sabato 10 marzo 2012

VERGA (ITALIANO)

Vita di Verga (pag.177 vol.3 tomo 1)

Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri avente un origine nobiliare.
Quando all’età di venti anni assiste alla spedizione di Garibaldi in Sicilia si accende nel suo animo un forte sentimento patriottico,che non lo abbandonerà per tutta la vita.
Verga venne educato da un patriota siciliano,e nella sua fase giovanile si avvicina oltre che alle idee nazionalistiche anche al romanticismo.
A sedici anni pubblica un primo romanzo di stampo patriottico ‘Amore e patria’ e dopo la spedizione dei mille un romanzo storico ‘I carbonari della montagna’.
Nel 1863 vi è un nuovo romanzo ‘Sulle Lagune’,e del 1866,di stampo romantico, ‘La peccatrice’.
Tra il 1869 e il 1872 vi è il cosiddetto periodo fiorentino dell’autore,in cui,vi è una forte influenza delle correnti tardoromantiche;a Firenze Verga pubblica ‘Storia di una capinera’.
Nel 1872 Verga si trasferisce a Milano,dove rimarrà stabilmente fino al 1893.
Durante il periodo milanese frequenta vari salotti e caffè,in cui si avvicina agli autori scapigliati,e pubblica i romanzi ‘Eva’,’Tigre reale’ ed ‘Eros’.
Nel 1874 esce la novella ‘Nedda’,in cui emergono per la prima volta le tematiche veriste.
Del 1876 è invece la raccolta tardoromantica ‘Primavera ed altri racconti’.
Nel 1878 si converte al verismo pubblicando ‘Rosso Malpelo’,che possiede però ancora alcuni elementi romantici.
Nel 1880 Verga lavora a ‘Vita dei campi’ e nel 1881 a ‘I Malvoglia’.
Nel 1883 pubblica ‘Novelle rusticane’ e ‘Per le vie’,mentre nel 1889 pubblica il capolavoro verista ‘Mastro-don-Gesualdo’.
Insieme alla produzione verista si interessa anche ad una produzione destinata al mondo altoborghese e nobiliare e pubblica nel 1882 ‘Il marito di Elena’,romanzo d’ispirazione Flaubertiana.
Nel periodo che va dal 1878 al 1882 Verga è vicino agli esponenti della Destra storica,mentre dal 1882 si ritira dalla vita politica e diventa nazionalista e antisocialista.
Verga non riesce a completare il ‘Ciclo dei vinti’,che doveva descrivere l’Italia moderna attraverso cinque romanzi,di cui ne vengono pubblicati solo due (I Malavoglia e Mastro-don-Gesualdo) e di cui ne viene lasciato incompleto un terzo (La duchessa di Leyra).
Nel 1893 Verga torna a Catania,dove entra in una fase di stallo letterario che lo porta a dedicarsi al teatro,viene pubblicato così nel 1903 il dramma ‘Dal tuo al mio’.
Nel 1920 è nominato senatore.
Verga muore nel 1922.

Nedda (pag.187 vol.3 tomo 1)

Nella novella Nedda,pubblicata nel 1874,per la prima volta Verga sceglie dei protagonisti di estrazione popolare:la storia tratta di Nedda,giovane raccoglitrice di olive.
La scelta dell’ambiente (rusticano) e dei personaggi non rende però la novella verista,essa è di fatti priva di impersonalità,dato che l’autore interviene dall’inizio del romanzo compiendo la funzione di narratore,che,nei romanzi veristi è affidata ad una figura popolare.
Oltre che per la voce narrante la novella si distingue da quelle veriste per il linguaggio adottato,sono presenti di fatti nel corso dell’opera tutta una serie di lirismi,mentre sono assenti i richiami al linguaggio popolare (tipico del verismo).
Maggiori sono invece i riferimenti tardoromantici,come il sentimentalismo,che caratterizza l’amore tra Nedda e Janu.
Presenti nella novella sono alcuni temi classici di Verga:l’attaccamento alla casa,il potere che i più forti esercitano su i più deboli.
Protagonista è l’orfana Nedda,raccoglitrice di olive nella campagna catanese.
Nedda vive una storia d’amore con Janu,il quale muore a causa della malaria,e dal quale avrà una figlia.
Non volendo portare la bambina alla ruota del convento,dove venivano abbandonati i figli illegittimi,Nedda viene isolata dalla società,e perderà sua figlia che morirà di stenti.

