domenica 12 febbraio 2012

ELETTROMAGNETISMO 2 (FISICA)

MOTO DI UNA CARICA IN UN CAMPO ELETTRICO: (da p 175 a p 176)
Le leggi della meccanica in questo caso valgono anche in elettrostatica e quindi, fissato un asse di riferimento x diretto nella direzione del campo elettrico E, la posizione della carica è individuata da una legge oraria del tipo: x = ½ at2 + vot = ½ q/m Et2 + vot. Dalla dinamica infatti sappiamo che F = ma e dall’ elettrostatica che F = qE, per cui, confrontando le due relazioni e ricavando a si ottiene che a = q/mE.

LA MISURA DELLA CARICA ELETTRONICA E L’ESPERIMENTO DI MILLIKAN : (da p 178 a 179)

Come è già stato detto la carica elettrica misurata nei fenomeni su scala macroscopica è data da un elevatissimo numero di cariche fondamentali del valore di 1,6 x 10-19 C ( positive o negative ) : noi sappiamo infatti che la carica elettrica è quantizzata e quindi che una qualsiasi carica elettrica q è sempre un multiplo intero(n) della carica elettrica fondamentale ( o quella del protone o quella dell'elettrone). Ossia si ha sempre : q = ne oppure q = np.

A riuscire a calcolare per primo l’effettivo valore di tale carica, fu , nel 1910, lo scienziato americano Robert Millikan, il quale individuò direttamente tale valore mediante un esperimento in cui riuscì a misurare l’entità della forza agente su un corpo su cui era depositata una carica pari a quella dell’elettrone ( o a multipli di essa).






L’apparato di cui si servì per tale esperimento (mostrato nell'immagine sopra riportata) è costituito da due armature piane e parallele caricate con segno opposto in modo che tra le due si formi un campo elettrico uniforme ( si trattava quindi di un condensatore piano parallelo) . Se si spruzzassero delle piccole goccioline d’olio (elettricamente scariche) all’interno di tale apparato, esse si muoverebbero verso il basso sotto l’azione della forza di gravità, senza risentire della tensione tra le due armature. In questa situazione le goccioline cadrebbero in un primo momento con un’ accelerazione g ma poi, raggiunta la velocità di regime, essa sarebbe eguagliata dalla forza d’attrito viscoso dell’aria e le goccioline continuerebbero quindi a muoversi con velocità costante.
Supponendo però che le goccioline siano state precedentemente caricate, il loro moto potrà essere:
*accelerato, se la forza elettrica è concorde con quella gravitazionale
*decelerato, se la forza elettrica è discorde rispetto a quella gravitazionale ma minore di essa
*accelerato verso l’alto, se la forza elettrica è opposta a quella di gravità e più intensa di essa
*fermato, se la forza elettrica è opposta e uguale in modulo a quella di gravità (la gocciolina rimane in sospensione aerea tra le armature del dispositivo)
Millikan riuscì a regolare l’intensità del campo elettrico generato tra le due armature in modo che si verificasse l’ultima situazione. In tal modo egli sapeva che la forza elettrica uguagliava quella di gravità e quindi si ha che
Fe = Fg qE = mg
Dove q è la carica della gocciolina, m la sua massa, E il valore del campo elettrico e g l’accelerazione di gravità.
Si può così ricavare il valore della carica q:
q = mg/E
In questa espressione non è però nota la massa della gocciolina. Essa quindi viene ricavata sperimentalmente.
La determinazione sperimentale del valore della massa mediante una misura diretta era però impossibile da effettuare e dunque richiedeva un metodo di misura indiretto. In assenza di campo elettrico, le goccioline tendono a cadere sotto l’azione della forza peso, ostacolate dalla resistenza dell’aria: dopo un certo tempo esse raggiungono una velocità limite che tendono a mantenere nel seguito ( si tratta dunque di un moto uniforme). Tale velocità limite dipende dalle caratteristiche delle goccioline e da quelle del mezzo viscoso nel quale si muovono secondo la seguente espressione: v = 2/9 gR2ρ/η e quindi R = √9/2 ηv / ρg, dove η è la viscosità dell’aria, R è il raggio delle goccioline e ρ è la densità dell’olio di cui è costituita la gocciolina. La determinazione della velocità limite è facilmente effettuabile nel regime di moto uniforme con l’aiuto di una scala graduata posta sull’oculare del microscopio e di un cronometro, mediante la relazione v = x/t. Una volta misurata la velocità, si può risalire al valore di R( essendo noti i valori di ρ, η e g). In base alla definizione di densità ρ = m/ V, ed essendo il volume della sfera V = 4πR3/3, si ha: m = ρV = ρ4πR3/3 e dunque, dalla misura di R, si può risalire alla misura della massa m.
Le goccioline sono caricate in modo non uniforme : confrontando i diversi dati sperimentali sulle cariche delle goccioline, Millikan poté osservare che esse risultano essere sempre multiple di una stessa quantità, la carica elementare e, dal valore stimato di circa 1,6 x 10-19 C.

LA CAPACITA’: ( da p 179 a p 182)

Nella maggior parte dei condensatori piani, la differenza di potenziale tra le armature è direttamente proporzionale alla carica Q presente su di esse. Introducendo una costante di proporzionalità, questa relazione diventa l’equazione Q = CV, da cui mi posso ricavare C = Q/V. La costante di proporzionalità C viene chiamata capacità ed esprime la carica elettrica accumulata per differenza di potenziale unitaria. L’unità di misura di questa grandezza fisica è il farad ( F), dove un farad ( 1 F ) è uguale a un coulomb al volt ( 1 C/V).

