martedì 6 marzo 2012

LA COMMEDIA (GRECO)

Il Teatro Comico

Come la tragedia, anche la commedia è un fenomeno ateniese che poi si diffuse nel resto della Grecia e nelle colonie magnogreche. Proprio come accadeva con la tragedia inoltre, anche la commedia sottostava ad una giuria ed era strettamente legata alle vicende della polis: il committente, il finanziatore ed il destinatario erano sempre la città. La commedia presenta dunque una forte coloritura politica, nell'accezione più ampia che ha questo aggettivo, e la sua struttura è molto simile a quella della tragedia, in quanto composta da prologo, parodo, agone, parabasi ed esodo. Tuttavia mentre lo scopo della tragedia era quello di dare degli spunti di riflessione su questioni importanti (religione, libertà, democrazia, umanità), la commedia aveva invece come scopo quello di suscitare il riso (e non il pianto) come strumento di sfogo. Essa trasse origine dai canti intonati nel corso delle falloforie, ma non sappiamo cosa significa il nome kwmwdia: probabilmente deriva dal vocabolo kwmos, che sta ad indicare un canto scherzoso di origine agreste. Soltanto di Aristofane e del più tardo Menandro ci è pervenuta una parte integra dell'opera: di tutti gli altri numerosi commediografi sono sopravvissuti pochi e scarni frammenti. Si possono distinguere tre fasi o periodi nella lunga evoluzione di questo genere letterario: una Commedia antica (arcaia), una Commedia di mezzo (mesh) e una Commedia nuova (nea). A differenza della tragedia, che si estinse con la fine della polis, la commedia dimostrò maggiore vitalità, arrivando fino a Roma.

Aristofane

Il teatro fu in Grecia un evento culturale dalla forte valenza politica, in quanto prodotto peculiare della polis, che di esso era sostanzialmente produttrice, fruitrice e (soprattutto per il teatro comico) ispiratrice. La commedia infatti trovava spunto nei personaggi reali e nei fatti della vita quotidiana politica e culturale di Atene. Un esempio che ci fa comprendere l'importanza della commedia è il fatto che lo stesso Aristofane venne accusato di avere diffamato la città di Atene alla presenza di stranieri. Con Aristofane infatti la scena si trasforma in una tribuna dalla quale egli accusa apertamente di stupidità tutti gli spettatori: questi atteggiamenti erano resi possibili da quel particolare momento dello spettacolo costituito dalla parabasi. Il mondo di valori di Aristofane sembra vicino a quello dei piccoli proprietari terrieri, nocciolo duro della polis ateniese. Il suo eroe comico tipico è anziano, legato alla terra, di cultura approssimativa ma intelligente, spregiudicato e intraprendente. Fra lui e il "nuovo", cioè la cultura critica dei sofisti, si creano difficili rapporti, ovviamente ricreati in chiave comica.

Acarnesi: Nel 425 andarono in scena gli Acarnesi. Ad Acarne, grosso borgo presso Atene politicamente agli antipodi delle posizioni conservatrici e filospartane, il carbonaio Diceopoli ("Cittadino Giusto"), esasperato dalla guerra, decide di stipulare personalmente una tregua con gli Spartani. Nonostante la rabbiosa reazione dei suoi compaesani, che vorrebbero condannarlo per tradimento, riesce ad attuare il progetto, e così la sua casa diventa un porto franco dove chiunque può commerciare con lui. Rifornitosi di tutte le prelibatezze possibili, Diceopoli si appresta a celebrare con sfrenata allegria la festa dei Boccali. Lo rimprovera apertamente di vigliaccheria e pusillanimità Lamaco, stratego della guerra in corso, chiamato intanto ad una estenuante missione militare. Ma il carbonaio non se ne dà per inteso, e mentre quello ritorna, ferito e dolorante, dalla sua impresa, egli si avvia al ricco banchetto fra l'esultanza del coro. Le sofferenze della guerra, esaltate particolarmente dall'autore, scuotono il pubblico, che vede denunciata dall'eroe comico l'assurdità di una politica che rende la vita impossibile ai cittadini. Durante la commedia Aristofane sfrutta ogni occasione possibile per prendere di mira le personalità più in vista di Atene: soprattutto Cleone, il principale politico nell'Atene del tempo, diviene il nemico principale di Aristofane, ricevendo particolari critiche per il suo atteggiamento guerrafondaio. La commedia ha un tono pacifista e molte delle battute rivolte al pubblico nella parabasi, sono in realtà indirizzate proprio all'uomo politico.

