giovedì 29 marzo 2012

LATINO- TARDO IMPERO, APULEIO, STORIOGRAFIA DEL II SECOLO

IL TARDO IMPERO

L’età del tardo impero fu un’età felice; gli imperatori furono Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio (fine II sec.). Essi furono elettivi; non presero quindi il potere per dinastia ma attraverso le elezioni. Fu un ampio periodo di pace e sviluppo interno; molte furono le innovazioni nell’attività agricola. Inoltre venne dato un forte impulso alla cultura: si formò un ceto di funzionari imperiali per poter controllare il sempre più ampio e difficile dominio di Roma (erano infatti molte le pressioni barbariche soprattutto a Nordest dell’impero). La scuola pubblica nacque con l’intento di formare quindi la classe dirigente ed ebbe l’importante funzione di conservare e trasmettere la cultura del passato. Vennero fatte numerose sintesi di opere passate per esempio l’”Ab Urbe condita” di Livio che era un volume in origine troppo grande. Di questa sintesi e di quella dell’opera di Svetonio se ne occupo Eutropio: le due sintesi abbracciavano infine tutta la storia di Roma nella sua completezza. Eutropio ha uno stile elementare, piano e lineare, racconta i fatti in ordine cronologico. Queste trascrizioni sintetiche diedero notevole fama ai loro autori ma furono la causa della perdita di buona parte dell’opera di Livio, poiché ne circolava solo il riassunto. Anche l’opera di Virgilio venne sintetizzata ed arricchita dai commenti ai testi che la rendevano agevole come libro di testo scolastico. La cultura di base negli autori era presente ma non era molto elevata a livello creativo, l’unico autore originale di questo periodo fu Apuleio. In questo periodo di sviluppò inoltre la seconda sofistica, un nuovo movimento filosofico letterario. Né facevano parte gli uomini con una cultura enciclopedica che si spostavano nei vari territori dell’impero per tenere conferenze e lezioni, trattando argomenti diversi secondo autori diversi: si parlava di tematiche filosofiche precedenti oppure dei valori del passato oppure di temi insignificanti che consentivano però ai sofisti di esprimere e mostrare le loro abilità letterarie (un esempio ne è “L’elogio del dentifricio”.

APULEIO

Egli visse dal 125 al 170-177 d.C.. Era algerino ed appartenente ad una famiglia ricca di ceto elevato. Ebbe una formazione giuridica che completò con gli studi filosofici. Andò ad Atene e a Roma per esercitare gli studi e partecipare a conferenze. A tripoli conobbe una ricca vedova che gli diede una buona sicurezza economica; i parenti di questa l’avevano accusato di averla sedotta con la magia ma egli si difese con una vera e propria apologia. Ci troviamo in un periodo strano: la religione ufficiale è ancora il paganesimo ma esso risente degli influssi delle religioni orientali e del cristianesimo; si va infatti alla ricerca di un rapporto personale con la divinità facendo commistione di superstizioni, magia e religione tradizionale o straniera. In quest’epoca si faceva riferimento a diverse forme di spiritualità e così anche la cultura di Apuleio prendeva spunto da molti influssi diversi (classici, algerini ecc..). L’opera che scrisse è “Metamorfosi” o “Asino d’oro”; la storia parla di un uomo trasformato in asino e del suo ritorno alla forma originaria umana. C’è una questione aperta a proposito dell’opera: secondo alcuni la fonte del libro è l’opera di un certo Lucio di Patre, un greco di cui però non abbiamo alcuna testimonianza, la sua opera è andata persa ma sembra che Luciano, autore greco del II sec. d.C., l’abbia citata nella riscrittura di un romanzo con il titolo “Asino” o “Lucio”. Sia Luciano che Lucio scrivono però opere popolari, ricche di vicende strabilianti e licenziose, con lo scopo di divertire i lettori. L’opera di Apuleio, al contrario è molto più complessa, anche se prende spunto dalle precedenti soprattutto per quanto riguarda gli aspetti erotici iniziali; nel corso del racconto però, cambierà totalmente registro (cerca all’inizio di illudere il lettore che sia un romanzo popolare, ma in realtà non lo è).

PROEMIO (pag. 503)

Apuleio è un magrebino formato alla cultura greca (nel nord africa si era diffusa la cultura ellenistica) e imparò il latino a Roma. Gli argomenti erano spesso a carattere licenzioso, ripresi dalla Fabula Milesia, e si cercava un rapporto diretto con il lettore. Apuleio dichiara che la fonte del racconto è greca e lo scopo sarà il divertire. Il tema conduttore dell’opera è quello della “curiositas”: il protagonista è trasformato in asino perché aveva partecipato con curiosità ad un rituale, in occasione del quale si sarebbe trasformato in uccello. Mosso dalla curiosità partecipa al rito magico ma la serva, aiutante della maga, sbaglia la pozione per Lucio che si trasforma in asino. La causa della metamorfosi è l’eccessiva curiosità di scoprire questi culti magici e solo le successive peripezie narrate lo riporteranno alla sua condizione originaria. Infine, solo mangiando le rose sacre a Iside egli potrà riacquistare le sue originarie sembianze umane. Il protagonista nel corso della storia va quindi alla ricerca della salvezza. Iside è simbolo di una religione positiva e il messaggio che l’autore vuole passare è questo: è giusto essere curiosi ma solo verso quello permette una vera prospettiva per il futuro; infatti Lucio piano piano va alla ricerca di ciò. Il brano va quindi letto in chiave realistica ma anche in chiave allegorica (elemento che manca nel racconto di Luciano). Le vicende, così come lo stile sono fantasmagorici e originali (ricordano quelli di Petronio) Il linguaggio è vario: sia dialogato che aulico. Si tende poi ad avvicinare Apuleio più a Petronio che a Luciano (da quest’ultimo infatti riprende solo il tema edonistico).

