VITA E OPERE (pag.345):
Ha una formazione,all’inizio,prevalentemente di scolastica
classica,poi studierà teologia e filosofia.
Legge Brentano ed in seguito viene a contatto con
Husserl,divenendo il suo assistente.
Nel ’27 scrive “Essere e tempo” e nel ’33 Heidegger diventa
rettore dell’università di Friburgo,sostenuto dai nazisti,e nel ’34 si
dimetterà,in seguito a contrasti con gli stessi.
INFLUENZE SUL SUO
PENSIERO:
Vi è sicuramente,in Heidegger,un certo interesse
religioso;egli infatti legge Kierkegaard e si considera cristiano
luterano.Inoltre l’idea di rapportarsi alla realtà non come qualcosa di già
dato e finito,ma come qualcosa che è orientato verso il futuro può considerarsi
tipico anche della prima comunità cristiana,che,parlando del ritorno di
Cristo,tendeva a vedere la storia come un processo che introduce degli elementi
che portano verso il futuro,delle novità(come Gesù).Vi è dunque un’attesa,una
speranza per l’avvenire,come per Kierkegaard.
Secondo questa prospettiva,risultano dunque ridimensionate
le capacità scientifiche,oggettivanti dell’uomo(vs Positivismo) ed emerge una
soggettività collocata precisamente nella storia e orientata verso il
possibile.
Un autore che influenza sicuramente il pensiero di Heidegger
è Dilthey.
Questi vede la filosofia come il modo in cui la vita
interpreta se stessa ed ha una visione storicista:la realtà umana è vita che si
sviluppa storicamente.
Dunque,secondo tale filosofo,attraverso la filosofia,l’uomo
si autoconosce(simile a spirito oggettivo di Hegel),poiché si pone domande
sulla realtà,ma sempre dal suo punto di vista storico in quanto nella storia
troviamo l’essenza dell’uomo.
Per Husserl
invece solo la dimensione fenomenologica è stabile e rigorosa ed è indipendente
dalla storia.Heidegger vuole perciò concigliare le due posizioni di Dilthey e
Husserl.
Heidegger è poi fortemente influenzato da Scheler,soprattutto per quanto riguarda
la centralità della persona e non dell’io e per l’intenzionalità emotiva.
ESSERE E TEMPO (da pag.348 a 354):
L’opera principale di
Heiddeger è ESSERE E TEMPO. Quest’opera è un progetto incompiuto: la prima
parte non è stata infatti dal filosofo terminata e la seconda parte non è
neppure mai uscita.
Possiamo guardare alla filosofia di Heid. Attraverso tre punti:
Possiamo guardare alla filosofia di Heid. Attraverso tre punti:
1) PROBLEMA DA ESAMINARE:
Heid. si interroga sull’essere, sul senso dell’essere; egli affronta il
problema ontologico.
2)METODO: quello di Heidegger
è un metodo fenomenologico ma diverso da quello di Husserl. Heidegger infatti,
partendo da ciò che appare a prima vista o per lo piu, vuole giungere a tutto
ciò che è sotteso o implicito a ciò che è presente.
3)DOMANDA: Heidegger si vuole
interrogare dunque sull’ESSERE in quanto tale, sull’ENTE, ciò che appare, ciò
che viene osservato e da cui si parte per arrivare all’essere e su quell’ente “sui
generis” in cui l’essere si manifesta; quell’ente in cui appunto si pone il
problema dell’essere: l’uomo, L’ESSERCI (DASEIN) .
Il filosofo è poi interessato
ad analizzare i modi di essere tipici del DASEIN. Innanzitutto occorre guardare
al dasein come a un “progetto gettato”. “Progetto” va considerato nel senso
etimologico del termine, ovvero nel senso di “proiettare”, rapportarsi alle
possibilità del futuro. “Gettato” significa invece che il Dasein è comunque inserito
in una prospettiva storica precisa. Egli è legato a una precisa condizione
storica in cui si trova ad esistere. Il dasein si caratterizza per due modi di
essere:
1) L’ESSERE-NEL-MONDO : il dasein è sempre in relazione ad altro; il dasein infatti non avrebbe senso se non fosse in relazione ad altri oggetti. Questi ultimi possono essere considerati dal dasein come UTILIZZABILI (il dasein si approccia a loro in base alla loro considerandoli dal punto di vista della loro utilizzabilità pratica), oppure, qualora si prescinda dall’utilizzabilità pratica dell’oggetto con cui si è in relazione, questo è considerato solo come PRESENTE. L’essere presente però, secondo, Heidegger, non mostra la vera natura dell’essere; l’atteggiamento teoretico che consiste appunto nel guardare agli oggetti come presenti è secondario e non prioritario. Questo perché, come si vedrà in seguito, l’aspetto della temporalità è essenziale per Heidegger, anzi, la temporalità è il senso dell’esserci: concentrarsi quindi sull’essere presente significa non valorizzare questo fondamentale aspetto della temporalità.