Cavalieri: Le critiche di Aristofane alla democrazia ateniese, in nome di una democrazia reale e non fittizia, toccano il culmine nei Cavalieri, commedia rappresentata nel 424. Il demagogo Cleone è qui rappresentato nelle sembianze di Paflagone, intraprendente schiavo di un vecchio e rimbambito Demo (il Popolo), che egli ha completamente asservito a sé con miserabili raggiri. Un oracolo dà un soccorso insperato ai due fedeli servi del vecchio (sotto i panni dei quali si nasconderebbero Nicia e Demostene), rivelando che Paflagone sarà estromesso da un Salsicciaio, figuro lercio e abietto quant'altri mai. Individuato lo squallido individuo, i due servi lo convincono a sfidare in un duello di bassezze Paflagone, assicurandogli l'aiuto dei cavalieri. Lo scontro, condotto senza esclusione di colpi, vede infine il Salsicciaio prevalere in ribalderia e cialtroneria sull'avversario, che viene cacciato dalla casa di Demo. Nella scena finale quest'ultimo ritorna miracolosamente giovane ad opera del Salsicciaio che lo sottopone ad una magica bollitura, e come nuovo signore lo accoglie gioiosamente il Coro. La classe sociale dei Cavalieri era decisamente ostile a Cleone (sostenuto invece dagli strati più bassi della popolazione): questo spiega perché il coro che sostiene il salsicciaio sia costituito appunto da cavalieri. L'opera in effetti rappresenta un attacco fortemente critico nei confronti di Cleone, l’uomo politico maggiormente in vista di quel periodo. L’intera trama si configura infatti come metafora di quella che, secondo l’autore, era la situazione politica ateniese di quei tempi.

Nuvole: Le Nuvole risalgono all'anno successivo, il 423 a.C. Il vecchio Strepsiade ha la sua croce nel giovane figlio Fidippide, che una sfrenata passione per i cavalli rende assiduo scialacquatore del patrimonio paterno. Non sapendo come fronteggiare i creditori, il genitore pensa di ricorrere all'aiuto di Socrate, che nel suo Pensatoio tiene lezioni su argomenti insensati insieme ad uno scalcinato drappello di discepoli. Dal filosofo il vecchio ritiene di potere imparare il sistema per non pagare i debiti. Non riuscendo però ad apprendere nulla per la pochezza del proprio intelletto, Strepsiade obbliga il figlio ad andare lui a scuola da Socrate, e così avviene. Filippide, appreso le arti del Discorso Ingiusto, riesce nel truffaldino intento del padre, ed i creditori vengono cacciati via. Ma l'allegria del genitore per l'effimero successo dura poco: venuto a diverbio con il figlio per futili motivi, ne riceve una solenne bastonatura ed una dimostrazione ineccepibile del diritto di quello a picchiare il padre. Pentitosi dell'errore commesso mandando il figlio a quella scuola di perversione, Strepsiade dà allora fuoco al Pensatoio. Questa è certamente l'opera più famosa del grande commediografo, che qui ha messo in scena il filosofo Socrate in persona (da questa commedia presero forse spunto gli accusatori di Socrate quando, nel 399, gli intentarono il processo che si concluse con la morte del filosofo). La commedia tuttavia non ebbe affatto successo e Aristofane non se ne seppe dare pace. Compose infatti una seconda versione delle Nuvole, quella che ci è pervenuta, e che tuttavia non fu mai rappresentata.

