venerdì 18 novembre 2011

MANZONI-Il 5 maggio (ITALIANO)

Il cinque maggio (pag.136 vol.2 tomo 3)

Il cinque maggio è un’ode civile scritta nel luglio 1821 alla notizia della morte di Napoleone a Sant’Elena.
Le odi civili di Alessandro Manzoni nascono da determinati fatti storici e servono per incoraggiare un movimento,sostenerlo e propagandarne l’azione.
L’ode può essere suddivisa in quattro parti: il prologo formato da quattro strofe,la parte centrale divisibile in due parti di cinque strofe l’una,e la conclusione formata come il prologo da quattro strofe.
Nel prologo Manzoni afferma che egli in vita non lodò mai Napoleone quando si trovava all’apice della sua gloria e di non averlo mai oltraggiato quando si trovava in esilio,e descrive la reazione della popolazione europea,stordita dalla morte di un così grande uomo.
In questa prima parte dell’ode vi sono echi foscoliani espressi attraverso la funzione che l’ode stessa potrebbe avere,ovvero quella di non far morire Napoleone ma di farlo ricordare in eterno.
Nei versi che vanno dal 25 al 54 si parla delle gloriose vicende dell’imperatore;attraverso una serie di antitesi vengono presentate le campagne militari di Napoleone e si afferma che la gloria stessa dell’imperatore proviene dalla volontà di Dio (è proprio per volere divino che due volte cadde e due volte si rialzò).
L’età napoleonica fu a cavallo di due secoli,il 700 e l’800,e Napoleone nella sua figura di imperatore li sottomise e ne racchiuse i principali aspetti nella sua persona.
Nei versi che invece vanno dal 55 all’ 84 si parla di Napoleone in esilio,la cui inattività porta l’imperatore a pensare al tempo trascorso in guerra sui campi di battaglia..
Con l’esilio vi è il definitivo naufragio dell’ambizione napoleonica.
Nella conclusione vi è una visione cristiana della morte di Napoleone,la mano divina accompagna infatti l’imperatore sul letto di morte,mano che appartiene a un Dio giansenista simile quindi al Dio biblico.
Sul punto di morte la fede è riuscita,quindi, a piegare anche un uomo che non aveva mai creduto nel sacrificio di Cristo (emerge qui la concezione di Manzoni secondo cui tutto fa parte del progetto divino).
Lo stile dell’ode è molto ricercato,essa è infatti divisa in diciotto strofe di sei settenari ciascuna e l’ultima parola di ogni strofa rima con l’ultima di quella successiva.
L’ode è anche ricca di figure retoriche.

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