Il Romanticismo come lo intendiamo noi oggi è la corrente culturale e artistica che nasce in Germania e in Inghilterra nel 1798 e si diffonde in tutt'Europa. Termina nel 1848, tranne che in Italia (1861) e in Germania (1871), dove lo si fa terminare con la conclusione dei rispettivi processi di unificazione.
Anche Berchet, con "Lettera semiseria di Grisostomo a suo figlio" contribuì alla definizione dei caratteri romantici in Italia, sostenendo che:
il poeta nasce dalla natura e con essa ha un rapporto diretto.
Se i lettori non sanno intendere è inutile essere bravi scrittori.
Il pubblico non può quindi essere nè l'analfabeta nè il parigino, troppo affaticato dall'uso della ragione e lontano dalla natura. Deve essere quindi il popolo borghese.
Il Conciliatore in mano ai liberal-Democratici
Il Politecnico: di carattere più scientifico; radicale
A Firenze:
L'Antologia: in mano ai liberal-democratici
MANZONI: VITA
Nel 1805 Manzoni si reca a Parigi,dove la madre dopo la separazione dal padre si era trasferita con Carlo Imbonati,il quale nel frattempo era morto.
A Parigi Manzoni scrive il componimento più interessante della sua prima giovinezza,In morte di Carlo Imbonati,in cui si avvicina all’illuminismo.
Nel periodo parigino frequenta gli ultimi idéologues,tra cui Claude Fauriel,che sarà un prezioso collaboratore di Alessandro Manzoni,e che agevolerà il passaggio dell’autore dalle ideologie illuministiche a quelle romantiche;avviene in questi anni anche il primo matrimonio di Manzoni con Enrichetta Blondel.
In questo periodo però Manzoni è ancora profondamente neoclassico,e nel 1809 pubblica il poemetto Urania.
Nel 1810 avviene una svolta decisiva nell’autore,la conversione religiosa,che sarà accompagnata anche dai primi disturbi psicologici.
Dopo il ritorno a Milano,avviene tra il 1812 e il 1815 una svolta poetica con la pubblicazione degli Inni sacri.
Dal 1815 inizia il cosiddetto decennio dei capolavori,in cui Manzoni grazie alla sua favorevolissima situazione economica può dedicarsi solamente alla produzione letteraria.
In questo periodo pubblica due tragedie,Il conte di Carmagnola (1820) e Adelchi (1822),due odi,Marzo 1821 e Il cinque maggio (entrambe pubblicate nel 1821),la lettera a Cesare D’Azeglio e la Pentecoste.
Nel 1823 termina la prima edizione dei Promessi sposi,intitolata Fermo e Lucia,e l’Appendice storica su la colonna infame.
Nel 1827 pubblica la seconda edizione dei Promessi sposi,detta ‘ventisettana’.
Dal 1827 Manzoni comincia a dedicare il suo interesse più che alla produzione letteraria ad interessi di tipo linguistico,adopera anche una revisione linguistica della ‘ventisettana’,che porterà all’ultima pubblicazione dei Promessi sposi nel 1840.
Nel 1837 avviene il secondo matrimonio di Manzoni con Teresa Borri,la prima moglie era infatti morta nel 1833.
Dopo la pubblicazione della ‘quarantana’ sono poche le opere significative.
Nel 1860 è nominato senatore,e viene incaricato come presidente della commissione parlamentare sulla lingua.
Muore nel 1873 a Milano.
Il pubblico deve essere la massa.
La religione è fondamentale.
(Delinea i seguenti aspetti dicendo cosa non deve essere fatto)
L'idea nasce dopo la delusine dei moti fallimentari di rivoluzione del '21.
I promessi sposi ('40) o Quarantana: edizione definitiva (differenza linguistica: perfeziona il fiorentino dopo essere stato a Firenze e aver avuto suggerimenti dai dotti fiorentini)
Nel romanzo sono presenti tre digressioni.
Agnese,madre di Lucia,propone ai due giovani di ricorrere all’aiuto di un avvocato,e Renzo si reca così dall’Azzeccagarbugli,mentre Lucia cerca l’aiuto di Fra Cristoforo.
Ma mentre Fra Cristoforo si reca in aiuto dei due giovani,così non fa l’Azzeccagarbugli il quale,essendo amico di Don Rodrigo,scaccia Renzo.
Padre Cristoforo si reca al palazzotto di Don Rodrigo,ma il colloquio con il signorotto di paese non da alcun risultato.
Su consiglio di Agnese viene organizzato un matrimonio clandestino e i protagonisti vanno a casa di Don Abbondio,con Tonio e Gervasio che saranno i due testimoni.
I bravi su ordine di Don Rodrigo si recano intanto a casa di Lucia per rapirla,ma non trovano né lei né la madre,in quanto si trovano da Don Abbondio.
Fallito anche il tentativo del matrimonio clandestino i due giovani,con l’aiuto di Fra Cristoforo,lasciano il paese.