Vita dei campi (pag.200 vol.3 tomo 1)

Vita dei campi,pubblicata nel 1880,è la prima opera verista di Verga.
Si tratta di una raccolta di otto novelle,scritte tra il 1878 e il 1880,in cui i personaggi sono di estrazione sociale umile.
A differenziare Vita dei campi dalle opere precedenti,accostandola così al verismo,non è tanto la realtà povera dei personaggi,presente già anche in Nedda,quanto l’accostarsi dell’autore al linguaggio dei ceti inferiori,e alla scelta del narratore popolare.
L’adesione al verismo è espressa nella lettera dedicatoria a Farina,premessa ad una delle novelle della raccolta.
Seppure considerata verista,la raccolta possiede ancora elementi tardoromantici,come la passione amorosa presente nella novella La Lupa.
Temi fondamentali di Vita dei campi sono:il tema economico e il tema dell’esclusione sociale (La Lupa,Rosso Malpelo).
Novelle presenti in Vita dei campi sono:Rosso Malpelo,La Lupa e Fantasticheria.

Vita dei campi-Lettera dedicatoria a Farina (pag.198 vol.3 tomo 1)

La lettera dedicatoria a Farina è la premessa alla novella L’amante di Gramigna,ed è qui che avviene l’adesione esplicita al verismo di Giovanni Verga.
I punti fondamentali della dedicatoria a Farina riguardano i nuovi aspetti della poetica verista verghiana e di come essi siano concretamente applicati sul piano letterario.
Il racconto verista è un documento umano,che non ha il compito di narrare delle vicende,ma quello di documentare sui fatti.
Il lessico utilizzato deve essere consono al racconto,e dovendo richiamare il linguaggio popolare deve essere semplice e comprensibile.
Lo scrittore deve presentare il fatto nudo e schietto,non deve modificarlo,e nemmeno mediarlo o commentarlo,ma deve limitarsi ad esporlo in maniera completamente impersonale.
Ciò che verrà rappresentato sarà qualcosa di reale e di vero,e i fatti narrati saranno una specie di cronaca.
L’opera sembrerà ‘essersi fatta da sé’ e il pubblico prima o poi capirà la positività che c’è in tutto ciò.

Vita dei campi-Rosso Malpelo (pag.202 vol.3 tomo 1)

