martedì 15 novembre 2011

SCHELLING (FILOSOFIA)

VITA
Schelling nacque vicino a Stoccarda nel 1775 da una famiglia molto colta. Studiò nel seminario teologico di Tubinga dove conobbe Hegel e Holderlin. Dopo la laurea in teologia, cominciò a occuparsi di filosofia.

IL PERIODO DELLA FILOSOFIA DELLA NATURA(1797-1800)  (pag. 513-514)
La speculazione attorno alla natura da parte di Schelling si fonda soprattutto sullo studio delle scienze più avanzate del periodo nel quale egli visse. La scienza mostra che la natura non è pura passività, non è puro meccanismo ma attività. Ciò che la scienza mostra è inoltre in linea con i principi filosofici: infatti, pensa Schelling, Fichte commette un grave errore nel ritenere che la natura (NON IO) sia pura passività. Il NON IO, infatti, in quanto prodotto dall’ IO, dovrebbe possedere le stesse attività che caratterizzano l’IO, ovvero le attività del porre e dell’opporre. Fichte non riconosce quella che è la componente attiva della natura e quindi la svaluta. Ecco perché si pensa a Schelling come il promotore di un idealismo oggettivo e non soggettivo come quello fichtiano: Schelling, infatti, rivaluta e recupera la dimensione oggettiva che sarebbe invece andata perduta con Fichte che la identificava con la pura passività, svalutandola.
La natura, secondo Schelling, può essere divisa in tre livelli, in ognuno dei quali si riconosce una polarità, un’interazione di forze:
- LIVELLO DELLA FISICA: ha come oggetto la realtà inorganica caratterizzata dall’opposizione di forze attrattive e repulsive (attraz. gravitazionale).
- LIVELLO DELLA CHIMICA: l’interazione tra gli elementi, dà vita a nuove sostanze, a una trasformazione di elementi precedenti. (elettricità, magnetismo, luce)
-LIVELLO DEGLI ORGANISMI: a questo livello comincia a esserci una prima forma di riflessione della natura su di sé, una forma quindi di autocoscienza che si sviluppa poi compiutamente nell’uomo. Negli organismi si coglie una polarità di forze, un’interazione tra attività ideale(superamento dell’opposizione e creazione di nuove condizioni di vita) e attività reale(legata alla limitazione). L’attività ideale, caratterizzata dal superamento della scissione, è un movimento  interno della natura, non prodotto da altro. Perciò nella natura è possibile parlare di finalismo. Diversamente da Kant, Schelling ritiene che il finalismo sia un qualcosa che ci mostra la stessa scienza, ritiene che sia un dato empirico non solo un’esigenza del soggetto come pensava Kant.
IDEALISMO TRASCENDENTALE (pag. da 514 a 516)
Problema: come, partendo dall’io, si giunge a fondare l’intera esperienza umana (attività teoretica, pratica ed estetica).
a)      Il punto di partenza è l’INTUIZIONE INTELLETTUALE che ha come oggetto l’autoporsi dell’IO, l’autocoscienza dello stesso, visto come sintesi di attività reale e ideale e non solo come pura soggettività, come invece pensava Fichte. L’intuizione intellettuale è comunque vuota, ideale, frutto di un’esigenza.
b)      Il secondo punto è l’ATTIVITA’ TEORETICA che si sviluppa attraverso gradi diversi:
      -intuizione sensibile
      -riflessione
      -volontà(l’IO pone sé e pone interamente il NON IO e vede nel NON IO la posizione di sé)
          
c)      La volontà permette il passaggio dall’attività teoretica all’ATTIVITA’ PRATICA suddivisa in:
      -diritto
      -morale 
      -storia= componente conscia: interazione delle singole libertà degli uomini
                 = componente inconscia: destino/provvidenza che attraverso le libertà dell’uomo        
                    realizza un progetto più ambizioso
La dimensione prevalentemente conscia della storia e quella prevalentemente inconscia della natura che non è integrata nella storia ma la limita dall’esterno, dà vita alla RIFLESSIONE ESTETICA. Nell’intuizione estetica cogliamo l’assoluto che è indifferenza (nel senso di non differenza), identità di soggetto e oggetto. L’estetica ci permette di passare dalla dimensione finita alla dimensione infinita.
FILOSOFIA DELL’IDENTITA’ (pag.529 testo nr.85)
Obiettivo: costruire in modo sistematico la realtà, partendo dal vertice, dal principio. Secondo Schiller, il principio, l’assoluto non è solo sostanza ma identità di soggetto e oggetto. La ragione, oltre ad essere la facoltà dell’incondizionato, è anche il nome dello stesso principio. Schelling ritorna alla verità del pensiero classico tradizionale, vuole una filosofia che si confronti con il problema dell’archè. La filosofia, per Schelling, deve guardare le cose dal punto di vista dell’assoluto che non è il punto di vista su ciò che appare ma comprende la totalità della realtà.
La ragione è la totalità e nulla sussiste al di fuori di questa: se c’è un principio primo, tutto ciò che si distingue da esso  non può che derivarvi.
Problema: che rapporto c’è la la ragione e la dimensione del finito? Due sono le ipotesi a riguardo:
1.      ESSERE-APPARIRE à Ciò che esiste davvero è l assoluto; il fenomeno è il manifestarsi parziale dell’assoluto.
2.      CADUTA-DISTACCO à C’è una caduta, una colpa per cui le cose finite si separano dall’assoluto. Le cose finite non sono però indipendenti dall’assoluto: c’è si un distacco ma sempre ricompreso nell’ambito dell’assoluto stesso.

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