2) L’ESSERE CON GLI ALTRI : il dasein è intersoggettivo: egli è sempre caratterizzato dal rapporto con altri soggetti.
1) L’ESSERE-NEL-MONDO : il dasein è sempre in relazione ad altro; il dasein infatti non avrebbe senso se non fosse in relazione ad altri oggetti. Questi ultimi possono essere considerati dal dasein come UTILIZZABILI (il dasein si approccia a loro in base alla loro considerandoli dal punto di vista della loro utilizzabilità pratica), oppure, qualora si prescinda dall’utilizzabilità pratica dell’oggetto con cui si è in relazione, questo è considerato solo come PRESENTE. L’essere presente però, secondo, Heidegger, non mostra la vera natura dell’essere; l’atteggiamento teoretico che consiste appunto nel guardare agli oggetti come presenti è secondario e non prioritario. Questo perché, come si vedrà in seguito, l’aspetto della temporalità è essenziale per Heidegger, anzi, la temporalità è il senso dell’esserci: concentrarsi quindi sull’essere presente significa non valorizzare questo fondamentale aspetto della temporalità.
2) L’ESSERE CON GLI ALTRI : il dasein è intersoggettivo: egli è sempre caratterizzato dal rapporto con altri soggetti.
Sia nel caso 1), sia nel caso
2), Heidegger parla del concetto di CURA. Questo è un esistenziale, un modo di
essere tipico del dasein. L’esserci è sempre portato a prendersi cura pratica,
a occuparsi di sé e delle cose con cui si relaziona (Anche Socrate insisteva
sul prendersi cura della propria anima).
Il concetto di cura assume caratteristiche diverse a seconda che si stia parlando di ESISTENZA AUTENTICA O ESISTENZA INAUTENTICA.
Nell’esistenza inautentica, ovvero quel tipo di esistenza in cui il dasein si determina non in base alle possibilità che gli sono proprie ma in base al “si”, alla moda, all’opinione comune, la cura diventa preoccupazione. Infatti, in questo tipo di esistenza, l’uomo è portato sempre a confrontarsi con gli altri e tale confronto comporta sempre preoccupazione. Nell’esistenza inautentica non si è se stessi in quanto ci si definisce in base al confronto con gli altri (sono meglio/peggio ecc…) : si cerca negli altri una misura. In questo tipo di esistenza gli altri soggetti non sono riconosciuti nella loro specificità: gli altri sono il SI (il si dice, il si fa..), un si che detta dall’alto le regole che i più seguono.
Solo nell’esistenza autentica invece il dasein è se stesso: nell’esistenza autentica ciascuno agisce in base alle possibilità che gli sono proprie, prendendosi la responsabilità delle scelte perseguite. Nell’esistenza autentica c’è la piena assunzione di quello che ciascuno è. Ecco dunque che, quelle che nell’esistenza in autentica sono CHIACCHIERA (si ha un’opinione perché così “si dice”), CURIOSITA’( interessa sapere per aver saputo:io leggo un libro perche tutti lo hanno letto) ed EQUIVOCO (non si sa neppure quello di cui si sta parlando), diventano nell’esistenza autentica COMPRENSIONE, INTERPRETAZIONE E DISCORSO. L’interpretazione è caratterizzata da circolarità: in rapporto a quello che si è, ciascuno proietta le proprie possibilità, ritrovando poi noi stessi nell’oggetto. Affinchè l’interpretazione sia rigorosa bisogna quindi essere consapevoli della circolarità che lega le nostre possibilità alla realtà con cui ci rapportiamo.
Il concetto di cura assume caratteristiche diverse a seconda che si stia parlando di ESISTENZA AUTENTICA O ESISTENZA INAUTENTICA.