Sappiamo inoltre che la capacità di un condensatore piano è direttamente proporzionale alla superficie delle armature e inversamente proporzionale alla loro distanza. Introducendo la costante dielettrica del mezzo materiale ε, questa relazione diventa l’equazione : C = εS/d.
Nel caso di un condensatore sferico di raggio R la capacità vale: C = 4π εR.

ENERGIA POTENZIALE ELETTRICA IMMAGAZZINATA NEL CONDENSATORE: ( p 182)

Sappiamo che l’energia immagazzinata nel condensatore ( o il lavoro svolto dal generatore per caricare il condensatore è espressa da : U = L = ½ QV. Questo ,perché ,se ci immaginiamo di rappresentare il tutto su un grafico cartesiano e in particolare ci immaginiamo di posizionare sull’asse x la carica Q e sull’asse y la differenza di potenziale elettrico V ,ci accorgiamo che l’energia immagazzinata nel condensatore si può trovare calcolando l’area del triangolo rettangolo che nel mio grafico cartesiano ha come cateti Q e V; per calcolare l’area di un triangolo rettangolo devo moltiplicare la base per l’altezza ( in questo caso particolare, i due cateti) e dividere tutto per due ed arrivo dunque alla formula U = L = ½ QV.
Dato che Q = CV, questa equazione può anche essere scritta in altri modi, a seconda di cosa ricaviamo : L = U = ½ QV = Q2/2C = ½ CV2.
Mediante altre operazioni è possibile mettere in relazione l’energia immagazzinata in un condensatore piano con il campo elettrico che si crea tra le sue armature; infatti , in base all’equazione C = εS/d, si può scrivere l’equazione precedente in modi diversi, a seconda di cosa ricaviamo : L = U = ½ CV2 = ½ εS/dV2 = ½ εS/d E2d2 = ½ E2Sd.

I DIELETTRICI : ( da p 182 a p 185 )

Per dielettrico si intende un materiale isolante che, nella maggior parte dei condensatori, viene inserito tra le due armature ( esso può essere per esempio un foglio di materiale isolante appunto, come di carta o di plastica) e che ha diverse funzioni.
Innanzitutto, impedisce che le due armature vengano a contatto, cosa che permetterebbe agli elettroni di rifluire indietro sull’armatura positiva, neutralizzando in tal modo la carica del condensatore e l’energia in esso immagazzinata. Dà inoltre la possibilità di arrotolare a forma di cilindro coppie di armature flessibili in foglio di alluminio, permettendo di ottenere così condensatori di dimensioni più contenute. Infine, accresce la quantità di energia immagazzinabile nel condensatore. Quest’ultima proprietà dipende dal materiale scelto come dielettrico ed è quantificata dalla cosiddetta costante dielettrica relativa al mezzo materiale εr, che sarebbe uguale al rapporto tra la costante dielettrica del mezzo materiale ε e la costante dielettrica del vuoto εo, pari a circa 8,85 x 10-12 C2/Nm2; la costante dielettrica relativa al mezzo materiale è un numero puro(ε = εo εr).

E’ chiaro che l’inserimento di un dielettrico tra le due armature di un condensatore è uno dei modi per aumentare la capacità C del condensatore stesso, come anche lo sono il fatto di aumentare la superficie dei due condensatori oppure di diminuire la loro distanza (C = εS/d).

COLLEGAMENTO DI CONDENSATORI IN SERIE E IN PARALLELO: ( da p 185 a p 188)


L’immagine sopra riportata è un esempio di come si colleghino in serie due o più condensatori; quando i condensatori sono collegati in serie, la carica è la stessa su tutte le armature : Q = Q1 = Q2 =… Qn.
La somma delle singole cadute di tensione lungo tutti i condensatori è uguale alla tensione ai capi del generatore : V = V1 + V2 + … Vn.
Si definisce capacità equivalente in serie e si indica con Cs, la capacità di un singolo condensatore in grado di sostituire i condensatori in serie; conosciamo inoltre che esiste questa relazione : 1/ Cs = 1/C1 + 1/C2 + …1/Cn.

L’immagine sopra riportata è un esempio di come si colleghino in parallelo due o più condensatori; quando i condensatori sono collegati in parallelo, le differenze di potenziale tra le armature dei vari condensatori sono tutte uguali fra loro e uguali a quella col generatore : V = V1 = V2 = … Vn.
La carica totale è uguale alla somma delle cariche dei singoli condensatori : Q = Q1 + Q2 +… Qn.
Nel caso di condensatori collegati in parallelo, la capacità equivalente Cp, è semplicemente la somma delle singole capacità dei condensatori : Cp = C1 = C2 =… Cn.

IL CONCETTO DI CORRENTE ELETTRICA E L’INTENSITA’ DI CORRENTE ELETTRICA : ( da p 196 a p 199 )

A livello intuitivo con il termine corrente elettrica siamo soliti indicare un flusso di elettroni : essa può essere continua ( se fluisce sempre nello stesso senso, nello stesso verso e con la stessa intensità ) oppure alternata. Il verso effettivo della corrente elettrica è quello che va da punti a potenziale maggiore ( + ) a punti a potenziale minore ( - ), in quanto è questo il verso in cui si muove il flusso di elettroni; tuttavia, per convenzione, si considera il verso della corrente elettrica I opposto a quello in cui si muove il flusso degli elettroni e si dice quindi che il verso convenzionale della corrente elettrica è quello che va da punti a potenziale minore ( - ) a punti a potenziale maggiore ( + ).
Per capire però come la corrente elettrica possa fluire bisogna far riferimento al concetto di dislivello, inteso non in senso meccanico ma in senso elettrico : perché essa possa fluire, è infatti necessario che ai capi del conduttore ci sia una differenza di potenziale, un dislivello elettrico appunto.

