sabato 19 novembre 2011

MEDEA, EURIPIDE (GRECO)

Dialogo tra Creonte e Medea, pag 60, vv. 271 e seguenti.

Il dialogo che segue è una sorta di captatio benevolentiae che Medea rivolge a Creonte. La donna supplica il re di Corinto di non allontanarla da questa terra, ma Creonte è irremovibile: teme infatti una probabile vendetta di Medea che avrebbe colpito lui e la sua famiglia. E’ importante a questo punto (vv. 295-305) la riflessione sulla sapienza. L’ aggettivo sapiente assume qui una connotazione negativa; già nei versi precedenti Creonte aveva definito Medea “sapiente ed esperta di molti male” dando una sfumatura negativa alla sapienza di Medea, una sapienza in grado di danneggiare il prossimo.

Qui è Medea a riflettere sulla sapienza: essa porta secondo lei a due conseguenze negative, la fama di indolenza e l’ostilità di chi ritiene di essere più sapiente di noi. Lo stesso ruolo di sapiente è molto difficile da gestire: se ci si trova di fronte a un pubblico ignorante e si tenta di istruirlo “con nuove conoscenze” ( che potrebbero essere o la sofistica, ripresa dallo stesso Epicuro, o le arti oscure conosciute da Medea), il rischio è quello di apparire inutili e non saggi; se invece ci si trova di fronte a un pubblico di dotti, il rischio è quello di risultare importuni, fastidiosi di fronte a costoro. La stessa protagonista dice di condividere questa sorte: il suo bagaglio culturale differente da quello greco fa di lei una sapiente invisa e malvista dai concittadini.

Dopo un serrato botta e risposta tra i due personaggi, fatto di suppliche da parte di Medea e di risposte concise e frettolose da parte di Creonte, si arriva ad un compromesso: alla donna viene concesso di restare a Corinto un altro giorno, per poter meglio ragionare su dove dirigersi. Anche se la situazione sembra essere svantaggiosa per Medea, è lei stessa a svelare al coro che le cose non sono come sembrano: in questa giornata concessale potrà punire i responsabili del suo dolore, ovvero Giasone, Glauce e Creonte. La sua precedente arrendevolezza non era dunque sincera, ma finalizzata alla sua vendetta.

CREONTE: Dico che tu, Medea, con lo sguardo arcigno e irata contro il marito,

vada fuori da questa terra, esule,

con i due figli con te,

e senza esitare; poiché io sono arbitro di questa

decisione, e non ritornerò a casa

prima di averti espulsa dai confini di questa terra.

MEDEA: Ahimè: io misera sono completamente rovinata.

Gli oppositori allentano tutte le vele

e non c’è una facile via d’uscita dalla sciagura.

Anche se soffro ti farò tuttavia una richiesta:

perché mi cacci da questa terra, oh Creonte?

C: Temo che tu- non bisogna mascherare le parole-

Possa fare a mia figlia un qualche male irrimediabile.

Convergono molte ragioni su questo timore:

sei per natura sapiente ed esperta di molti mali,

soffri, privata dell’unione con il tuo uomo.

Sento dire- come mi riferiscono- che minacci

Di fare qualcosa alla sposa, a chi la concede

e a chi la prende. Allora mi difenderò prima di subire questo.

Per me è preferibile esserti odioso adesso, oh donna,

che lasciarmi intenerire e piangere poi amaramente.

M: Ahimè! Non ora per la prima volta, ma spesso, Creonte,

la mia reputazione mmi ha danneggiata e mi ha causato grosse sciagure.

E’ necessario che un uomo assennato non faccia istruire

I figli troppo sapienti:

oltre alla fama di indolenza che hanno,

si guadagnano la malevola invidia da parte dei concittadini.

Infatti portando agli schiocchi nuove conoscenze sembrerà

Che tu sia per natura inutile e non sapiente;

mentre a tua volta, essendo tu ritenuto superiore a coloro che credono di sapere

qualcosa di complesso, apparirai in città importuno.

Io stessa condivido questo destino.

Infatti, essendo sapiente, sono malvista

Da alcuni, per altri ostile; però non sono TROPPO sapiente.

Tu mi temi: temi di subire qualcosa di cattivo ;

non sono in condizione tale da fare del male

ai tiranni –Creonte non tremare di fronte a me.

Mi hai forse fatto qualcosa di male? Hai dato tua figlia

A colui a cui il cuore ti spingeva, ma odio mio marito;

lo so, hai agito come una persona saggia.

Ora non invidio il fatto che a te le cose vadano bene:

celebrate il matrimonio, siate felici, concedetemi di abitare

in questa terra. E infatti starò zitta

pur avendo subito ingiustizia, essendo vinta dai più forti.

C: Dici cose gradevoli da sentire, ma temo che

Nell’animo tu progetti un qualche male,

mi fido di te tanto meno di prima;

infatti una donna irascibile, allo stesso modo di un uomo,

è più facile da controllare di un sapiente silenzioso.

Ma vattene via al più presto, non parlare oltre;

poiché questa decisione è fissata, non hai modo di rimanere tra noi, essendomi nemica.

M: No, per le ginocchia e per la fanciulla dalle nuove nozze !

C: Sprechi parole, infatti non potresti mai persuadermi.

M: Allora mi allontanerai e non rispetterai le suppliche.

C: Non ti amo infatti più della mia casa.

M: Oh patria, che forte ricordo ho ora di te!

C: A parte i figli, è la cosa a me più cara.

M: Ahimè, che grande male sono gli affetti per i mortali!

C: Quando, credo, si affiancano anche le circostanze.

M: Zeus, non ti sfugga colui il quale è responsabile di questi mali!

C: Vai via stolta, liberami da queste sofferenze.

M: Io soffro, e non ho bisogno di altre sofferenze.

C: Sarai portata via velocemente con la forza, per mano delle guardie.

M: Non fare ciò, ma ti supplico Creonte….

C: Mi dai fastidio, donna, come sembra.

M: Andrò in esilio, non ti ho supplicato per ottenere questo.

C: Perché allora ti opponi a forza e non te ne vai da questa terra?

M: Lasciami rimanere questo solo giorno

E terminare la riflessione su dove andrò in esilio ,

e (pensare) ai mezzi per i miei figli, poiché il padre

non pensa a trovare risorse per i figli.

Abbi compassione di loro; anche tu sei padre,

è naturale che tu sia benevolo verso di loro.

Di me non mi preoccupo, se andrò in esilio,

ma piango per loro, colpiti dalla sventura.

C: La mia volontà non è quella di un tiranno,

ma spesso mi sono danneggiato per compassione;

anche ora vedo che sto sbagliando, donna,

tuttavia otterrai ciò: ma ti avverto,

se la luce seguente del dio (=domani)vedrà te

e i tuoi figli dentro i confini di questa terra,

morirai; queste parole sono state dette sinceramente.

Ora, se devi restare, resta per un solo giorno;

infatti non farai una delle cose terribili di cui ho paura.

CORO: Povera te, infelice per i tuoi dolori!

Dove mai andrai? Verso quale ospitalità,

o casa o terra salvezza dai mali?

Medea, il dio ti ha mandata verso

Una tempesta di mali senza fine.

M: La situazione è negativa sotto ogni aspetto: chi dirà il contrario?

Ma le cose non stanno così, non crediate.

Ci sono ancora delle sfide per i novelli sposi

E (ci sono ancora) non piccole sofferenze per i genitori.

Vi sembra infatti che io abbia lusingato costui

Se non per ottenere qualcosa o per tramare?

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