Nell’esistenza inautentica, ovvero quel tipo di esistenza in cui il dasein si determina non in base alle possibilità che gli sono proprie ma in base al “si”, alla moda, all’opinione comune, la cura diventa preoccupazione. Infatti, in questo tipo di esistenza, l’uomo è portato sempre a confrontarsi con gli altri e tale confronto comporta sempre preoccupazione. Nell’esistenza inautentica non si è se stessi in quanto ci si definisce in base al confronto con gli altri (sono meglio/peggio ecc…) : si cerca negli altri una misura. In questo tipo di esistenza gli altri soggetti non sono riconosciuti nella loro specificità: gli altri sono il SI (il si dice, il si fa..), un si che detta dall’alto le regole che i più seguono.
Solo nell’esistenza autentica invece il dasein è se stesso: nell’esistenza autentica ciascuno agisce in base alle possibilità che gli sono proprie, prendendosi la responsabilità delle scelte perseguite. Nell’esistenza autentica c’è la piena assunzione di quello che ciascuno è. Ecco dunque che, quelle che nell’esistenza in autentica sono CHIACCHIERA (si ha un’opinione perché così “si dice”), CURIOSITA’( interessa sapere per aver saputo:io leggo un libro perche tutti lo hanno letto) ed EQUIVOCO (non si sa neppure quello di cui si sta parlando), diventano nell’esistenza autentica COMPRENSIONE, INTERPRETAZIONE E DISCORSO. L’interpretazione è caratterizzata da circolarità: in rapporto a quello che si è, ciascuno proietta le proprie possibilità, ritrovando poi noi stessi nell’oggetto. Affinchè l’interpretazione sia rigorosa bisogna quindi essere consapevoli della circolarità che lega le nostre possibilità alla realtà con cui ci rapportiamo.
Relativamente all’esistenza
autentica Heidegger introduce un nuovo esistenziale: L’ANGOSCIA. Come già per
Kirkegaard, anche per Heiddeger l’angoscia è un sentimento che l’uomo prova di
fronte alle molteplici possibilità che si trova davanti, in particolar modo la
possibilità della morte. L’ESSERE PER LA MORTE è anch’esso un esistenziale
(modo di essere proprio dell’uomo). La morte risulta essere l’estrema
possibilità costitutiva dell’esistenza dell’uomo. E’ il progetto ultimo che
rende l’esistenza finita. E’ la possibilità ultima che rende tutte le altre
possibilità finite e relative: ecco perché, come anche Kirkegaard diceva,
Heidegger ritiene che la morta consenta all’uomo di liberarsi; una libertà che
deriva dalla consapevolezza, di fronte alla morte, del fatto che tutte le altre
possibilità sono aggirabili.
A questo punto è necessario
introdurre in concetto di TEMPORALITA’ o STORICITA’, che è il senso
dell’esserci. Abbiamo già evidenziato il fatto che guardare agli oggetti come
essere presenti, ovvero dal punto di vista della riflessione teoretica, non sia
l’obiettivo del filosofo. L’esserci infatti è caratterizzato non da staticità
ma da possibilità. Dunque il dasein, nel presente, progetta in base al passato,
proiettandosi nel futuro. Il dasein non è un semplice esserci di fatto ma
integrazione tra passato, presente e futuro. E’ proprio nella DECISIONE che
queste tre “dimensioni temporali” si unificano. La decisione ha a che fare con
il presente: il soggetto infatti decide nel presente; nella decisione inoltre
il dasein “accetta” il proprio passato, la propria tradizione; non solo la
accetta ma la rinnova. Infine, è proprio con la decisione che il dasein si
proietta nel futuro.
“L’ESPERIENZA INAUTENTICA E IL MONDO DEL SI” (brano a
pag.370):
Secondo Heidegger,i più
vivono un’esistenza in autentica,secondo la dimensione della chiacchiera,della
curiosità e dell’equivoco.
Tale forma di esistenza è
ovviamente condizionata dalla società(dal “si dice,si pensa”) ed è quindi
necessario vivere invece secondo le proprie possibilità,stabilendo con l’altro
un altro tipo di rapporto,che si basi sull’intenzionalità,ma non sulla
condizionatezza.
Ciò che ci è proprio è
comunque legato alle tradizioni e al contesto sociale in cui ci si trova e
l’”essere con gli altri” comporta sempre un confronto,una specie di
competizione che ci lega(“essere assieme”).
La cura è qui dunque anche preoccupazione per il confronto con gli
altri.
Colui che vive in modo in
autentico cerca nell’altro una misura e agisce in modo inconsapevole.