A livello quantitativo, invece, con il termine intensità di corrente elettrica, si intende la quantità di carica che attraversa la sezione di un conduttore nell’unità di tempo e si scrive : I = ΔQ/Δt; l’unità di misura dell’intensità di corrente elettrica è l’ampere ( A ) , dove un ampere ( 1 A ) è uguale a un coulomb al secondo ( 1 C / 1 s ).

LA VELOCITA’ DI DERIVA DEGLI ELETTRONI : ( da p 200 a p 201 )

Sotto l’effetto della differenza di potenziale, il flusso effettivo degli elettroni è caratterizzato da una velocità media, chiamata di velocità di deriva, che si somma alle velocità che caratterizzano il moto casuale a cui sono soggetti di per sé gli elettroni e che è molto minore di esse.
La velocità di deriva degli elettroni in un conduttore metallico può essere calcolata in base a un semplice modello microscopico : possiamo, per esempio, considerare un tratto rettilineo di conduttore di lunghezza l e di sezione costante A, percorso da corrente e possiamo cercare di trovare una relazione tra l’intensità della corrente I circolante nel filo e la velocità di deriva degli elettroni, che indichiamo con vd. Sappiamo che, all’estremità di destra del tratto di un conduttore, l’intensità della corrente è costante, e quindi I = ΔQ/Δt. In un intervallo di tempo t = l/ vd, tale estremità è attraversata da un certo numero N di elettroni, ciascuno di carica e, quindi da una carica complessiva Q = Ne.
Il numero di elettroni è calcolabile moltiplicando il numero di elettroni per unità di volume, che indichiamo con la lettera n minuscola, per il volume V del filo, dato da Al. Quindi la carica complessiva è Q = nAle. La corrente I è data dunque da : I = ΔQ/Δt = nAle / l / vd = nAe vd; da qui possiamo ricavare la velocità di deriva degli elettroni vd = I / nAe.

LA PRIMA E LA SECONDA LEGGE DI OHM E LA RESISTENZA ELETTRICA : ( da p 202 a p 205 )

La prima legge di Ohm afferma che il rapporto tra la differenza di potenziale V tra due punti di un conduttore metallico a temperatura costante e l'intensità di corrente che fluisce in esso è costante. R = V/I V = RI (R = resistenza elettrica). I conduttori che seguono questa legge sono detti ohmici. La resistenza è una grandezza fisica nuova che si misura in Ohm ( Ω ) dove un Ohm ( 1 Ω ) è uguale a un Volt su un Ampere ( 1 V / 1 A ) .

La seconda legge di Ohm afferma invece che a parità di ogni altra condizione, la resistenza R di un conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione. Si ha quindi che R = ρl / S ovvero che ρ = RS / l, dove ρ è la resistività o resistenza specifica e ha come unità di misura l’ ohm per metro (Ω x m ). Questo ci dice che la resistenza di un materiale dipende anche dalle caratteristiche proprie del materiale, in quanto ρ varia da materiale a materiale ( ossia dal tipo di atomi che lo costituiscono) : ρ ci esprime infatti la natura chimica della seconda legge, l ed S invece quella geometrica. Un’altra grandezza a cui si fa riferimento a volte è la conducibilità elettrica del materiale , che si indica con la lettera σ e che varia anche essa da materiale a materiale e che è l’inverso della resistività e che ha quindi come unità di misura uno su un ohm per metro (Ω x m )-1 : σ = 1 / ρ.

DIPENDENZA DELLA RESISTENZA E DELLA RESISTIVITA’ DALLA TEMPERATURA : ( da p 206 a p 207 )

Sia la resistenza R sia la resistività ρ non sono indipendenti dalla temperatura : sappiamo infatti che la resistenza e la resistività a una temperatura T, in seguito a una variazione di temperatura ΔT = T – To, sono date rispettivamente da : R = Ro ( 1 + αΔT ) e ρ = ρo ( 1 + αΔT ).
La costante α che compare in queste due equazioni è detta coefficiente di temperatura della resistività ed il suo valore si determina sperimentalmente , mentre ρo e Ro sono i valori di riferimento della resistività e della resistenza a To ( in genere, a 20 gradi centigradi o a 0 gradi ).
L’equazione ρ = ρo ( 1 + αΔT ), che mostra la dipendenza della resistività dalla temperatura, ricorda l’equazione della legge di dilatazione termica l = lo ( 1 + αΔT ).

LA POTENZA ELETTRICA E L’EFFETTO JOULE : ( da p 211 a p 213 )

In generale per potenza si intende la quantità di lavoro compiuto nell’unità di tempo e si scrive : P = ΔL/ Δt; essa è una grandezza fisica che si misura in Watt ( W ), dove un Watt ( 1 W ) è uguale a un joule al secondo ( 1 J / 1 s ). Facendo riferimento in particolare alla potenza elettrica possiamo scrivere così P = ΔL/ Δt = qΔV / Δt = IΔV = V2/ R = I2R.
Parlando di questo argomento è utile introdurre anche il concetto di effetto Joule : noi sappiamo che tutte le volte che abbiamo una resistenza e che facciamo passare della corrente attraverso di essa c’è un cambiamento di temperatura e che in particolare all’aumentare della corrente aumenta la temperatura e viceversa : questo aumento della temperatura è chiamato appunto con il nome di effetto Joule.

COLLEGAMENTO DI RESISTENZE IN SERIE, IN PARALLELO E MISTO : ( da p 214 a p 222 )




L’immagine sopra riportata è un esempio di come si colleghino in serie due o più resistenze ; quando le resistenze sono collegate in serie l’intensità di corrente elettrica I è la stessa in tutto il circuito : I = I1 = I2 = … I n.
La somma delle singole cadute di tensione lungo tutte le resistenze è uguale alla tensione ai capi del generatore : V = V1 + V2 + … Vn.
Si definisce resistenza equivalente in serie di due o più resistori e si indica con Rs , la resistenza di un resistore capace di sostituire i resistori in serie; nel caso di resistenze collegate in parallelo la resistenza equivalente è semplicemente la somma delle singole resistenze dei singoli resistori : Rs = R1 + R2 +… Rn.



