martedì 21 febbraio 2012

L'ORATORIA E DEMOSTENE PARTE 1 (GRECO)

L’ORATORIA

La Grecia è la patria, oltre che della tragedia e della commedia, anche dell’oratoria e della retorica. La prima consiste nel pronunciare discorsi in pubblico con la finalità, generalmente, di convincere l’uditorio della propria idea e si distingue in oratoria giudiziaria, epidittica e politica.

La retorica, invece, altro non è che la “teoria” dell’oratoria, ovvero la codificazione delle regole da seguire per costruire un discorso efficace. Il primo retore ed oratore in Grecia fu Gorgia (V secolo a.C. Sicilia), che pronunciò discorsi sulla base delle indicazioni che lui stesso aveva dato.

I primi esempi di oratoria si ritrovano già nell’antichità, ad esempio delle opere omeriche, dove, durante le assemblee, chi prendeva la parola cercava di convincere il resto dell’assemblea della validità della sua causa ( si pensi a Nestore o ad Ulisse), attraverso il classico schema captatio benevolentiae- richiesta.

Nonostante il primo vero oratore fosse di origine siciliana, la vera patria dell’ oratoria fu Atene, dove c’erano diverse occasioni di dialogo pubblico (ad esempio le assemblee popolari o, tornando un po’ indietro, le tragedie, in cui due personaggi contrapponevano i loro agoni, diventando così oratori per un momento).

L’oratoria che più si sviluppò, in una prima fase, fu quella giudiziaria. Qui collochiamo Lisia, un logografo molto abile nello scrivere discorsi di difesa ( la sua caratteristica principale era la ηθοποια, ovvero la capacità di immedesimarsi nell’accusato e riprodurne le idee, il linguaggio, lo stato d’animo).

DEMOSTENE

CONTESTO STORICO

Siamo nel 404 a.C. dopo la fine della guerra del Peloponneso; Atene è sottomessa al governo oligarchico spartano che, a causa della sua incompetenza nel gestire i vasti territori ateniesi, ha vita breve.

Segue il breve periodo dell’occupazione militare Tebana, che termina con la battaglia di Mantinea (362 a.C.); a questo punto i Persiani, approfittando del momento di debolezza interna della Grecia, minacciano un nuovo attacco.

Il vero pericolo, tuttavia, non sono più i Persiani, ma Filippo, il re di Macedonia. Dopo essere stato chiamato in aiuto da una città dell’anfizionia per risolvere una disputa interna alla lega, egli, di diritto, entra a far parte del consiglio dell’anfizionia.

L’unica città che percepisce il reale pericolo dato da Filippo è Atene, che tenta di mettere in guardia le altre città greche, con scarsi risultati.

Si formano quindi due schieramenti: uno anti-Filippo, capeggiato dall’oratore ateniese Demostene, l’altro filo-Filippo, capeggiato da Isocrate ed Eschine, secondo cui il vero nemico erano ancora i Persiani e Filippo costituiva un importante mezzo di difesa e di unità per la Grecia.

Alla fine Demostene fallirà: egli infatti sosteneva ancora il particolarismo, il sistema di autogoverno delle polis greche, ormai divenuto fallimentare. Ciononostante bisogna riconoscere la validità oratoria di Demostene, che costituirà un modello per l’ oratoria latina.

VITA

Demostene nasce ad Atene all’inizio del IV secolo a.C. da una famiglia facoltosa, il cui patrimonio viene prosciugato dai precettori di Demostene e dei suoi fratelli in seguito alla morte del padre;

contro costoro il giovane oratore intenterà molte cause.

Pare che Demostene fosse gracile e balbuziente: egli riuscì a correggere la balbuzie (forse tenendo dei sassolini in bocca) e ad aumentare la sua capacità polmonare, per cui era richiesta una certa robustezza, esercitandosi davanti al mare in tempesta.

Egli ricevette in seguito importanti incarichi diplomatici.

Pag. 727 e seguenti:

Si tratta di due orazioni di età giovanile in cui Demostene avanza la sua proposta di investire il tesoro custodito ad Atene per armare la città, allo scopo di difendersi contro Filippo.

In esse emergono due tematiche che ritroveremo in tutta la produzione di Demostene:

- La necessità di combattere: c’è bisogno di un esercito cittadino (non costituito da mercenari , che costano e non sono affidabili) che difenda la città della minaccia macedone; non bisogna restare con le mani in mano, permettendo a Filippo di estendere il suo potere in Grecia, bisogna fare il necessario per fermarlo il più presto possibile.

- La necessità di arame un esercito cittadino con i soldi della città: Atene infatti, dopo la guerra, aveva vissuto un periodo di ripresa economica, durante il quale aveva costituito una nuova lega; tuttavia, a differenza della lega Delio- Attica, qui Atene aveva un ruolo meno egemone e le poleis aderenti alla lega erano libere di contribuire economicamente al sostegno di essa e di uscirne quando avessero voluto (Atene aveva quindi corretto le sue mire imperialistiche manifestate durante il periodo della lega Delio- Attica). Il tesoro della lega era sempre custodito ad Atene sotto forma di θεωρικον, ovvero come fondo per permette anche ai meno abbienti di andare a teatro. Tuttavia il teatro ha ormai perso la sua originaria importanza e Demostene, rendendosene conto, avanza due proposte per un migliore sfruttamento del tesoro: la prima proposta è quella di sfruttare TUTTO il tesoro per l’armamento della città; la seconda (quella che realmente Demostene voleva far approvare, sapendo che la prima proposta non avrebbe avuto successo) proponeva invece di preparare un certo numero di navi e di armare un certo numero di uomini, che dovevano fungere da “spauracchio” nel caso in cui Filippo si fosse nuovamente inserito in qualche contesa tra le polis greche.

INTEGRARE CON LA LETTURA PAG 18- 21 DEL LIBRETTO “In difesa della libertà”.

Pag 731 e seguenti (della letteratura): PRIMA FILIPPICA

Nell’esordio si fa riferimento alla modalità con cui si prendeva la parola durante le assemblee: se l’argomento trattato fosse stato nuovo Demostene avrebbe seguito la procedura usuale, ma poiché così non è, egli decide di prendere la parola per primo poiché chi dovrebbe parlare prima di lui non è stato in grado di consigliare rettamente la città.

Successivamente rivolge una serie di esortazioni e di rimproveri ai suoi concittadini: Atene è stata in grado di abbattere il governo dei 30 tiranni e di sconfiggere Sparta, un nemico potente. Pertanto non deve temere una sconfitta da parte di Filippo, se si fa CIO’ CHE SI DEVE FARE (ovvero mettere in comune le proprie risorse e arruolarsi, età e risorse permettendo).

Il problema degli ateniesi è la negligenza: non è che Filippo sia forte, è che ha trovato una situazione favorevole, resa possibile dall’inerzia di Atene, che gli ha permesso di aprirsi un varco nella conquista della Grecia.

Se anche Filippo morisse, Atene lascerebbe che un altro prendesse il suo posto, proprio perché alla città manca la volontà di difendere sé e la Grecia tutta.

A queste considerazioni segue l’esposizione di un concreto piano d’azione, in cui Demostene descrive chiaramente quanti uomini armare, quante navi preparare e secondo quale modalità (anche qui fa riferimento al fatto che l’esercito debba essere costituito in buona parte da cittadini ateniesi e non da mercenari).

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