Secondo Heidegger,che vuole
mettere in evidenza i limiti dell’opinione pubblica(liberalismo),questo tipo di
atteggiamento è quello che prevale nella repubblica di Weimar,che in quel
periodo non era ben vista e prevalevano le chiacchiere dei partiti.
Il “si” porta ad essere
attivamente impegnati nel perseguire la medietà,per rimanere nella sicurezza e
nella tranquillità,attenendosi ad opinioni comuni e a regole imposte
dall’esterno.
L’autentica
interpretazione,che si raggiunge con la decisione,tiene
invece conto delle proprietà soggettive,che possono anche andare in contrasto
con i “si”(Cfr Nietzsche:assunzione piena delle responsabilità dei propri
valori).
“L’ESISTENZA AUTENTICA E LA MORTE” (brano a pag.372):
La morte è vista
essenzialmente non come un fatto,ma come possibilità(= Kierkegaard);essa è
l’estrema possibilità che pone fine a tutte le altre ed è una caratteristica
strutturale di ogni singolo esserci.
Essa è la possibilità più
propria e incondizionata e,con il confronto con questa,noi ci liberiamo dal
condizionamento delle cose esterne,che appaiono come aggirabili.
Noi,fin dall’origine,siamo
nella condizione della moralità ed il sentimento dell’angoscia permette di
rapportarsi con le proprie possibilità più proprie e di superare se stessi.
L’atteggiamento in autentico di
fronte alla morte consiste invece nel chiudere gli occhi,nel considerare la
morte come un fatto(“quando c’è la morte non ci siamo noi”),ma i fatti possono
essere sottomessi,mentre in questo caso occorre accettare di essere limitati.
DISCORSO DI HEIDEGGER:
In qualità di rettore
dell’università di Friburgo,Heidegger tiene un discorso in cui afferma che la
ricerca scientifica universitaria vada integrata nella struttura politica,al
fine di accrescere la potenza della Germania.
Egli fa riferimento alla
filosofia greca:vi era infatti,nel mondo greco,un forte rapporto tra il popolo
e le scienze e,in quel periodo,la scienza filosofica comprendeva la realtà per
quello che è.
La filosofia è dunque,secondo
Heidegger,l’origine delle scienze,ogni scienza è filosofia e ogni scienza deve
essere guidata dalla filosofia.
La scienza,come ritenevano i
greci,non deve essere considerata un bene culturale,ma il cuore interno di un
popolo,la potenza che ne domina l’intero esserci.
Il filosofo sostiene che la
sua epoca sia di fronte ad un mutamento grandioso,poiché la condizione della
scienza,in quel momento,si fonda sulla morte di Dio e quindi sull’assenza di
valori universali.
In questa situazione,l’unico
riferimento incondizionato è la morte e lo spirito del popolo deve essere decisione verso l’essenza
dell’essere,mosso dalla potenza della cultura concreta della sua storia.Questa
decisione è decisione di assumersi il passato ed il destino del popolo a cui si
appartiene!
La vera libertà,per il popolo
tedesco,sarà quella che si impegna in determinati obblighi:il servizio del
lavoro,il servizio alle armi e il servizio
del sapere.
La missione specifica dei
tedeschi è il sapere,ma ognuno deve servire secondo gerarchie(ripresa di
Platone).
Questo servizio si può
compiere solo se studenti e professori marceranno uniti,in modo ordinato,verso
la missione.
Alla fine del
discorso,Heidegger mostra una visione tetra di quel periodo(periodo della crisi
del ’29),considerando una totale caduta dell’occidente.
PROBLEMA DELLA VERITA’:
Questa “fase” del pensiero di Heidegger è
conosciuto come “la svolta” nel senso che il filosofo non si concentra più
sull’esserci per arrivare all’essere; egli si concentra invece sull’essere
stesso, sul senso dell’essere. L’obiettivo è ora quello di arrivare all’esserci
ma partendo dall’essere e non viceversa come aveva fatto in essere e tempo.
Si potrebbe sottolineare una differenza tra
Husserl e Heidegger per quanto riguarda l’EPOCHE. Heid. infatti applica
L’EPOCHE’ all’essere stesso e parla dunque di EPOCHE STORICHE. Queste non sono
altro che forme di “invio/espressione” dell’essere che però, non appena si dà,
si ritrae. L’epoca dominante che inizia nel mondo greco è l’epoca della
metafisica; questa è una forma di invio dell’essere in cui il senso dell’essere
viene ridotto ad ente, a qualcosa di semplicemente presente, dominabile e
calcolabile. L’epoca della metafisica, la cui essenza viene spiegata attraverso
la riflessione sulla verità, inizia con Platone , continua con Cartesio e Kant
e viene esasperata con Nietzsche, che chiude quella che si potrebbe definire
“parabola della metafisica”.