L’immagine sopra riportata è un esempio di come si colleghino in parallelo due o più resistenze : quando le resistenze sono collegate in parallelo la differenza di potenziale V è la stessa in tutto il circuito : V = V1 = V2 = … Vn; la somma delle singole intensità di corrente lungo tutte le resistenze è uguale all’intensità di corrente ai capi del generatore : I = I1 + I2 + … I n. Si definisce resistenza equivalente in parallelo di due o più resistori e si indica con Rp , la resistenza di un resistore capace di sostituire i resistori in parallelo.
Sappiamo inoltre che esiste questa relazione : 1/ Rp = 1 / R1 + 1 / R2 + … Rn da cui possiamo ricavare la resistenza equivalente del circuito.

Si parla infine di collegamento misto di resistenze quando alcune resistenze sono collegate in serie e altre in parallelo.

lunedì 6 febbraio 2012

LATINO (TACITO 3)

TACITO

La battaglia del monte Graupio: il discorso di Calgaco ( pag. 377 e seguenti)

1- Ogni volta che rifletto sulle cause della guerra e sulle nostre difficoltà, ho una grande consapevolezza che questo giorno e il vostro accordo saranno l’inizio della libertà di tutta la Britannia: vi siete uniti tutti insieme, inesperti di servitù e nessuna terra al di là e neppure il mare sono sicuri poiché la flotta romana incombe su di noi. Così la battaglia e l’esercito che sono motivo di onore per i forti, sono anche l’estrema difesa per i deboli.

2- Le precedenti battaglie nelle quali si combattè con alterna fortuna contro i Romani, riponevano nelle nostre mani speranza ed aiuto, poiché avevamo gli occhi non contaminati dal contatto con la tirannide, noi i più nobili di tutta la Britannia e per questo, situati proprio nei luoghi più remoti e che non guardiamo verso nessuna osta di schiavi.

3- Proprio l’essere in un luogo appartato e l’oscurità della nostra fama difendono noi che abitiamo agli estremi della terra e siamo i massimi difensori della libertà: ora il confine della Britannia è scoperto e tutto ciò che è ignoto è considerato come qualcosa di straordinario; ma oltre noi non c’è più nessun popolo, niente se non mare e scogli, e ci sono i Romani più pericolosi, dei quali si potrebbe evitare invano la superbia attraverso l’adulazione e la sottomissione.

4- I predatori del mondo, dopo che mancarono le terre a coloro che devastano tutto, scrutano il mare: se il nemico è ricco, sono avidi, se è povero sono ambiziosi, loro che l’Oriente e l’Occidente non hanno soddisfatto: i Romani soli fra tutti amano la ricchezza e la povertà con pari disposizione.

5- Chiamano il rubare, il trucidare, il rapire con falsi nomi, il potere e chiamano pace quando creano desolazione.

COMMENTO

1- Ci troviamo nella campagna in Britannia delle truppe romane. Calgaco è il comandante delle truppe nemiche ed è un Caledone ovvero scozzese. Attraverso discorsi come questo o quello seguente del comandante romano Agricola Tacito delinea le caratteristiche dei sue distinti popoli. I britanni non hanno nulla alle spalle fuorché il mare e non possono quindi rifugiarsi in nessun altro luogo della regione; neppure il mare è sicuro perché occupato dalla flotta romana: l’unica cosa che possono fare è combattere.

2- Calgaco dice che nonostante il suo popolo sia ancora lontano dalla civiltà esso non è contaminato da vizi come quello romano ed è quindi più nobile; il popolo è l’unico sul quale l’intera Britannia può fare affidamento per il mantenimento dell’indipendenza.

3- Calgaco dice che i romani possono presto arrivare attratti da questa terra ancora sconosciuta, misteriosa e quindi straordinaria: sono pronti per conquistarla.

4- Il discorso deve esortare i soldati a difendere la libertà e l’indipendenza di fronte alle conquiste ed alle avidità dei Romani: bisona fare di tutto per fermarli, anche se sarà difficoltoso.

Elogio di Agricola (pag. 393)

1- Se c’è un qualche luogo per le anime degli uomini pii, se, come credono i sapienti, le grandi anime non muoiono con il corpo, possa tu riposare in pace, e che tu richiami noi che siamo la tua famiglia dal rimpianto inutile e dai lamenti tipici delle donne, alla contemplazione delle tue virtù, sulle quali non è lecito versare né gemiti né pianti.

2- Noi ti onoriamo piuttosto con ammirazione e lodi, e se la Natura ce lo permette, con l’imitazione: questo è il vero onore, questa è la pietà di tutti coloro che ti stanno vicini.

3- Consiglierei anche alla figlia ed alla moglie di onorare la memoria del padre e del marito così da ripensare tra sé e sé a tutte le sue azioni e alle sue parole, e da abbracciare la bellezza e l’immagine dell’anima piuttosto che quella del corpo, non perché ritengo che ci si debba opporre alle immagini che sono plasmate di marmo o di bronzo ma poiché, come il volto degli uomini, così le rappresentazioni del volto sono deboli e mortali, mentre la bellezza della mente è eterna, bellezza che tu possa mantenere ed esprimere non attraverso un materiale esterno e attraverso l’arte ma attraverso i tuoi stessi comportamenti.

