice, facilmente comprensibile e lineare, in netto contrasto con la corrente manierista (artificiosa e complessa).
OPERE:Pag. 161. BACCO (1596-1597):
Il ritratto raffigura un giovane su un triclinio, come un fanciullo d'epoca romana, vestito di un drappo che gli lascia scoperta la spalla destra e parte del torso. Egli regge un calice di vino e rivolge gli occhi allo spettatore. Sulla sinistra del dipinto, a fianco del cesto colmo di frutti (dei quali alcuni bacati per aumentare il naturalismo), vi è una caraffa di vino sul vetro della quale è possibile vedere riflessa una figura in abiti moderni, che si presume essere l'autoritratto del pittore stesso. Diverse sono le interpretazioni di questo quadro; la prima è che sia il dio Bacco, riconoscibile per la presenza della vite che adorna il capo e per il calice di vino che stringe tra le mani; la seconda è che sia Gesù Cristo, sempre per la presenza del vino, simbolo del sangue del Nazareno; la terza è che rappresenti l’omosessualità, umanizzata nella figura di un giovane dai tratti femminili; la quarta e ultima interpretazione è che sia l’autore stesso da ragazzo.
LE STORIE DI SAN MATTEO (pag.163)
In seguito all’esperienza romana presso il Cavalier D’Arpino, Caravaggio si dedica alle committenze private, la più importante delle quali affidatagli da Matteo Contarelli. Il lavoro consisteva nella decorazione della cappella famigliare del committente con i principali episodi della vita di San Matteo (omonimo di Contarelli).
VOCAZIONE DI MATTEO (1599):
Il dipinto ad olio su tela è realizzato su due piani paralleli: quello superiore, costituito dalla luce divina e dalla finestra, che non è però la fonte del chiarore; quello inferiore da Cristo e Pietro che chiamano Matteo all’apostolato. Gesù e Pietro, vestiti con abiti antichi, si trovano in piedi alla destra del dipinto, rivolti verso Matteo e i suoi compagni, abbigliati invece alla moda contemporanea a Caravaggio. Cristo indica Matteo, con un gesto che richiama la mano di Adamo nella “Creazione” di Michelangelo, e segue con il suo dito la linea di luce del piano superiore, che illumina Matteo e gli altri personaggi, seduti al tavolo della locanda dove si svolge la scena. Chiaro riferimento all’ideale cattolico della salvezza divina concessa a tutti è la luce che illumina ogni personaggio, che ha la possibilità individuale di aderire o meno alla fede. Il messaggio che ne deriva è in netto contrasto con la tesi protestante, che parlava di un popolo eletto.
MARTIRIO DI SAN MATTEO (1600-1601):
I due personaggi principali del dipinto sono San Matteo e il suo carnefice. Il Santo sta per morire e un angelo dal cielo gli consegna la palma del martirio. I personaggi secondari guardano la scena colpiti dai vari moti dell’animo, ripresi da Leonardo Da Vinci; tra la folla in fondo vi è anche Caravaggio stesso, intento a guardare la scena.
SAN MATTEO E L’ANGELO (Prima copia 1602, Seconda copia 1603):
La prima versione di questo quadro fu oggetto di scandalo: in essa era rappresentato il santo come un popolano semianalfabeta a cui l'angelo guida materialmente la mano nello scrivere il Vangelo. Inoltre Matteo è senza aureola ed ha le gambe scoperte. L’opera è andata persa durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Nella seconda versione, realizzata un anno e mezzo dopo, l’evangelista scrive di suo pugno, solamente ispirato dall’angelo che conta, in volo sopra il suo capo, le generazioni di Cristo con cui comincia il Vangelo di Matteo stesso.
domenica 20 novembre 2011
ORAZIO (LATINO)
sabato 19 novembre 2011
MEDEA, EURIPIDE (GRECO)
Dialogo tra Creonte e Medea, pag 60, vv. 271 e seguenti.
Il dialogo che segue è una sorta di captatio benevolentiae che Medea rivolge a Creonte. La donna supplica il re di Corinto di non allontanarla da questa terra, ma Creonte è irremovibile: teme infatti una probabile vendetta di Medea che avrebbe colpito lui e la sua famiglia. E’ importante a questo punto (vv. 295-305) la riflessione sulla sapienza. L’ aggettivo sapiente assume qui una connotazione negativa; già nei versi precedenti Creonte aveva definito Medea “sapiente ed esperta di molti male” dando una sfumatura negativa alla sapienza di Medea, una sapienza in grado di danneggiare il prossimo.
Qui è Medea a riflettere sulla sapienza: essa porta secondo lei a due conseguenze negative, la fama di indolenza e l’ostilità di chi ritiene di essere più sapiente di noi. Lo stesso ruolo di sapiente è molto difficile da gestire: se ci si trova di fronte a un pubblico ignorante e si tenta di istruirlo “con nuove conoscenze” ( che potrebbero essere o la sofistica, ripresa dallo stesso Epicuro, o le arti oscure conosciute da Medea), il rischio è quello di apparire inutili e non saggi; se invece ci si trova di fronte a un pubblico di dotti, il rischio è quello di risultare importuni, fastidiosi di fronte a costoro. La stessa protagonista dice di condividere questa sorte: il suo bagaglio culturale differente da quello greco fa di lei una sapiente invisa e malvista dai concittadini.
Dopo un serrato botta e risposta tra i due personaggi, fatto di suppliche da parte di Medea e di risposte concise e frettolose da parte di Creonte, si arriva ad un compromesso: alla donna viene concesso di restare a Corinto un altro giorno, per poter meglio ragionare su dove dirigersi. Anche se la situazione sembra essere svantaggiosa per Medea, è lei stessa a svelare al coro che le cose non sono come sembrano: in questa giornata concessale potrà punire i responsabili del suo dolore, ovvero Giasone, Glauce e Creonte. La sua precedente arrendevolezza non era dunque sincera, ma finalizzata alla sua vendetta.