Vespe: Nel 422 andò in scena un'altra sua nota commedia, le Vespe, che, come la precedente, non ottenne molto successo. Il tema principale è la critica al degenerato sistema giudiziario della città (i membri del tribunale popolare ricevevano infatti un compenso di tre oboli al giorno). Il giovane Bdelicleone ("Colui che ha schifo di Cleone") tenta, senza successo, di guarire il vecchio padre Filocleone ("Colui che ama Cleone") dall'insana passione per i processi che da tempo lo domina. Egli giunge anche a dimostrare la sottile rete di ricatti morali nella quale i governanti della città avviluppano i giudici, che scioccamente si ritengono protagonisti del sistema giudiziario, ma sono solo dei burattini nelle esperte mani di quelli. Visto fallire il suo tentativo, decide allora di allestire al genitore un tribunale fra le pareti di casa, e lì si svolge una parodia di processo contro un cane, accusato del furto di un formaggio. La conclusione della commedia, all'insegna della più sfrenata allegria, vede la metamorfosi dell'arcigno giudice in scatenato e chiassoso libertino. In questa commedia dunque Aristofane attacca direttamente l'uso perverso del sistema giuridico ateniese da parte dei demagoghi (Cleone aveva recentemente aumentato il salario dei giudici popolari), e mette in luce quanto i giudici popolari siano strumentalizzati a poco prezzo da chi nel proprio interesse muove dietro le quinte cause pretestuose.

Lisistrata: Esasperata dall'interminabile guerra che travaglia la sua patria, l'ateniese Lisistrata ("Colei che scioglie gli eserciti") convince le donne delle altre città a unirsi a lei in una singolare protesta, che le vedrà tutte negarsi ai mariti finché costoro non avranno ristabilito la pace. Le più anziane, invece, provvederanno ad occupare l'Acropoli e ad impadronirsi del tesoro della Lega. Lo sciopero sessuale ha successo, nonostante le difficoltà di Lisistrata nel tenere compatto il fronte, e finalmente gli uomini capitolano. Davanti alle delegazioni di entrambi i contendenti la promotrice della protesta riesce a strappare la sospirata pace, che viene solennemente stipulata con gioia di tutti. Il ruolo della donna è dunque il tema centrale di questa commedia, che ha come protagonista una donna agli antipodi del modello euripideo, tutta rivolta verso gli interessi della comunità, che per spezzare la spirale di una guerra ormai senza fine propone e realizza lo "sciopero sessuale" delle mogli di tutta la Grecia, affinché gli uomini smettano di uccidersi tra loro.

Tesmoforiazuse: Questa commedia andò in scena nel 411 a.C. In essa (il cui titolo viene reso in italiano anche con La festa delle donne) Aristofane torna alla satira verso Euripide, accusato di essere materialista ed ateo e di odiare le donne (nella tragedia euripidea inoltre il centro dell'attenzione è distratto dai problemi della convivenza politica e spostato verso la psicologia individuale e le vicende private). Indispettite dai pessimi connotati con cui Euripide le dipinge nelle sue tragedie, le donne hanno deciso di approfittare della festa delle Tesmoforie per processare il drammaturgo. Questi trova l'unico aiuto in un Parente, che viene da lui convinto a travestirsi da donna per intrufolarsi fra le partecipanti alla festa e lì tentare di soccorrerlo. Così avviene, ma l'intruso si fa ben presto smascherare e, arrestato, viene tenuto sotto stretta sorveglianza. Euripide tenta in tutti i modi di liberare il Parente, parodiando numerose scene di sue tragedie, ma inutilmente. Il drammaturgo scende così a patti con le donne, promettendo loro di non offenderle più nei suoi drammi. Con un piccante sotterfugio anche il Parente verrà infine liberato. L’opera si inserisce nel solco delle commedie di Aristofane che hanno per protagoniste le donne. La trama è basata sulla parodia letteraria (una serie di scene parodiano numerose tragedie di Euripide): si tratta insomma di un primo esempio di metateatro, ossia di teatro nel teatro, in cui i continui travestimenti dei protagonisti danno vita ad un esempio di commedia degli equivoci. Euripide è un bersaglio consueto per Aristofane, che lo prende di mira anche negli Acarnesi e nelle Rane. Si tratta però di un atteggiamento ambiguo, in quanto Aristofane certamente critica il grande poeta, ma al tempo stesso non può non riconoscerne la grandezza, rivelando così un rapporto di amore-odio.