La novella ‘Rosso Malpelo’ fu pubblicata per la prima volta nel 1878 e poi inserita nel 1880 in Vita dei campi.
Fu ripubblicata nel 1897 in una nuova edizione della raccolta di novelle.
Il protagonista è Rosso Malpelo,un ragazzo che lavora in una cava di rena,considerato dalla società popolare depravato e cattivo a causa dei suoi capelli rossi.
La considerazione che si ha di lui porta la comunità ad isolare e a tiranneggiare su Rosso,che è protetto solo dal padre,anch’egli lavoratore nella cava,che muore però in un incidente di lavoro.
Morto il padre Rosso si ritrova solo,abbandonato sia dalla madre che dalla sorella,le quali condividono la concezione popolare e ritengono rispettivamente il figlio e il fratello una disgrazia.
Rosso a seguito della violenza subita cerca di dare delle preziose lezioni di vita al suo unico amico Ranocchio,che morirà però di tisi.
A seguito della morte di Ranocchio il protagonista si recherà in una zona inesplorata della cava di rena,dalla quale non farà più ritorno.
Essendo una novella verista,Rosso Malpelo,ha come narratore la voce popolare,che si accanisce da subito contro il protagonista a causa della credenza secondo la quale chi aveva i capelli rossi fosse connotato da caratteristiche malefiche.
Il narratore popolare si fa di fatto portavoce di quello che la comunità pensa di Rosso,e non si trattiene dal criticare qualsiasi sua azione.
Viene qui sperimentato il principio di straniamento,tramite il quale il narratore ci trasmette implicitamente il suo punto di vista,Rosso non è per Verga perfido come la società ritiene,ma è la comunità perfida nel perseguitarlo.
Con il principio di straniamento l’autore tratta alcune delle ideologie popolari,che nascono da uno studio approfondito su quella che è la realtà dei ceti sociali più bassi.
Nelle ideologie popolari emerge la violenza dell’uomo,violenza che viene scaricata sui più deboli,di fatto la comunità si riunisce in un gruppo e prende di mira un capro espiatorio,che in questa novella è Rosso.
L’unico modo con cui il più debole può uscire dalla sua situazione di isolamento e derisione è il più drastico di tutti,la morte.
Rosso Malpelo subisce la violenza della società due volte:fisicamente e psicologicamente.
È proprio attraverso la violenza psicologica che il protagonista assume la prospettiva di chi lo fa soffrire,egli si ritiene effettivamente malvagio.
Rosso è una vittima,così come lo è l’asino della cava,con il quale il protagonista condivide un destino crudele;sarà la stessa morte dell’asino a portare Malpelo a riflettere sulla morte,vista sia qui che in Nedda,in termini leopardiani,come fine della sofferenza.
Un’altra delle caratteristiche che isola Malpelo dalla società è il coraggio del vero,egli critica apertamente le leggi di violenza che la società ipocrita ignora,e cerca di trasmettere questa sua conoscenza del vero anche a Ranocchio.
Il voler condividere il vero con il suo unico amico è un vero e proprio atto di affetto da parte del protagonista,che viene però considerato negativo anche in questo aspetto dalla comunità popolare.
Qualsiasi azione di Rosso è negativa solo perché compiuta da lui,di lui si temono anche le reazioni,che vengono considerate pericolose,a tal punto che lo stesso ragazzo non viene informato del ritrovamento del corpo del padre,schiacciato dalla rena.
Nel mondo di superficie Rosso è un emarginato,il suo mondo è sottoterra,è nella cava,egli stesso è nato solamente per questa.
Gli stessi colori che caratterizzano il mondo sotterraneo,ovvero il nero e il rosso,richiamano la figura di Malpelo,mentre il colori del mondo di superficie,il verde e l’azzurro,ne sono completamente gli opposti.
La novella è caratterizzata,per quanto riguarda la struttura dei personaggi,da una serie di gruppi o coppie,
in cui vi è sempre colui che domina e colui che subisce,si pensi al rapporto tra Rosso e la madre,oppure al padre di Rosso,denominato Bestia proprio per il suo estremo assoggettamento,e il padrone della cava.
Al centro della novella vi è indubbiamente la figura di Rosso Malpelo,con il quale tutti i personaggi si rapportano,mentre non si vedono altre persone relazionarsi tra di loro.
Ciò che domina nella narrazione è però indubbiamente la forte attenzione al verismo,che traspare sia dalle descrizioni (Rosso che viene descritto solamente dalla voce del narratore popolare) che dal linguaggio (semplice e rustico).