Questi capitoli sono detti capitoli borghigiani in quanto solamente ambientati nel paese d’origine dei protagonisti.
A Gorgonzola in un’altra osteria viene a sapere della sua notorietà attraverso la storia di un mercante. Il giovane decide quindi di lasciare il Ducato di Milano e di attraversare l’Adda per raggiungere la Repubblica di Venezia,e precisamente la città di Bergamo dove vive suo cugino Bortolo.
La mattina seguente l’Innominato,ormai convertito,si reca dal cardinale Federigo Borromeo,che si trova in un paese vicino al castello,e insieme a lui trova un modo per salvare Lucia.
Lucia dopo essere tornata al paese va a Milano a casa di Donna Prassede,e Renzo inizia una faticosa corrispondenza con Agnese.
Don Rodrigo si ammala di peste e,dopo essere stato tradito dal Griso,viene portato al lazzaretto.
Anche Renzo contrae la malattia,ma guarito si reca a cercare Lucia,dopo essere quindi stato al paese va a Milano a casa di Donna Prassede,dove scopre che Lucia malata è stata portata al lazzaretto.
Scambiato per un untore riesce a mettersi in salvo sul carro dei monatti.
Giunto al lazzaretto incontra padre Cristoforo,che pur malato continua ad assistere i bisognosi,e vedendo la condizione di Don Rodrigo lo perdona.
Con la notizia della morte di Don Rodrigo e grazie all’appoggio del nuovo signorotto Don Abbondio si celebra finalmente il matrimonio,dopo il quale Renzo,Lucia e Agnese si trasferiscono nel bergamasco.
La prima figlia dei due protagonisti verrà chiamata Maria.
Innominato: oppositore - nobile - potere civile
Fra Cristoforo: aiutante - popolano – chiesa buona
Borromeo: aiutante – nobile – chiesa buona
Gertrude: braccio di oppositore - nobile - chiesa cattiva
Don Abbondio: braccio di oppositore – popolano – chiesa cattiva
In più il Manzoni interviene con commenti e ironia.
Tutta la vicenda è raccontata e filtrata dalla sua ottica liberal-cattolica.
IL CINQUE MAGGIO (pag.136 vol.2 tomo 3)
Il cinque maggio è un’ode civile scritta nel luglio 1821 alla notizia della morte di Napoleone a Sant’Elena.
Le odi civili di Alessandro Manzoni nascono da determinati fatti storici e servono per incoraggiare un movimento,sostenerlo e propagandarne l’azione.
L’ode può essere suddivisa in quattro parti: il prologo formato da quattro strofe,la parte centrale divisibile in due parti di cinque strofe l’una,e la conclusione formata come il prologo da quattro strofe.
Nel prologo Manzoni afferma che egli in vita non lodò mai Napoleone quando si trovava all’apice della sua gloria e di non averlo mai oltraggiato quando si trovava in esilio,e descrive la reazione della popolazione europea,stordita dalla morte di un così grande uomo.
In questa prima parte dell’ode vi sono echi foscoliani espressi attraverso la funzione che l’ode stessa potrebbe avere,ovvero quella di non far morire Napoleone ma di farlo ricordare in eterno.
Nei versi che vanno dal 25 al 54 si parla delle gloriose vicende dell’imperatore;attraverso una serie di antitesi vengono presentate le campagne militari di Napoleone e si afferma che la gloria stessa dell’imperatore proviene dalla volontà di Dio (è proprio per volere divino che due volte cadde e due volte si rialzò).
L’età napoleonica fu a cavallo di due secoli,il 700 e l’800,e Napoleone nella sua figura di imperatore li sottomise e ne racchiuse i principali aspetti nella sua persona.
Nei versi che invece vanno dal 55 all’ 84 si parla di Napoleone in esilio,la cui inattività porta l’imperatore a pensare al tempo trascorso in guerra sui campi di battaglia..
Con l’esilio vi è il definitivo naufragio dell’ambizione napoleonica.
Nella conclusione vi è una visione cristiana della morte di Napoleone,la mano divina accompagna infatti l’imperatore sul letto di morte,mano che appartiene a un Dio giansenista simile quindi al Dio biblico.
Sul punto di morte la fede è riuscita,quindi, a piegare anche un uomo che non aveva mai creduto nel sacrificio di Cristo (emerge qui la concezione di Manzoni secondo cui tutto fa parte del progetto divino).
Lo stile dell’ode è molto ricercato,essa è infatti divisa in diciotto strofe di sei settenari ciascuna e l’ultima parola di ogni strofa rima con l’ultima di quella successiva.
L’ode è anche ricca di figure retoriche.
L'ADELCHI
Nelle sue tragedie Manzoni cerca di eliminare l’unità di spazio e di tempo,e reintroduce il coro,ripreso dalla tragedia greca,in cui l’autore esprime un proprio giudizio.
