Negli anni ’20 in Germania, la Repubblica nata dalla
Costituente di Weimar rappresentò un modello di democrazia parlamentare aperta
e avanzata. La Germania
era uno Stato federale e con la democrazia fu introdotto il suffragio universale e da adesso il governo
ha bisogno della fiducia parlamentare. Il cancelliere viene nominato dal
Presidente della Repubblica, mentre quest’ultimo viene scelto dal popolo e svolge
una funzione di rappresentanza e di governo, può sciogliere le camere,
sottoporre a referendum qualsiasi legge
e possiede dei poteri di emergenza per limitare il Parlamento. Molti erano
tuttavia i fattori che contribuivano a insidiare la vita democratica e a indebolire
il sistema repubblicano. Il più evidente motivo di debolezza stava nella
accentuata frammentazione dei gruppi politici, che rendeva instabili
maggioranze e governi, e nell’assenza di una forza egemone, capace di guidare
il paese. Ulteriore elemento di debolezza era la diffusa diffidenza nei
confronti del sistema democratico, che veniva associato alla sconfitta e all’onere
delle riparazioni. Nel 1921 infatti fu stabilito l’ammontare delle riparazioni .
L’annuncio dell’entità delle riparazioni suscitò in tutta la Germania un’ondata di
proteste. I governi di coalizione che si accedettero fra il ’21 e il ’23 si
impegnarono a pagare le prime rate delle riparazioni, ma evitarono interventi
troppo drastici sulle tasse e sulla spesa pubblica: furono dunque costretti ad
aumentare la stampa di carta-moneta; di conseguenza il valore del marco
precipitò e mise in moto un rapido processo inflazionistico. Nel 1923 Francia e
Belgio inviarono truppe nel bacino della
Ruhr. Non potendo reagire militarmente, il governo tedesco incoraggiò la
resistenza passiva della popolazione: imprenditori e operai della Ruhr
abbandonarono le fabbriche, rifiutando ogni collaborazione con gli occupanti. L’occupazione
della Ruhr rappresentò il definitivo tracollo poiché privava il paese di una
parte delle sue risorse produttive. Proprio nel momento più drammatico della
crisi la classe dirigente trovò la forza di reagire. Nel 1923 si formò un
governo di grande coalizione presieduto da Gustav Stresemann, leader del
Partito tedesco-popolare. Stresemann era convinto che la rinascita della
Germania sarebbe stata possibile solo attraverso accordi con le potenze
vincitrici: il governò ordinò la fine
della resistenza passiva nella Ruhr e riallacciò i contatti con la Francia. Fu repressa un’insurrezione
comunista ad Amburgo e fu fronteggiata la ribellione della destra nazionalista
in Baviera; a Monaco infatti alcune migliaia di aderenti al Partito
nazionalsocialista cercarono di organizzare un’insurrezione contro il governo
centrale, ma fu subito repressa. Ristabilita l’autorità dello Stato, il governo
cercò di porre rimedio al caos economico: fu emessa una nuova moneta, il
cosiddetto Rentenmark, il cui valore era garantito dal patrimonio agricolo e
industriale della Germania. Nel contempo fu avviata una politica
deflazionistica, basata cioè sulla limitazione della spesa pubblica e sull’aumento
delle imposte, che consentì un graduale ritorno alla normalità monetaria. Una
vera stabilizzazione però, come affermò il finanziere e uomo politico Dawes,
sarebbe stata impossibile senza un accordo con i vincitori sulle riparazioni. Quindi
il piano elaborato da Dawes si basava sul principio che la Germania avrebbe potuto
far fronte ai suoi impegni solo se fosse stata messa in condizione di far
funzionare al meglio la sua macchina produttiva. In questo modo la Germania rientrò in
possesso della Ruhr e soprattutto otteneva un massiccio aiuto per la sua
ripresa economica.
Gli accordi di Locarno
del 1925 normalizzarono i rapporti franco-tedeschi e nel 1926 la Germania fu ammessa alla
Società delle nazioni. Nel 1928 i rappresentanti di quindici Stati, tra cui
anche Germania e Unione Sovietica, firmarono un patto con cui si impegnavano a
rinunciare alla guerra come mezzo per risolvere le controversie (patto Briand-Kellog);
poco dopo, il piano Young ridusse ulteriormente l’entità delle riparazioni
tedesche.
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