Vita dei campi-La lupa (pag.213 vol.3 tomo 1)

Come in Rosso Malpelo anche la protagonista della novella ‘La lupa’ è un’isolata,vittima dell’invidia delle donne,che la vedono come diversa.
Anche questa novella si apre con il narratore popolare che da una descrizione del protagonista;la lupa viene qui descritta come vorace e le vengono attribuite una serie di connotazioni che ne evidenziano la sensualità.
Come Rosso anche la lupa viene paragonata ad un animale,è una cagnaccia,ma ella è presentata in più con una sorta di aura mistica,che le permette di incarnare l’ideale di donna-strega.
Le caratteristiche fondamentali che vengono attribuite a questa donna,e che la trasformano in una lupa,sono:il movimento,la scaltrezza e il sospetto.
Dopo la presentazione della lupa viene introdotta la figura della figlia Maricchia,vista,come anche la madre di Rosso Malpelo,come una povera donna,in quanto imparentata con una disadattata sociale.
Attraverso Maricchia emerge anche la tematica della roba.
Dopo essersi soffermato sulla lupa e su Maricchia il narratore popolare si concentra sul fulcro della novella,ovvero l’amore della gnà Pina (la lupa) per un giovane di nome Nanni.
Confessato il suo amore la lupa non si vede solamente respinta,ma scopre inoltre che il ragazzo da lei amato desidera la figlia Maricchia.
La protagonista della novella non è però volitiva,ma anzi escogita un nuovo metodo per conquistare Nanni,e,pur di ottenerlo lo fa sposare con la figlia,la quale inizialmente si oppone al matrimonio,al quale però è costretta a causa della superiorità della madre.
Attraverso il matrimonio con Nanni le figure della gnà Pina e di Maricchia vengono opposte,se la seconda infatti si dimostra la perfetta donna di casa,la prima è al di fuori dalle regole e lavora nei campi come un uomo.
Dopo lo sposalizio avviene l’incesto:la lupa riesce nel suo intento e conquista Nanni.
Maricchia,che si era nel frattempo innamorata nel marito,diventa combattiva,e si reca dal brigadiere con i figli per denunciare la madre;lo stesso Nanni viene convocato,ma si dimostra più debole delle due donne,e da la colpa dell’incesto alla passione dell’inferno.
Non riuscendo a resistere alla tentazione del rapporto con la lupa Nanni la uccide;l’uomo era infatti uscito dal sistema dei valori compiendo l’incesto,e per liberarsi di questo decide di compiere un omicidio,che forse considera un atto meno grave.
La lupa è presentata attraverso i dialoghi o attraverso il paesaggio.
Dal punto di vista stilistico vi è una forte attenzioni ai dialoghi tra i personaggi che,se trattano qualcosa di oggettivo sono brevi e laconici,quando trattano invece qualcosa di soggettivo si allungano.
Nella lupa non vi è solamente l’elemento verista ma sono presenti ancora alcune caratteristiche tardoromantiche.
Il romanticismo può essere rilevato nell’amore passionale:l’amore della gnà Pina è di fatti una via di mezzo tra la passionalità romantica e l’amore verista,che è insano e distruttivo.


Vita dei campi-Fantasticheria (pag.217 vol.3 tomo 1)