La vicenda tragica è ambientata tra il 772 e il 774 nelle terre dei longobardi.
I personaggi e gli avvenimenti sono quasi tutti storici anche se a volte la verità dei fatti è alterata dall’autore.
La tragedia inizia con Desiderio,re dei Longobardi,che viene a conoscenza del fatto che sua figlia Ermengarda è stata ripudiata da Carlo Magno,re dei Franchi.
Adirato,Desiderio fa pressione sul Papa affinché vengano reintegrati nella linea di successione al trono franco i figli di Carlomanno,fratello di Carlo Magno,ma il Papa chiede aiuto a Carlo Magno,paladino della cristianità, per essere difeso dall’oppressione di Desiderio.
Carlo Magno marcia quindi sulle terre longobarde e sconfigge l’esercito longobardo guidato da Adelchi,figlio del re.
Intanto Ermengarda,che si è rifugiata nel convento della sorella Ansberga,viene raggiunta dalla notizia del secondo matrimonio di Carlo,ed essendo ancora innamorata del re dei Franchi,muore dopo uno struggente delirio.
Nella parte finale della tragedia Adelchi viene ferito a morte mentre sta difendendo dall’avanzata dei Franchi la città di Verona,e morente esorta il padre a non disperarsi e di abbandonare la vita pubblica.
I protagonisti indiscussi della tragedia sono Adelchi ed Ermengarda,i due fratelli che vivono combattuti tra desiderio e realtà.
Adelchi vorrebbe essere un paladino,un liberatore,e aspirare alla gloria,ma si ritrova ad essere figlio del re di un popolo barbaro,che è conosciuto solo per la sua feroce barbarie,Ermengarda è combattuta invece tra la passione ancora viva per Carlo ed una morale religiosa.
Altri personaggi sono Carlo e Desiderio,che sebbene siano contrapposti condividono l’autorità regale ed il linguaggio del potere.
Adelchi ed Ermengarda condividono una colpa,ovvero il provenire dal ‘popolo del sangue’,che sarà però espiata attraverso la morte dei protagonisti,la quale porterà anche alla loro salvezza,si dice per questo che in Manzoni vi è un ‘pessimismo cristiano’.
-La confessione di Adelchi ad Anfrido (pag.150)
Nel passo Adelchi confessa all’amico Anfrido il sogno irrealizzabile di giungere alla gloria e di farsi paladino delle giuste virtù.
Emerge qui,attraverso le parole di Adelchi,un popolo longobardo connotato come crudele,dedito alla violenza e al furto,il cui unico pregio è quello di essere un popolo numeroso.
I sogni di gloria e di giustizia del protagonista sono distrutti perché egli è costretto a compiere azioni dedite alla violenza,contrarie quindi alla sua volontà,a causa della popolazione a cui appartiene.
Anfrido risponde che non può far nulla per Adelchi, l’unico consiglio che può dargli è quello di soffrire ma di essere grande.
Appare qui evidente in Adelchi la scissione dell’io-mondo.
-Il coro dell’atto quarto (pag.160)
Il coro dell’atto quarto chiude il quarto atto dell’Adelchi,diviso in cinque atti.In questo passo Manzoni compiange la situazione terrena di Ermengarda,combattuta tra la fede religiosa e il passionale ma allo stesso tempo struggente amore per Carlo,e ne descrive la morte,avvenuta a Brescia nel convento della sorella Ansberga.All’inizio del coro viene presentata Ermengarda appena morta attorniata dalle suore che terminano il loro pianto funebre,un’Ermengarda che sul letto di morte avrebbe dovuto dimenticare i ricordi che le avevano causato una grande sofferenza,ma che invece affiorano anche nel termine della sua esistenza.Dopo la descrizione di Ermengarda morente si aprono infatti i suoi stessi ricordi,legati soprattutto alla parte della vita trascorsa in Francia nella corte di Carlo,quando ella era felice, non essendo ancora a conoscenza del fatto che sarebbe stata ripudiata.Nei ricordi di Ermengarda appare la concezione eroica che ella aveva del marito: pur avendo infatti Carlo ucciso un solo cinghiale,grazie ai pensieri della sposa,sembra aver compiuto una grande impresa eroica;appare anche la visione sensuale che Ermengarda aveva di Carlo,quando infatti egli si bagna nel fiume traspaiono le passioni terrene della donna.Dopo la descrizione del tempo trascorso in Francia si apre una similitudine che narra tempi più recenti,i tempi del chiostro.L’amore per Carlo è qui descritto come un sole cocente.Dopo la similitudine la narrazione ritorna sulla figura di Ermengarda che,in letto di morte,si è avvicinata all’amore divino,paragonato al sole calante che è in netta contrapposizione col sole cocente della similitudine.
Ermengarda dopo la morte, grazie alla sua situazione di vittima,ha trovato la grazia divina,pur appartenendo al popolo del sangue,ovvero il popolo longobardo.