4- Tutto ciò che abbiamo onorato di Agricola, tutto ciò che abbiamo ammirato, rimane ed è destinato a rimanere nell’anima degli uomini per sempre, grazie alla fama delle sue gesta; infatti l’oblio coprirà molti degli antichi come gli ingloriosi e i privi di nobiltà: Agricola sopravviverà, raccontato e tramandato ai posteri.

COMMENTO

Si tratta di una “laudatio funebris” (già composte anche da Seneca) e consiste della commemorazione del defunto da parte dell’autore che lo descrive con ammirazione; una delle funzioni era quella di alleviare il dolore dei cari del defunto. ( per Paola Poli “corrispondenza d’amorosi sensi” J). Inoltre gia nell’età preletteraria quando il defunto veniva esposto alla collettività, la cerimonia era accompagnata da un elogio simile a questo, per proporre ai presenti l’imitazione delle sue virtù.

Tacito dice di fare riferimento all’anima di Agricola, manifestandola attraverso il nostro comportamento, simile al suo. Non dobbiamo attaccarci ai ricordi materiali del defunto ma al contrario cercare di riprodurre la bellezza della sua anima.

TACITO (LATINO)

TACITO

Agricola: La battaglia del monte Graupio: il discorso di Agricola (pag.381)

Ai romani manca solo la parte settentrionale della Britannia da conquistare, Agricola ed il suo esercito potrebbero essere i primi a portare a termine tale impresa. Questo fatto è un motivo d’orgoglio sia per il generale sia per i soldati che se dovessero morire, morirebbero di morte dignitosa e gloriosa. Agricola incita il suo esercito giudicandolo estremamente forte, valoroso, composto da uomini abili e capaci. In questa situazione i romani non possono far altro che procedere ed attaccare il nemico. Agricola inoltre sminuisce il ruolo dell’esercito nemico, considerandolo incapace di sostenere una battaglia contro il grande impero romano. La vittoria è in mano ai romani. Il personaggio che emerge da questo discorso è proprio il condottiero, Agricola. Egli è presentato come un uomo orgoglioso delle sue conquiste, come un abile oratore e motivatore nei confronti del suo esercito. Inoltre egli non viene presentato come un generale che prende le decisioni da solo o come un personaggio autoritario, ma come un collaboratore dell’esercito e dello stato (come dovrebbe essere un ottimo funzionario di stato), infatti egli coinvolge i militari e li rende partecipi dell’impresa. Agricola agisce in funzione dello stato!

Germania

Seconda monografia di Tacito con carattere etnografico, unito al genere geografico e storiografico. I Germani rappresentano la popolazione in lotta con i romani fin dai tempi di Cesare. Inoltre questa popolazione viene vista con la stessa concezione di Cesare, ovvero come una popolazione lontana dalla civiltà ciò comporta due aspetti, uno negativo, l’essere rozzi bellicosi violenti ecc, uno positivo, l’essere intatti dalla corruzione che porta con se la civilizzazione. I Germani rappresentano un parallelismo con i romani del tempo antico (integri, portatori di valori ecc). Questo popolo rappresenta un probabile pericolo per i romani perché hanno in sé delle potenzialità anche belliche da non sottovalutare, ma i Germani fortunatamente non sono uniti sotto un unico condottiero che porterebbe le loro potenzialità alla luce e quindi c’è ancora speranza che il popolo romano riesca a batterli.

La religione dei Germani (p.400)

9.1 I Germani tra gli dei venerano soprattutto Mercurio, a cui considerano lecito in giorni prestabiliti fare sacrifici anche con vittime umane. Placano Ercole e Marte con animali permessi. Parte degli Svevi fa sacrifici anche a Iside; ho poche informazioni riguardo la causa e l’origine di questo culto straniero se non il fatto hce lo stesso simbolo rappresentato come una nave indica che questo culto è stato importato.

9.2 Inoltre non considerano conforme alla grandezza dei celesti racchiudere gli dei tra le pareti né dar loro sembianze umane; consacrano le radure e i boschi e chiamano con il nome degli dei quel mistero (quell’essenza misteriosa) che vedono solo con la devozione.

10.1 I Germani seguono i presagi e le divinazioni, quant’altri mai (più di tutti). La consuetudine delle divinazioni è semplice. Tagliano a un albero da frutta un ramo a sua volta a pezzettini e li spargono su un telo candido separati da alcuni contrassegni in modo del tutto casuale. Subito, se le sorti sono interpellate per un bene pubblico, i sacerdoti del villaggio, se invece per un bene privato lo stesso capo famiglia dopo aver pregato gli dei e aver guardato il cielo ne prende tre uno ad uno e dopo averli presi li interpreta secondo i contrassegni impressi in precedenza. Se gli oracoli hanno dato esito negativo non avverrà nessuna consultazione sullo stesso argomento lo stesso giorno, se invece hanno dato esito positivo si richiede ancora la conferma degli auspici.

10.2 E questo è noto anche qui cioè interrogare il canto e il volo degli uccelli; è proprio di quel popolo invece esaminare i presagi e i moniti anche dei cavalli: i cavalli sono allenati a spese pubbliche nei medesimi boschi sacri dal manto candido e non contaminati dalle opere mortali (cavalli) che il sacerdote, il re o il primo cittadino affiancano aggiogati al carro sacro e a cui nitriti e fremiti prestano attenzione. Nessun auspicio gode di maggior fede/credibilità, non solo presso la plebe ma anche presso i nobili e presso i sacerdoti: infatti si considerano i ministri degli dei e quelli li considerano i loro tramiti.

10.3 C’è anche un altro modo di trarre gli auspici con il quale esaminano gli esiti delle guerre impegnative. Fanno combattere un prigioniero di quel popolo con il quale sono in guerra catturato in qualsiasi modo, con uno scelto del loro popolo ciascuno con le armi della propria patria (tipiche del suo popolo); la vittoria di uno o dell’altro viene presa come pronostico.