CREONTE: Dico che tu, Medea, con lo sguardo arcigno e irata contro il marito,
vada fuori da questa terra, esule,
con i due figli con te,
e senza esitare; poiché io sono arbitro di questa
decisione, e non ritornerò a casa
prima di averti espulsa dai confini di questa terra.
MEDEA: Ahimè: io misera sono completamente rovinata.
Gli oppositori allentano tutte le vele
e non c’è una facile via d’uscita dalla sciagura.
Anche se soffro ti farò tuttavia una richiesta:
perché mi cacci da questa terra, oh Creonte?
C: Temo che tu- non bisogna mascherare le parole-
Possa fare a mia figlia un qualche male irrimediabile.
Convergono molte ragioni su questo timore:
sei per natura sapiente ed esperta di molti mali,
soffri, privata dell’unione con il tuo uomo.
Sento dire- come mi riferiscono- che minacci
Di fare qualcosa alla sposa, a chi la concede
e a chi la prende. Allora mi difenderò prima di subire questo.
Per me è preferibile esserti odioso adesso, oh donna,
che lasciarmi intenerire e piangere poi amaramente.
M: Ahimè! Non ora per la prima volta, ma spesso, Creonte,
la mia reputazione mmi ha danneggiata e mi ha causato grosse sciagure.
E’ necessario che un uomo assennato non faccia istruire
I figli troppo sapienti:
oltre alla fama di indolenza che hanno,
si guadagnano la malevola invidia da parte dei concittadini.
Infatti portando agli schiocchi nuove conoscenze sembrerà
Che tu sia per natura inutile e non sapiente;
mentre a tua volta, essendo tu ritenuto superiore a coloro che credono di sapere
qualcosa di complesso, apparirai in città importuno.
Io stessa condivido questo destino.
Infatti, essendo sapiente, sono malvista
Da alcuni, per altri ostile; però non sono TROPPO sapiente.
Tu mi temi: temi di subire qualcosa di cattivo ;
non sono in condizione tale da fare del male
ai tiranni –Creonte non tremare di fronte a me.
Mi hai forse fatto qualcosa di male? Hai dato tua figlia
A colui a cui il cuore ti spingeva, ma odio mio marito;
lo so, hai agito come una persona saggia.
Ora non invidio il fatto che a te le cose vadano bene:
celebrate il matrimonio, siate felici, concedetemi di abitare
in questa terra. E infatti starò zitta
pur avendo subito ingiustizia, essendo vinta dai più forti.
C: Dici cose gradevoli da sentire, ma temo che
Nell’animo tu progetti un qualche male,
mi fido di te tanto meno di prima;
infatti una donna irascibile, allo stesso modo di un uomo,
è più facile da controllare di un sapiente silenzioso.
Ma vattene via al più presto, non parlare oltre;
poiché questa decisione è fissata, non hai modo di rimanere tra noi, essendomi nemica.
M: No, per le ginocchia e per la fanciulla dalle nuove nozze !
C: Sprechi parole, infatti non potresti mai persuadermi.
M: Allora mi allontanerai e non rispetterai le suppliche.
C: Non ti amo infatti più della mia casa.
M: Oh patria, che forte ricordo ho ora di te!
C: A parte i figli, è la cosa a me più cara.
M: Ahimè, che grande male sono gli affetti per i mortali!
C: Quando, credo, si affiancano anche le circostanze.
M: Zeus, non ti sfugga colui il quale è responsabile di questi mali!
C: Vai via stolta, liberami da queste sofferenze.
M: Io soffro, e non ho bisogno di altre sofferenze.
C: Sarai portata via velocemente con la forza, per mano delle guardie.
M: Non fare ciò, ma ti supplico Creonte….
C: Mi dai fastidio, donna, come sembra.
M: Andrò in esilio, non ti ho supplicato per ottenere questo.
C: Perché allora ti opponi a forza e non te ne vai da questa terra?
M: Lasciami rimanere questo solo giorno
E terminare la riflessione su dove andrò in esilio ,
e (pensare) ai mezzi per i miei figli, poiché il padre
non pensa a trovare risorse per i figli.
Abbi compassione di loro; anche tu sei padre,
è naturale che tu sia benevolo verso di loro.
Di me non mi preoccupo, se andrò in esilio,
ma piango per loro, colpiti dalla sventura.
C: La mia volontà non è quella di un tiranno,
ma spesso mi sono danneggiato per compassione;
anche ora vedo che sto sbagliando, donna,
tuttavia otterrai ciò: ma ti avverto,
se la luce seguente del dio (=domani)vedrà te
e i tuoi figli dentro i confini di questa terra,
morirai; queste parole sono state dette sinceramente.
Ora, se devi restare, resta per un solo giorno;
infatti non farai una delle cose terribili di cui ho paura.
CORO: Povera te, infelice per i tuoi dolori!
Dove mai andrai? Verso quale ospitalità,
o casa o terra salvezza dai mali?
Medea, il dio ti ha mandata verso
Una tempesta di mali senza fine.
M: La situazione è negativa sotto ogni aspetto: chi dirà il contrario?
Ma le cose non stanno così, non crediate.
Ci sono ancora delle sfide per i novelli sposi
E (ci sono ancora) non piccole sofferenze per i genitori.
Vi sembra infatti che io abbia lusingato costui
Se non per ottenere qualcosa o per tramare?