E’ stato infatti proprio Platone a dar vita a
quello che Heidegger chiama “umanismo”, ovvero la tendenza ad assolutizzare
l’uomo, a guardare all’uomo come fine ultimo, senso di tutto. Platone infatti
guardava alla verità come correttezza , correttezza del pensiero che si adegua
all’idea. Platone ha perso il significato della verità di Eraclito: egli vedeva
la verità come αλεθεια ovvero come disvelamento della realtà. Questo modo di
considerare la verità implica però il rinvio anche a una dimensione nascosta,
originaria, che non viene mai totalmente disvelata. Platone trascura invece
questa dimensione del nascosto,soffermandosi solamente su ciò che manifesto e
svelato. Platone diventa poi l’orizzonte onnicomprensivo della tradizione del
pensiero occidentale; anche Cartesio collega la verità direttamente all’uomo: è
il soggetto, secondo Cartesio, a essere il fondamento della conoscenza, della
verità. E’ proprio Cartesio infatti che cominciò a riferire il “subiectum”
all’attività umana.
Nietzsche invece, nonostante il suo obiettivo
fosse “ribaltare” la prospettiva platonica che aveva dato troppo valore alla
dimensione dello spirito rispetto a quella della sensibilità, rimane sempre
legato a quella tradizione occidentale che riduce l’essere ad ente, che
considera l’essere solo in relazione al soggetto. Secondo Nietzsche infatti, il
fondamento di tutto non è altro che la volontà di potenza dell’uomo. A questo
punto, portata a termine la parabola della metafisica, non può che seguire
quella che Heid. chiama “ età della TECNICA”: la realtà diventa un serbatoio di
energia, dominabile e utilizzabile dall’uomo. Stando quindi a queste
interpretazioni della verità che portano a ridurre l’essere a un ente,
dell’essere non è più nulla NICHILISMO. L’ epoca della metafisica verrà
sorpassata solamente quando tornerà ad imporsi la domanda: “CHE COS’E’
L’ESSERE?”.(vedere testo a pag. 374 e in particolare, nota numero 12).
“LA VERITA’ E’ L’INIZIO DELLA METAFISICA” (brano a
pag.374):
Il disvelamento presuppone la
dimensione del “non dato”,del nascosto,che sminuisce ciò che viene rivelato.
Negli antichi l’essere veniva
ridotto ad ente.
La verità è caratterizzata
dal pensiero che si adegua all’idea.
Vi sono prospettive che
tendono ad assolutizzare l’uomo(Marx,Kant,Hegel,Nietzsche),ma tutta la
filosofia occidentale è figlia di Platone.
Vi è infatti,in Platone,una
visione globale,non settoriale,che vede tutto ciò che è come metafisica.
Nelle varie teorie elaborate
dai filosofi,dietro una gerarchia di enti,c’è sempre un’esigenza umana,del
singolo individuo o del popolo (Feuerbach sarebbe l’esponente tipico di questo
antropocentrismo) e si è arrivati ora alla pura tecnica.
Questo processo che si è
attuato,nell’evoluzione del pensiero filosofico,ha una sua logica
interna,rappresenta il destino dell’occidente e ora ci può essere una svolta,ma
ciò si può vedere dal punto di vista dell’essere,non dell’uomo-
Infatti,in seguito a questo “oblio dell’essere”,che è stato ridotto
a semplice ente nell’orizzonte della metafisica,non si arriva all’origine,non
si arriva alla domanda originaria e ci si dimentica che la verità è la
correttezza del pensiero che si adegua all’idea.
L’oblio dell’essere è nichilismo e va’ sostituito dalla prospettiva ontologica,che si chiede
quale sia la differenza tra l’essere e l’ente.
(anche Nietzsche aveva
parlato di nichilismo:il nichilismo passivo è il cammello,quello attivo è il
leone,mentre per Heidegger esso è la volontà di potenza che annulla l’autonomia
dell’essere;quindi anche la prospettiva di Nietzsche può considerarsi
nichilista,poiché preda dell’antropocentrismo!)
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