Rane: Questa commedia venne rappresentata nel 405 a.C. (dopo la morte di Euripide), periodo in cui gli odi di parte, le vendette politiche ed i rancori erano esacerbati al massimo, al punto da determinare l'incredibile eliminazione di otto dei dieci comandanti vincitori della battaglia navale delle Arginuse (406 a.C.), condannati a morte al loro rientro in Atene per non aver soccorso gli equipaggi di alcune navi andate a picco durante una tempesta levatasi subito dopo la battaglia. L'opera ottenne il primo premio, ed il successo fu tale che se ne decretò una seconda rappresentazione. La morte di Euripide ha messo in crisi il dio Dioniso, suo appassionato ammiratore, che decide di travestirsi da Eracle e di scendere nell'Ade per riportarlo in vita. Dopo varie disavventure Dioniso ed il fido servo Xantia giungono finalmente alla meta, ma trovano che è in corso un furibondo litigio fra Eschilo, già detentore del trono dell'arte tragica, ed il nuovo arrivato Euripide, che vorrebbe prenderne il posto. Plutone approfitta della presenza del dio della tragedia per nominarlo giudice della contesa, e così i due drammaturghi iniziano il proprio duello, nel quale ciascuno cerca di screditare l'arte del rivale. Dioniso parteggia sfacciatamente per Euripide, ma quando, dopo una serie di risultati non decisivi sul piano dell'abilità formale e lessicale, si giunge alla valutazione dell'impegno politico dei drammi, Eschilo acquista un deciso vantaggio, e così Dioniso fa cadere la propria scelta sul poeta di Eleusi e lo riporta sulla terra affinché continui ad ammaestrare gli Ateniesi ai più alti valori civili.

Ecclesiazuse: Nel 392, quando Atene cercava di riprendere la vecchia politica antispartana e di riguadagnare le posizioni perdute dopo l'enorme batosta subita, Aristofane rappresentò le Ecclesiazuse. Constatato il progressivo degenerare della situazione politica ateniese, le donne decidono di sostituirsi agli uomini nella gestione del potere con un incruento colpo di stato. Guida l'azione Prassagora ("Colei che indice l'assemblea"), che riesce perfettamente nel proprio intento grazie soprattutto all'inettitudine degli uomini. La nuova costituzione si fonda su un elementare principio improntato al più schietto comunismo: tutto dovrà essere di tutti, dal denaro alla terra, alle donne, ai figli. L'adesione dei cittadini alla nuova legislazione non è unanime: alcuni si adeguano immediatamente portando i propri beni all'ammasso, altri eludono le direttive ed attendono lo sviluppo degli eventi. Una norma in materia sessuale, creata con fine egualitario per evitare discriminazioni fra donne belle e brutte, provoca seri problemi: essendo prescritto che nessuno possa unirsi ad una ragazza se prima non avrà offerto i propri favori amorosi anche ad una donna vecchia e brutta, un giovane diviene oggetto delle vogliose attenzioni di tre megere, l'una più decrepita e repellente dell'altra, che esigono da lui l'applicazione della legge prima che egli vada all'appuntamento con la sua fidanzata. Un festoso banchetto comune conclude la commedia. La realizzazione di un’utopia porta a rilevanti modifiche in tutta la società, modifiche che possono essere positive o negative, a seconda dei casi. In quest’opera le donne impongono ad Atene una sorta di comunismo integrale, i cui effetti però (almeno dal punto di vista sessuale) assumono i contorni dell’incubo.

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