Commento

Nella parte 9.1 tende a presentare la pratica che riguarda il sacrificio umano come barbara ma anche agli albori di quasi tutte le civiltà sono presenti questi sacrifici (v. greci e fenici), quindi era una pratica conosciuta. Inoltre si parla del culto di Iside: non se ne conoscono le origini si sa solo che p stato importato perché la caratteristica che rappresenta la dea è la nave. Il culto della dea è molto famoso e ha riscontrato molto successo anche nel resto d’Europa (si possono riscontrare analogie tra il culto della dea Iside e il culto della Madonna). Nella Parte 9.2 vengono presentate divinità legate a fenomeni naturali, questa caratteristica è riscontrabile anche presso i Romani, infatti i fenomeni inusuali erano considerati di origine divina (Cfr. Seneca e Orazio). Infine le fonti che Tacito dispone sui Germani sono indirette (diversamente dalle fonti di cui disponeva Cesare). L’intento di Tacito è quello di mostrare i valori di questi popoli affinché fungano da esempio per i romani su com’erano una volta e non su come saranno.

TACITO: Stile e temi (Latino)

STILE E TEMI

A livello stilistico troviamo in Tacito vari registri linguistici: usa infatti un linguaggio più altisonante nell’elogio del suocero e nel dialogus de oratoribus, mentre altre volte il lesico è più formale e semplice, quando ad esempio fa degli excursus storici.

Tacito affronta varie tematiche nelle sue opere. Nell’agricola e nella germania viene affrontato il tema del brabaro, inteso come pericolo e quindi da sottomettere. Un altro tema è quello del principato, inteso come fonte di oppressione, ma necessario per il mantenimento della pace.

Le tematiche tacitiane non si limitano tuttavia solo all’ambito storico-politico; comprendono infatti anche l’oratoria, di cui ammira l’antico splendore e della cui fine si rammarica.

PERCY SHELLEY (INGLESE)

, Percy Bysshe Shelley (1792-1822)
He was an English romantic poet. Shelley, Byron and Keats represented the second generation of Romantic poets (they shared the big success they had and the short life they passed, indeed, they all died very young).
He got married twice: the first time, at the age of 19,but he soon divorced, and he started a new relationship with a writer called Mary Wollstonecraft Godwin (and not, as Stefano Angelinis thinks, with a man called Frankenstein). He was deeply interested in politics, and because of his radical ideals, he escaped from England and moved to Switzerland, where he met another famous English poet, Byron, who became one of his best friends. During their stay in Switzerland, they wrote together. He also went to Italy: first, he arrived in Rome, where he met John Keats, and then he went to Tuscany. At the age of thirty, he died in a boat accident.
He is well remembered as a “restless spirit” because he always refused social and political conventions of his country, and he fought for the principles of freedom and love. He’s also remembered as an hopeful person: he believed in change, he was deeply convinced that the future would be better, even if he was living in a  cruel material world. Shelley thought that the poet was a prophet and at the same time a Titan that fought versus the evil society. Nature is also very important, it’s often represented with symbols such as wind, water, clouds, weather and so on. It’s considered as a big divine spirit and it’s the perfect refuge from the injustice of the civil world.
Ode to the west wind
Shelley published this ode in 1819, during his “exile” in Tuscany (vedi Traduzione della nota di Shelley*). He tells us that one day, in a wood near the Arno river, came a big thunderstorm. The west wind announced the “coming-back” of autumn and it blew from the Atlantic Ocean. It is called “breath of Autumn’s being”: it’s strong, wild, sometimes even violent and out of control. The poet says that you can’t see it blowing, but you can clearly see his effects: it carries the leaves in the air and it brings black clouds and a dark sky. This poem is divided into five stanzas. It has an elevated tone and a figurative language. Shelley uses archaisms, invocations and personifications. At the end of each stanza the poet writes “oh hear!” and it is referred to the west wind. This poem shows the great importance of the natural phenomenons and of the Nature in itself. The poets wishes to be like the Wind, free and restless, and even like a cloud, a wave and a leaf. He would like to go everywhere and teach people his philosophy of love and freedom. In the last lines he asks the wind to “scatter his words among mankind” and he says ,with his hopeful spirit ,that if Winter comes, it’s sure that Spring, and so, the rebirth of the whole nature, will come next. In this ode it’s clear to see  the two aspects of Shelley’s ideal poet: prophet, and, at the same time, Titan. There is a personal, quite autobiographical, element: in the fourth stanza he remembers when he was a young boy and he used to stare at the effects of the wind, dreaming to be like it. He personificates the Wind, as if it is the main character of this poem and  speaks about the Zephyr, that is the “sister” of the West Wind ,because it announces the arrival of Spring, in a mild and quiet way.*Shelley  appended  a  note to the 'Ode to the West Wind' when it first
appeared in 1820:
This  poem was conceived and chiefly written in a wood that skirts the
Arno,  near  Florence,  and on a day when that tempestuous wind, whose
temperature  is at once mild and animating, was collecting the vapours
which  pour  down  the  autumnal  rains.  They began, as I foresaw, at
sunset  with  a  violent  tempest  of  hail and rain, attended by that
magnificent thunder and lightning peculiar to the Cisalpine regions.
The  phenomenon  alluded  to  at the conclusion of the third stanza is
well known to naturalists. The vegetation at the bottom of the sea, of
rivers,  and of lakes, sympathizes with that of the land in the change
of seasons, and is consequently influenced by the winds which announce
it.”
 