LA TRAMA (pag. 507)

LUCIO TRASFORMATO IN ASINO (pag. 511) + PALESTRA SBAGLIA UNGUENTO- Luciano

AMORE E PSICHE: LA RIVELAZIONE NOTTURNA (pag. 514)

AMORE E PSICHE: LA FUGA D’AMORE (pag. 521)

Ma Psiche, afferrata subito con entrambe le mani la gamba destra di lui che si stava alzando in volo, misera appendice del suo volo verso l’alto e ultima inseguitrice del pendente corteo attraverso le distese di nuvole, infine cade stanca a terra. Il dio innamorato, non abbandonando lei che giaceva a terra volò sul più vicino cipresso e, dalla sua alta cima le disse, turbato profondamente: “Io certamente, o troppo ingenua Psiche, immemore degli insegnamenti di mia madre Venere, che aveva ordinato che tu fossi unita in matrimonio ignobile incatenata dall’amore di un uomo misero e ultimo, io invece sono venuto a te in volo piuttosto come amante. Ma ho fatto ciò con leggerezza, lo so, ed io, il famosissimo arciere, mi ferii da me con la mia freccia (si è innamorato!!!!!)e ti ho reso mia sposa affinchè evidentemente ti sembrassi una bestia e affinchè tu colpissi con l’arma la mia testa, che porta questi occhi che amano. Io ripetutamente ti esortavo a fare attenzione a queste cose e te lo ribadivo in modo benevolo (le proposizioni finali sono ironiche!). Ma quelle tue egregie consigliere (le sue sorelle!!) pagheranno subito a me la pena per l’insegnamento così pericoloso (consiglio dato a Psiche dalle sorelle ovvero guardare Eros!!!), e invece io punirò te soltanto (questo termine è ironico! La punizione è infatti gravissima sia per lui che per la ragazza!) con la mia fuga”. Ed alla fine del discorso si levò in alto con le ali.

L’ULTIMA PAROLA DI PSICHE (pag. 531)

L’EPIFANIA DELLA DEA ISIDE (pag. 523)

Iside è la fusione di diverse divinità, anche greche ( per esempio la Luna è la manifestazione della dea Artemide) e a seconda dei popoli ha manifestazioni diverse. Ella ha un contatto diretto con l’uomo e per questo è ripresa nel cristianesimo nel culto della Madonna. Vi sono nel brano dei rimandi all’Egitto ed il testo è suddivisibile in due parti: la prima dove è descritta l’epifania cioè l’arrivo della dea, la seconda in cui è riportato il discorso della dea stessa. Alla fine della vicenda si parla di una “nuova curiosità” che farà il bene di Lucio. La sua metamorfosi l’aveva inoltre già subita Osiride (fratello e sposo di Iside). La dea inoltre raccomanda una condotta positiva sulla terra, in vista di una vita nell’aldilà e di una felicità ultraterrena (ripresa poi dal cristianesimo).

LA STORIOGRAFIA NEL II SECOLO

HISTORIA AUGUSTA (pag. 574)

Siamo alla fine del II secolo perché ci da informazioni sulla storia del secolo appena trascorso sotto la dinastia dei Severi. L’opera è la fusione degli scritti di ben sei autori minori diversi. Le interpretazioni sono due: o l’opera è l’insieme dei manufatti di questi sei autori, oppure essa è stata scritta da un solo autore barbaro che voleva nascondere la propria identità dietro ad essi. Il filone dell’opera è sullo stile di Svetonio e, grazie a fonti false, si parla della vita privata degli imperatori. Si dice che l’opera sia infatti composta da pettegolezzi e frottole, opere di fantasia non attendibili. Come lo scritto di Svetonio è suddivisa in rubriche. Le vite degli imperatori sono spezzettate attraverso le rubriche per argomenti e mancano di attendibilità, soffermandosi il racconto su inutili aneddoti. L’intento dell’opera infatti non è quello educativo ma di divertimento per un pubblico di ceto borghese. Lo leggiamo non come opera letteraria ma come opera documentaria per la dinastia dei Severi, essendo l’ultimo esempio di storiografia romana; infatti alla prosa di questo genere subentrerà presto la letteratura cristiana; la poesia romana, al contrario sopravviverà ancora.

ELIOGABALO, IL MOSTRO (pag. 584)

ALESSANDRO SEVERO, L’OPTIMUS PRINCEPS (pag. 587)

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