mercoledì 29 febbraio 2012

TACITO- LE HISTORIAE

LE HISTORIE
Si tratta di un testo di carattere annalistico. A noi sono giunti 4 libri e parte del quinto (probabilmente circa un terzo del totale, si pensa infatti fossero 12). Le Historie raccontano gli anni più vicini a Tacito (il 69 e il 70 d. C., successivi alla morte di Nerone) ma sappiamo che l’intento era quello di arrivare fino ai suoi giorni (principato di Traiano).

L’OBIETTIVITA’ DELLO STORIOGRAFO (PAG. 415-417)
1. Inizierò la mia opera a partire dal consolato di Servio Galba per la seconda volta e di Tito Vinio. Infatti molti autori ricordarono gli ottocentoventi anni dell’epoca precedente dopo la fondazione di Roma, mentre le vicende del popolo romano venivano ricordate con eloquenza pari alla libertà di espressione: ma dopo che si combattè ad Azio (31 a. C.), e fu nell’interesse della pace conferire tutto il potere nelle mani di uno solo, quelle grandi menti si spensero; contemporaneamente la verità fu violata in molti modi, in primo luogo per l’ignoranza della vita pubblica come se fosse estranea, poi per il piacere di adulare o per l’odio contro colui che domina:così nessuno dei due ebbe la preoccupazione per i posteri, né gli ostili, né gli adulatori.
2. Facilmente si potrebbe distogliere l’adulazione degli scrittori, invece la denigrazione e l’invidia vengono accolte con orecchie aperte; la terribile accusa di asservimento è propria dell’adulazione, la falsa apparenza di libertà è propria della malignità.
3. Da me, Galba, Otone e Vitellio (imperatori 68 d.C.) non sono conosciuti né per beneficio né per ingiustizia. Non potrei negare che la mia carriera sia iniziata con Vespasiano, sia continuata sotto Tito e sia stata promossa sotto Domiziano: ma nessuno deve essere menzionato né con amore né con odio da coloro che professano una lealtà incorrotta.
4. E se la vita bastasse, in principato del divo nerva e l’impero di Traiano, che sono di argomento più ricco e più sicuro, ho riservato alla vecchiaia poiché è un periodo di raro benessere in cui è permesso pensare ciò che si vuole e dire ciò che si pensa.

COMMENTO
1. La libertà di espressione è venuta meno durante l’età imperiale; inoltre le “verità” che si diffondono sono diverse, fondamentalmente rispecchiate da due atteggiamenti diversi, che non sono utili agli autori per scrivere correttamente e obiettivamente: nessuno pensa ad una storiografia che sia utile!
2. I due atteggiamenti a cui Tacito si riferisce sono l’adulazione e l’odio. L’adulazione è il male minore nel senso che chi legge capisce facilmente un’opera di tipo adulatorio ma si è comunque più propensi a leggere scritti che esprimano odio verso il potente perché esso è una sensazione più condivisa da tutti. Queste opere però avevano solo la parvenza di esprimere libertà (sembra che si esprima vero e proprio odio ma in realtà non è così, altrimenti non sarebbero passate alla censura).
3. Vengono nominati tre dei quattro imperatori del 68 e poi i tre seguenti. Tacito non né parla né con amore né con odio: l’atteggiamento dell’obiettività lo accompagnerà per sempre.
4. Tacito non scriverà di questi imperatori perché non aveva più voluto farlo: si avrà un progressivo peggioramento infatti del suo pessimismo. Secondo l’autore nemmeno avendo imperatori positivi si può parlare di età felice e di benessere.

VITELLIO VISITA IL CAMPO DI BATTAGLIA DI BEDRIACUM (PAG. 422-423)
1. Da Pavia Vitellio si diresse a Cremona e dopo aver assistito allo spettacolo offerto da Cecina, desiderò soffermarsi sul campo di battaglia di Bedriacum ed esaminare con gli occhi ciò che rimaneva della recente battaglia. Era uno spettacolo cruento e atroce: nel quarantesimo giorno dopo la battaglia c’erano corpi lacerati, arti tranciati, sembianze putrefatte di uomini e cavalli, la terra sporca di sangue, une terribile desolazione a causa degli alberi e dei frutti schiacciati.
2. E non meno umano era l’aspetto della via che i cremonesi avevano coperto con alloro e rose, innalzati altari e sacrificate vittime secondo il costume regio; questi festeggiamenti sul momento portarono poco dopo a loro stessi la rovina.
3. Valente e Cecina erano presenti e mostravano i luoghi della battaglia: dicevano che da una parte la schiera dell’esercito aveva fatto irruzione, da una parte i cavalieri si erano levati a battaglia, dall’altre il braccio ausiliario dell’esercito era stato circondato; di già i tribuni ed i prefetti, ciascuno esaltando le proprie imprese, mischiavano il falso al vero o alle cose maggiori del vero. Anche la massa dei soldati deviava dal cammino con urla di gioia, riconosceva i luoghi della battaglia, guardava il mucchio di armi e cadaveri; e c’erano anche coloro ai quali la mutevole sorte, le lacrime e la misericordia si presentavano.
4. Ma Vitellio non distolse lo sguardo e non inorridì per le tante migliaia di cittadini insepolti: per giunta gioioso e ignaro della sorte tanto vicina, dava disposizioni per allestire sacrifici alle divinità del luogo.

COMMENTO
1. Vitellio è innanzitutto un imperatore soldato, è molto presente l’idea della violenza e della crudeltà. Nella battaglia appena svoltasi i generali romani erano l’uno contro l’altro ed i Cremonesi avevano parteggiato per Vitellio. Alla fine della battaglia non era probabilmente stato completato il lavoro di pulizia del campo oppure lo scempio era stato così grosso da poter essere pulito tutto.
2. Lo stacco al punto due del brano è molto brusco: dopo il desolato scenario del campo sono descritti oggettivamente i festeggiamenti per l’arrivo di Vitellio in città. In un certo senso si percepisce una certa disumanità in questi festeggiamenti: è brutto infatti festeggiare quando ci sono ancora vicino i resti del sanguinoso conflitto. Il “costume regio” che cita tacito fa sicuramente riferimento a pratiche e culti orientali mentre la “rovina” di cui parla alla fine del periodo fa riferimento ad una secondo battaglia successiva in cui Vitellio verrà sconfitto e la città di Cremona danneggiata.
3. Questo periodo può essere interpretato in due differenti modi: secondo il primo ci troviamo davanti ad un climax discendente ( generali, funzionari, esercito ed infine Vitellio per dare maggiore enfasi alla sua crudeltà ed al compiacimento per la strage, del tutto diverso dalla gioia e dalla commozione dei soldati); secondo un atro punto di vista “volgus” può essere inteso come il “popolo” della città di Cremona, in questo caso il riferimento al popolo funge da distacco ancora maggiore e più brusco prima del “ritorno” alla crudeltà di Vitellio nel periodo successivo.
4. Le due particelle “at non” ovvero “ma non” all’inizio del periodo rendono ancora più enfatico il distacco tra la descrizione precedente e quella dell’atteggiamento di Vitellio.

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