Questo componimento fu ideato e scritto in un bosco sulle rive del fiume Arno,vicino a Firenze, e in un giorno in cui quel vento tempestoso,la cui temperatura è allo stesso tempo mite e pungente ,stava raccogliendo i vapori che avrebbero fatto cadere le piogge autunnali. Incominciarono,come avevo previsto, al tramonto,con una tempesta violenta di grandine e pioggia,seguita da quel magnifico fenomeno che è il temporale,tipico delle regioni Cisalpine. Il fenomeno a cui alludo nella terza stanza è ben conosciuto dai naturalisti. La vegetazione sul fondo del mare,dei fiumi e dei laghi,è strettamente collegata a quella sulla terraferma nel corso delle stagioni,ed è sempre influenzata,di conseguenza,dal vento che le annuncia(le varie stagioni,come lo Zefiro per la primavera,e il vento dell’Ovest per l’autunno)

Translation:
Oh tu vento selvaggio occidentale, alito
della vita d'autunno, oh presenza invisibile da cui
le foglie morte sono trascinate, come spettri in fuga
Da un mago incantatore, gialle e nere,
pallide e del rossore della febbre, moltitudini
che il contagio ha colpito: oh tu che guidi
I semi alati ai loro letti oscuri
dell'inverno in cui giacciono freddi e profondi
come una spoglia sepolta nella tomba,
Finché la tua sorella azzurra Primavera,
non farà udire le squilla sulla terra in sogno
e colmerà di profumi e di colori vividi
Il colle e la pianura, nell'aria i lievi bocci conducendo
simili a greggi al pascolo: oh Spirito selvaggio,
tu che dovunque t'agiti, e distruggi e proteggi: ascolta, ascolta!
II
Tu nella cui corrente, nel tumulto
del cielo a precipizio, le nuvole disperse
sono spinte qua e là come foglie appassite
Scosse dai rami intricati del Cielo e dell'Oceano,
angeli della pioggia e del fulmine, e si spargono
là sull'azzurra superficie delle tue onde d'aria
Come la fulgida chioma che s'innalza
sopra la testa d'una fiera Menade, dal limite
fioco dell'orizzonte fino alle altezze estreme dello zenit,
Capigliatura della tempesta imminente. Canto funebre
tu dell'anno che muore, al quale questa notte che si chiude
sarà la cupola del suo sepolcro immenso, sostenuta a volta
da tutta la potenza riunita dei vapori
dalla cui densa atmosfera esploderà una pioggia
nera come fuoco e grandine: oh, ascolta!
III
Tu che svegliasti dai loro sogni estivi
le acque azzurre del Mediterraneo, dove
si giaceva cullato dal moto dei flutti cristallini
Accanto a un'isola tutta di pomice del golfo
di baia e vide in sonno gli antichi palazzi e le torri
tremolanti nel giorno più intenso dell'onda, sommersi
da muschi azzurri e da fiori dolcissimi al punto
che nel descriverli il senso viene meno!
Tu per il cui sentiero la possente
superficie d'Atlantico si squarcia
e svela abissi profondi dove i fiori
del mare e i boschi fradici di fango, che indossano
le foglie senza linfa dell'oceano, conoscono
la tua voce e si fanno all'improvviso grigi
per la paura e tremano e si spogliano: oh, ascolta!
IV
Fossi una foglia appassita che tu potessi portare;
fossi una rapida nuvola per inseguire il tuo volo;
un'onda palpitante alla tua forza, e potessi
Condividere tutto l'impulso della tua potenza
soltanto meno libero di te, oh tu che sei incontrollabile!
Potessi essere almeno com'ero nell'infanzia, compagno
Dei tuo vagabondaggi alti nei cieli, come quando
superare il tuo rapido passo celeste
sembrava appena un sogno; non mi rivolgerei
A te con questa preghiera nella mia dolente
necessità. Ti prego, levami come un'onda, come
una foglia o una nuvola. Cado
Sopra le spine della vita e sanguino! Un grave
peso di ore ha incatenato, incurvato
uno a te troppo simile: indomito, veloce e orgoglioso.
V
Fa di me della tua cetra, com'è della foresta;
che cosa importa se le mie foglie cadono
come le sue! Il tumulto
Delle tue forti armonie leverà a entrambi un canto
profondo ed autunnale, e dolcemente triste.
Che tu sia dunque il mio spirito, o Spirito fiero!
Spirito impetuoso, che tu sia me stesso!
Guida i miei morti pensieri per tutto l'universo
come foglie appassite per darmi una nascita nuova!
E con l'incanto di questi miei versi disperdi,
come da un focolare non ancora spento,
le faville e le ceneri, le mie parole fra gli uomini!
E alla terra che dorme, attraverso il mio labbro,
tu sia la tromba d'una profezia! Oh, Vento,
se viene l'Inverno, potrà la Primavera essere lontana?
England in 1819
This political poem was written in 1819,during the exile in Italy. Shelley denounces his country’s political-social problems starting from the Peterloo massacre. People despised the King and his sons, they were sick and tired of their political injustice, so, one day, in Manchester, they were demonstrating for their rights, but the Army came and killed a large number of people. This event is remembered as a great disaster in the English political history. Shelley represents the thoughts of thousand and thousand of English people. The king was officially declared insane, mad and blind. He was dying, and people hated him and his sons. Laws weren’t honest, they appeared to be good but they only worked in the interests of rich people, punishing humble people. The rulers, the ones that had made the laws, were considered like monsters: after sucking all the population’s “blood”, they drop it and threw it away. Shelley attacks the english politicians and even religion, because he thinks that a “christless” religion wouldn’t save poor people from that evil society.
Ozymandias
Ozymandias is the Greek name of an Egyptian pharaoh, maybe one of the most famous, called Ramses II. This short lyric was written in 1817. The fundamental theme is the vanity of human ambitions (something like what you find in Gray’s elegy: “everything ends in the grave”). Shelley starts the poem with a traveller’s tale: he met a man who went to this isolate land, in the middle of the desert, and saw Ozymandias’ statue. He could only see a pair of stone legs, because the statue was very big. Near the legs, on the sand, he finds Ramses’ stone face: the sculptor was so good at his art that you can even capture, from the visage lies, his passions and his strong ideals. Ramses II was a powerful and ambitious man. He was completely sure that no other man on earth was better than him. He considered himself as an immortal being. Ozymandias wanted to celebrate himself with huge monuments to let people know how extraordinary he was. Shelley speaks about this “mortal” pride with a bit of irony, because he well knows that human ambitions are insignificant, compared to the infinity of time. Nothing lasts forever, no human being has an eternal life, that’s why all the ambions, all the pride and glory are useless in front of the action of time.
(Pagine di riferimento: D119-120-122-123-124-134)

