sabato 10 marzo 2012

TACITO - NERONE E L'INCENDIO DI ROMA(LATINO)

NERONE E L’INCENDIO DI ROMA (PAG. 436-439)

1. Segue il disastro, non si sa se per caso o voluto dal principe (infatti gli autori hanno tramandato entrambe le versioni), ma più grave e più atroce di tutti quelli che capitarono a Roma per mezzo della violenza del fuoco.

2. L’inizio partì in quella parte del circo che è vicina al palatino e al Celio, attraverso le botteghe, dove c’erano quelle merci combustibili, da cui la fiamma era alimentata, contemporaneamente il fuoco iniziò e, subito forte e veloce per il vento, si diffuse per tutto il perimetro del circo. Infatti non si frapponevano case circondate da protezioni o templi circondati da mura o qualche altro ostacolo.

3. Dapprima l’incendio invase con impeto le zone pianeggianti, poi, salendo verso i colli, devastando di nuovo i luoghi più bassi, ostacolò i rimedi a causa della propagazione e per il fatto che la città era esposta al pericolo per via delle strade strette e piegate di qua e di la e dei vasti agglomerati, come era la Roma antica.

4. Oltre a ciò, lamenti di donne spaventate, l’età stanca o l’età inesperta della giovinezza, chi pensava a sé e chi pensava agli altri, mentre portavano coloro che non riuscivano a muoversi da soli o li aspettavano, una parte in ritardo, una parte affrettandosi, tutto insieme era d’ostacolo.

5. E spesso, mentre si guardavano alle spalle erano circondati ai lati o di fronte, o se erano scappati nei luoghi più vicini, quando anche quelli erano stati investiti dal fuoco, trovavano nella stessa condizione anche quei luoghi che avevano creduto lontani.

6. Infine, indecisi su cosa evitare e su cosa ricercare, riempivano le strade e si lasciavano cadere nei campi; alcuni, persa ogni risorsa, anche quella per il sostentamento quotidiano, altri per l’affetto verso i loro cari, che non avevano potuto salvare, morirono, benché fosse accessibile una via di fuga.

7. Nessuno osava respingere il fuoco, a causa delle frequenti minacce dei tanti che proibivano di spegnerlo e poiché alcuni gettavano apertamente torce e poiché vociferavano di avere un mandante, sia perché avessero maggiore libertà di fare razzie, sia per un ordine.

8. In quel momento Nerone che era ad Anzio, non ritornò a Roma prima che il fuoco fosse arrivato alla sua casa, dove aveva unito il Palatino e i giardini di Mecenate. Tuttavia non si potè impedire che il Palatino, il palazzo e tutti i luoghi intorno fossero distrutti.

9. Ma come conforto per il popolo scosso e fuggitivo aprì il Campo marzio, il monumento di Agrippa e perfino i suoi giardini e fece predisporre degli edifici provvisori che ricevessero la moltitudine allo stremo, vennero trasportati oggetti utili da Ostia e dai municipi vicini e fu ridotto il prezzo del frumento a tre sesterzi.

10. Ma questi provvedimenti per il popolo cadevano nel vuoto, perché si era diffusa la voce che nello stesso momento in cui la città bruciava egli fosse salito sul palco del suo palazzo e cantasse la caduta di Troia paragonando le disgrazie presenti alle sventure antiche.

COMMENTO

1. Tacito contempla 2 ipotesi e sembra non protendere per nessuna delle sue, ma ovviamente attraverso l’immagine che Tacito ci dà di Nerone capiamo che secondo lui l’incendio è di tipo doloso.

2. Come inizia il fuoco subito si diffonde (notare simul). Si tratta di una zona di edifici piccoli attaccati gli uni agli altri e quindi facilitano la propagazione del fuoco.

3. C’è una variatio iniziale: adsurgens (part.) e populando (gerundio) anche la principale presenta tre costrutti diversi al suo interno, inoltre un’altra variatio è costituita da obnoxia urbe (abl. Ass.) coordinato ad un ablativo di causa. L’effetto che produce è una mancanza di simmetria, lo stesso concetto viene espresso con una struttura formale diversa. Emerge incocignitas che era molto presente in Seneca, inoltre in Tacito questa asimmetria si nota maggiormente perché i periodi sono più lunghi (ipotassi). Inoltre il verbo principale è ellittico del verbo essere (manca il verbo essere).

4. Il verbo principale è posto alla fine perché prima descrive tutti gli impedimenti che concorrono a limitare lo spegnimento dell’incendio. Elenco giocato sulle coppie (fessa aut rudis pueritiae aetas, quique...quique, trahunt aut opperiuntur, pars...pars) inoltre usa l’astratto per indicare il concreto (lamenta paventium feminarum, fessa aut rudis pueritiae aetas…). Una varatio è data dal qui associato a due pronomi diversi. C’è una contrapposizione tra chi aiuta e chi viene aiutato e chi pensa solo a se. Pars mora, pars festinans riprendono le categorie già citate in precedenza (vecchi e malati, giovani ecc...) mentre cuncta comprende tutte le categorie. La costruzione di questo periodo dà l’idea di confusione, ciascun gruppo di persone viene caratterizzato da un custrutto diverso.

5. Viene presentata l’ineluttabilità della diffusione dell’incendio. Ci sono due situazioni distinte presentate in modo asimmetrico: nel primo caso c’è una temporale e poi le principale, mentre nel secondo caso c’è un periodo ipotetico e la relativa. Inoltre il vel dovrebbe unire due proposizioni dello stesso tipo ma non è così.

6. Simmetria iniziale: quid...quid... uniti a complere e sterni (due infiniti). Ci sono due ablativi assoluti: al primo nella seconda parte della frase corrisponde caritate suorum, mentre il secondo ha valore concessivo. La seconda parte della frase è più ampia e si sofferma sulla morte degli altri, Tacito si sofferma sulla descrizione dei sentimenti. L’incendio o la calamità naturale, che possono essere confrontati con la peste descritta da Lucrezio, servono per osservare i diversi atteggiamenti degli uomini di fronte alle difficoltà.

7. Tacito presenta diverse possibilità: l’incendio può essere doloso perché c’è un mandante o per avere una maggiore libertà di razziare oppure perché è frutto di un ordine. Tacito è solito esporre fonti senza parteggiare per nessuna ma lasciando trasparire la sua idea, inoltre le sue fonti derivano per lo più dalle voci, dal sentito dire.

8. Appena dopo aver parlato del presunto mandante dell’incendio Tacito passa a parlare di Nerone, lasciando trasparire che fosse proprio l’intento dell’imperatore quello di distruggere tutti i palazzi della corte.

9. Si mostra quell’aspetto di Nerone che era gradito al popolo. È una caratteristica tipica di Tacito, quando capisce di essersi sbilanciato troppo da una parte tenta subito di rimediare.

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