TEOCRITO
La poesia di Teocrito: Le pochissime notizie
tramandate dalle fonti antiche su Teocrito, quasi tutte ricavate dalle sue
stesse opere, non ci forniscono alcun dato specifico sulla posizione da lui
assunta nella polemica fra innovatori e tradizionalisti, anche se sembra
opportuno collocarlo nella schiera di coloro che aderirono alla "nuova
poesia" teorizzata da Callimaco. Teocrito è da considerarsi il creatore di
un nuovo tipo di componimento, l'idillio, destinato ad avere fortuna nella
successiva letteratura europea (basti pensare alle Bucoliche di Virgilio). Il termine "idillio" (dal greco eidullion, "piccola immagine")
venne usato per designare un tipo di poesia caratterizzato soprattutto dalla
trasognata descrizione di un sereno paesaggio campestre, un
"quadretto" di vita pastorale o contadina.
Gli Idilli
bucolici: Caratteristica ricorrente (anche se non costante) di questi
idilli è la loro struttura dialogica, che assume spesso funzione agonale:
pastori e mandriani gareggiano fra loro contrapponendo l'uno all'altro i propri
canti bucolici, che hanno spesso una struttura amebea (dal verbo greco ameibesqai, "rispondere"), cioè a
botta e risposta.
Le Talisie: L'Idillio VII è ambientato a Cos durante
le feste rurali celebrate in onore di Demetra che danno il titolo al
componimento. Ne sono protagonisti il pastore Sichimida (generalmente
identificano con lo stesso Teocrito) ed il capraio Licida, i quali si
incontrano lungo una strada di campagna per raggiungere il luogo dove si
celebra la festa. Il giovane pastore vorrebbe gareggiare nel canto con il più anziano
ed esperto capraio, ma riconosce al contempo la sua inferiorità rispetto a
poeti famosi come Fileta e Asclepiade. A questo punto Licida fa una vera e propria
enunciazione di poetica che riprende canoni tipicamente callimachei, in quanto
vengono criticati gli imitatori dell'epos omerico. Seguono i canti dei due:
quello di Licida assume la forma di un propemptikòn
(ossia un carme scritto per augurare un felice viaggio a qualcuno) per l'amato
Ageanatte, in procinto di partire per Mitilene, mentre Simichida canta gli
infelici amori suoi e dell'amico Arato. Al termine dei due canti Licida dona a
Sichimida il suo bastone, donatogli dalle Muse, e prosegue da solo il cammino.
L'idillio si chiude con la descrizione della festa, che ha come sfondo la campagna
nel pieno rigoglio dei frutti (rappresenta cioè un perfetto esempio di locus amoenus). Dunque questo idillio si
distingue dagli altri componimenti bucolici per la presenza di una precisa
ambientazione geografica (l'isola di Cos) e di significativi riferimenti ad una
concezione artistica simile a quella di Callimaco (caratterizzata cioè dalla
polemica nei confronti degli imitatori del poema epico arcaico). Teocrito tende
inoltre a sfoggiare la sua erudizione geografica (atteggiamento tipico della
poesia alessandrina).
Il Ciclope: L'Idillio XI è una scherzosa allocuzione
rivolta all'amico Nicia che offre a Teocrito lo spunto per dare direttamente
voce al ciclope Polifemo, il quale è innamorato della ninfa Galatea. Il Ciclope
rivolge alla Ninfa una lunga e struggente dichiarazione d'amore, caratterizzata
soprattutto dal contrasto fra il suo aspetto goffo e ripugnante ed i delicati
sentimenti amorosi che è in grado di esprimere, oltre che dalla presenza di
aspetti della passione erotica simili a quelli descritti da Saffo, come la
testa ed i piedi che pulsano.
Ila: Come nel Ciclope,
anche qui lo spunto è offerto da una breve gnwmh
indirizzata all'amico Nicia, il quale, al pari dello stesso poeta, è un
raffinato estimatore del bello: in tal modo l'episodio mitico diviene
significativo paradigma degli effetti che tale passione può produrre anche sul
più forte tra tutto gli eroi. La principale differenza tra Teocrito e Apollonio
Rodio sta nel fatto che il primo colloca il rapimento entro la cornice di una
natura lussureggiante, in cui i vari nomi delle piante che crescono presso la
fonte assumono suggestioni foniche e cromatiche insieme, mentre il secondo non
si sofferma troppo sui particolari (oltre al fatto che in Apollonio Rodio la
Ninfa è solo una, mentre Teocrito parla di tre Ninfe).
I mimi urbani: Se l'ambientazione degli Idilli bucolici è prettamente agreste,
il mondo cittadino è invece lo sfondo su cui si muovono i personaggi dei
cosiddetti "mimi urbani".
L'incantatrice: La
protagonista è l'etera Simeta, che insieme all'ancella Testili, personaggio
muto, compie un rito magico tendente a riconquistare l'amore di Delfi, l'uomo
che l'ha prima sedotta e poi abbandonata. Alla cerimonia vera e propria,
descritta in tutti i particolari e scandita da un verso-ritornello in funzione
di formula incantatoria ("Ruota, trascina tu quell'uomo alla mia
casa!"), segue il racconto che la donna fa della sua infelice storia, i
cui diversi momenti (il primo incontro, lo scoppio della passione, l'inizio del
rapporto amoroso ed il tradimento da parte dell'uomo) sono anch'essi
sottolineati dal ricorrere di un verso intercalare contenente un'invocazione a
Selene ("Pensa da dove nacque, dea Selene, il mio amore").
Le Siracusane: Due donne
siracusane di ceto medio - basso che vivono ad Alessandria, Gorgò e Prassinoa,
si rivedono dopo un lungo tempo e decidono di recarsi insieme alla festa di
Adone, i cui misteri vengono celebrati dentro la reggia tolemaica: là esse
ascolteranno appunto l'inno liturgico eseguito da una valentissima cantatrice,
per fare poi ritorno alle proprie case. I caratteri delle due protagoniste sono
delineati, attraverso i loro stessi discorsi, in maniera assolutamente
magistrale, così come è rappresentato molto bene la variegata e multietnica
fauna umana che popolava le strade e le piazze della vasta metropoli
alessandrina: un passante maldestro, un'enigmatica vecchia che parla come un
oracolo, uno straniero cortese, un altro cui dà fastidio il marcato accento
dorico delle due Siracusane, fino alla cantante. E' inoltre ravvisabile un
motivo encomiastico, presente nella descrizione dello sfarzo della corte
tolemaica e nell'elogio a Tolomeo, e non mancano, nelle parole della cantante,
riferimenti al mito.
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