KEATS (INGLESE)

John Keats (1795-1821)
He was born in London from a humble family. He passed through a very hard life.
His literary production is still very famous. He experienced pain, misery, bad health and sadness.
The doctors told him to move away from the moist weather of London, so he went to Italy. He had a house near Piazza di Spagna. He died at the age of 26, because of the his health conditions that had got worse and worse. He was buried in the protestant cemetery in Rome(like Shelley).He’s one the greatest poets of the Romanticism. Keats thought that two elements were fundamental in poetry: Imagination and Beauty. In facts, his central theme is the cult of beauty. There are two types of beauty: physical and spiritual.
Ode on a Grecian Urn
This poem was composed in 1819. The inspiration is still unknown: critics couldn’t find an urn with the pictures that he describes. Probably he mixed various details that he saw on the Grecian urns that he studied, and the combination of these details in Keats’ imagination created this ode. He had a passion for antiquity and, in this ode, it’s evident that he learned a lot about Greece. This is why he was considered a poet similar to Foscolo: he was romantic but still influenced by neo-classicist elements. The ode starts describing the picture on the urn with a serie of questions. He set his ode in a past time. In the scene, there are men and women(“maiden loth”), there is a chase, there is music (“pipes and timbrels”). The central scene represents a boy that’s about to kiss the girl he loves. But he can’t. The poet  “reassures” the young lover, saying that he will never kiss her, but she will always be fair, and he will always love her. Then he describes another scene, a “natural” scene: he speaks about a green altar ,a sacrifice, an heifer and finally a desolate place. The conclusion is more general. With the expression “cold pastoral” he addresses to the urn,saying that it’s material, not human. The urn hasn’t got feelings, it’s non animated, it’s not a warm living being.
He adds that beauty is truth(and truth is beauty) because only through the beauty of this “work of art” you can get to the knowledge ,and knowledge is always truth.
Key points:
Romanticism and Neo-Classicism
Imagination
Beauty
Nature
Time: contrast between Human Life and Eternity and the problem of the decay of beauty
Translation:
Tu della quiete ancora inviolata sposa,
alunna del silenzio e del tempo tardivo,
narratrice silvestre che un racconto
fiorito puoi così più che la nostra
rima dolcemente dire,
quale leggenda adorna d'aeree fronde si posa
intorno alla tua forma?

Di deità, di mortali o pur d'entrambi,
in Tempe o nelle valli
d'Arcadia? Quali uomini
son questi o quali dei,
quali ritrose vergini,
qual folle inseguimento, qual paura,
quali zampogne e timpani,
quale selvaggia estasi?

Dolci le udite melodie: più dolci le non udite.
Dunque voi seguite, tenere cornamuse,
il vostro canto, non al facile senso, ma,
più cari, silenziosi concenti date all'intimo cuore.
Giovine bello, alla fresca ombra mai può il tuo canto languire,
né a quei rami venir meno la fronda.
Audace amante e vittorioso, mai tu potrai baciare,
pur prossimo alla meta, e tuttavia non darti affanno:
ella non può sfiorire e, pur mai pago,
quella per sempre tu amerai, bella per sempre.

O fortunate piante cui non tocca perder le belle foglie,
né, meste, dire addio alla primavera;
te felice, cantore non mai stanco
di sempre ritrovare canti per sempre nuovi;
ma, più felice Amore!
fervido e sempre da godere, e giovane e anelante sempre,
tu che di tanto eccedi ogni vivente passione umana,
che in cuore un solitario dolore lascia, e sdegno: amara febbre.

Chi son questi venienti al sacrificio?
E, misterioso sacerdote, a quale verde altare conduci questa,
che mugghia ai cieli, mite giovenca
di ghirlande adorna i bei fianchi di seta?
Qual piccola città, presso del fiume o in riva al mare costruita,
o sopra il monte, fra le sue placide mura,
si è vuotata di questa folla festante, in questo pio mattino?
Tu, piccola città, quelle tue strade sempre saranno silenziose
e mai non un'anima tornerà che dica perché sei desolata.

O pura attica forma! Leggiadro atteggiamento,
cui d'uomini e fanciulle e rami ed erbe calpestate
intorno fregio di marmo chiude,
invano  il pensier nostro ardendo fino a te si consuma,
pari all'eternità, fredda, silente, imperturbabile effige.
Quando, dal tempo devastata e vinta,
questa or viva progenie anche cadrà,
fra diverso dolore, amica all'uomo,
rimarrai tu sola, "Bellezza è Verità"
dicendo ancora: "Verità è Bellezza".
Questo a voi, sopra la terra, di sapere è dato:
questo, non altro, a voi, sopra la terra,
è bastante sapere.

( Pagine di riferimento: D126-127-129-130)