martedì 6 dicembre 2011

MANZONI-ADELCHI (ITALIANO)

L’Adelchi è una tragedia di Manzoni.
Nelle sue tragedie Manzoni cerca di eliminare l’unità di spazio e di tempo,e reintroduce il coro,ripreso dalla tragedia greca,in cui l’autore esprime un proprio giudizio.
La vicenda tragica è ambientata tra il 772 e il 774 nelle terre dei longobardi.
I personaggi e gli avvenimenti sono quasi tutti storici anche se a volte la verità dei fatti è alterata dall’autore.
La tragedia inizia con Desiderio,re dei Longobardi,che viene a conoscenza del fatto che sua figlia Ermengarda è stata ripudiata da Carlo Magno,re dei Franchi.
Adirato,Desiderio fa pressione sul Papa affinché vengano reintegrati nella linea di successione al trono franco i figli di Carlomanno,fratello di Carlo Magno,ma il Papa chiede aiuto a Carlo Magno,paladino della cristianità, per essere difeso dall’oppressione di Desiderio.
Carlo Magno marcia quindi sulle terre longobarde e sconfigge l’esercito longobardo guidato da Adelchi,figlio del re.
Intanto Ermengarda,che si è rifugiata nel convento della sorella Ansberga,viene raggiunta dalla notizia del secondo matrimonio di Carlo,ed essendo ancora innamorata del re dei Franchi,muore dopo uno struggente delirio.
Nella parte finale della tragedia Adelchi viene ferito a morte mentre sta difendendo dall’avanzata dei Franchi la città di Verona,e morente esorta il padre a non disperarsi e di abbandonare la vita pubblica.
I protagonisti indiscussi della tragedia sono Adelchi ed Ermengarda,i due fratelli che vivono combattuti tra desiderio e realtà.
Adelchi vorrebbe essere un paladino,un liberatore,e aspirare alla gloria,ma si ritrova ad essere figlio del re di un popolo barbaro,che è conosciuto solo per la sua feroce barbarie,Ermengarda è combattuta invece tra la passione ancora viva per Carlo ed una morale religiosa.
Altri personaggi sono Carlo e Desiderio,che sebbene siano contrapposti condividono l’autorità regale ed il linguaggio del potere.
Adelchi ed Ermengarda condividono una colpa,ovvero il provenire dal ‘popolo del sangue’,che sarà però espiata attraverso la morte dei protagonisti,la quale porterà anche alla loro salvezza,si dice per questo che in Manzoni vi è un ‘pessimismo cristiano’.

-La confessione di Adelchi ad Anfrido (pag.150)

Nel passo Adelchi confessa all’amico Anfrido il sogno irrealizzabile di giungere alla gloria e di farsi paladino delle giuste virtù.
Emerge qui,attraverso le parole di Adelchi,un popolo longobardo connotato come crudele,dedito alla violenza e al furto,il cui unico pregio è quello di essere un popolo numeroso.
I sogni di gloria e di giustizia del protagonista sono distrutti perché egli è costretto a compiere azioni dedite alla violenza,contrarie quindi alla sua volontà,a causa della popolazione a cui appartiene.
Anfrido risponde che non può far nulla per Adelchi, l’unico consiglio che può dargli è quello di soffrire ma di essere grande.
Appare qui evidente in Adelchi la scissione dell’io-mondo.

-Il coro dell’atto quarto (pag.160)

Il coro dell’atto quarto chiude il quarto atto dell’Adelchi,diviso in cinque atti.In questo passo Manzoni compiange la situazione terrena di Ermengarda,combattuta tra la fede religiosa e il passionale ma allo stesso tempo struggente amore per Carlo,e ne descrive la morte,avvenuta a Brescia nel convento della sorella Ansberga.All’inizio del coro viene presentata Ermengarda appena morta attorniata dalle suore che terminano il loro pianto funebre,un’Ermengarda che sul letto di morte avrebbe dovuto dimenticare i ricordi che le avevano causato una grande sofferenza,ma che invece affiorano anche nel termine della sua esistenza.Dopo la descrizione di Ermengarda morente si aprono infatti i suoi stessi ricordi,legati soprattutto alla parte della vita trascorsa in Francia nella corte di Carlo,quando ella era felice, non essendo ancora a conoscenza del fatto che sarebbe stata ripudiata.Nei ricordi di Ermengarda appare la concezione eroica che ella aveva del marito: pur avendo infatti Carlo ucciso un solo cinghiale,grazie ai pensieri della sposa,sembra aver compiuto una grande impresa eroica;appare anche la visione sensuale che Ermengarda aveva di Carlo,quando infatti egli si bagna nel fiume traspaiono le passioni terrene della donna.Dopo la descrizione del tempo trascorso in Francia si apre una similitudine che narra tempi più recenti,i tempi del chiostro.L’amore per Carlo è qui descritto come un sole cocente.Dopo la similitudine la narrazione ritorna sulla figura di Ermengarda che,in letto di morte,si è avvicinata all’amore divino,paragonato al sole calante che è in netta contrapposizione col sole cocente della similitudine.
Ermengarda dopo la morte, grazie alla sua situazione di vittima,ha trovato la grazia divina,pur appartenendo al popolo del sangue,ovvero il popolo longobardo.

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