La novella ‘Fantasticheria’ è l’introduzione ai Malavoglia,tanto che i temi e i personaggi sono gli stessi,se non con qualche modifica.
In Fantasticheria vi è la contrapposizione del punto di vista della donna ricca e borghese,che decide per sfizio di visitare Aci-Trezza,e di quello delle povere persone che vi abitano.
Il destinatario della novella sembra essere la stessa donna borghese,ma in realtà Giovanni Verga si sta qui indirizzando all’intera borghesia.
Il narratore è un borghese,amico della dama della novella,alla quale narra le azioni trascorse insieme,in quanto egli ha partecipato direttamente alla vicenda,e il futuro dei personaggi incontrati nel paese catanese.
Trovandoci qui in Vita dei campi compaiono sia l’elemento verista che quello tardoromantico.
Essendo la novella basata su diversi punti di vista,al cambiare di questi muta anche lo stesso linguaggio:quando sono riportanti i pensieri della borghese questo è più elevato,quando lo sono quelli della gente del paese questo si avvicina alla lingua popolare.
La novella si apre con la dama dell’alta borghesia che giunge ad Aci-Trezza con la sua miriade di bagagli;già da qui è presentata l’ingenuità della povera gente,che è convinta che, essendosi portata così tante cose, la donna si fermi per anni,quando ella ha intenzione di fermarsi solamente un mese.
Nella parte iniziale è narrata la vita della donna borghese nel paese.
Gia dall’inizio è visibile come la dama faccia tutto per puro svago:quando va una notte in barca vede ciò come un passatempo,mentre gli abitanti di Trezza lavorano per sopravvivere su quel mare,e lì Bastianazzo morirà.
L’episodio delle formiche descrive bene la situazione dei paesani:quando la signora rompe le fila delle formiche con il suo ombrellino,queste,dopo un attimo di smarrimento,ritornano sui propri passi,così gli abitanti di Aci-Trezza sebbene la vita in questo luogo sia crudele,qui rimangono a vivere,perché legati al loro luogo di nascita e alla loro famiglia.
I cittadini delle classi sociali più basse sono quindi possessori di valori disconosciuti completamente dalla classe borghese,come:la famiglia e l’attaccamento al paese di provenienza.
La donna borghese incontra,nel suo breve soggiorno,alcuni personaggi dei malavoglia,quali:Maruzza,Mena e Padron ‘Ntoni.
Maruzza vendeva della merce che viene comprata dalla dama per farle dell’elemosina,Padron ‘Ntoni era il timoniere della barca su cui la borghese passa una notte romantica con il narratore,mentre Mena viene vista dalla ricca signora alla finestra.
Mentre il narratore elogia la bellezza della dama borghese,Padron ‘Ntoni non condivide questa opinione,dato che non apprezza il mondo da cui ella proviene.
Il narratore racconta alla donna cosa è accaduto dopo la sua partenza ai personaggi da lei incontrati,ma in questo racconto,se presi in considerazione i Malavoglia,vi sono alcune incongruenze.
Maruzza non muore,quando nel romanzo appartenente al ciclo dei vinti,o ciclo della marea,perisce a causa di un’epidemia molto prima di Padron ‘Ntoni.
Da Fantasticheria traspare che Mena si rechi in città per prostituirsi,ma dai Malavoglia sappiamo che il futuro della prostituzione toccherà a Lia,la sorella minore.
Sul letto di morte Padron ‘Ntoni diviene l’emblema del valori popolari della famiglia e della casa,quando viene portato in ospedale si lamenta,infatti egli vorrebbe terminare la sua vita nel luogo dove ha sempre vissuto le proprie esperienze.
Il destino del popolo è rappresentato da Bastianazzo.
Nella novella si vede come per Verga la sorte migliore sia quella della morte,toccata per esempio a Luca,mentre quella peggiore è quella della prigione,toccata a ‘Ntoni.
Se il mondo che era stato conosciuto dalla donna borghese,nella sua permanenza di quarantotto ore,è andato distrutto,secondo Verga verrà ricostruito,i figli di Alessi riusciranno a perpetuare il ciclo della famiglia.
La novella si conclude con l’ideale dell’ostrica,secondo il quale per capire le classi più povere bisogna farsi piccoli come queste.
Secondo questo ideale la famiglia può sopravvivere solamente se rimane unita.
Verga da qui una massima secondo la quale il verismo debba guardare le cose non dall’esterno ma dall’interno,deve quindi analizzarle con il microscopio.
Compare qui il tipico cronotopo manzoniano del paese.

Il marito di Elena (pag.225 vol.3 tomo 1)

Pubblicato nel 1882 ‘Il marito di Elena’ è un romanzo sullo stile di ‘Vita dei campi’.
Per la stesura di questo scritto Verga si ispira alla ‘Madame Bovary’ di Flaubert.
‘Il marito di Elena’ viene scritto dopo l’insuccesso dei Malavoglia,e dopo di questo Verga dirà per sempre addio alla componente romantica presente nelle sue opere.

Novelle rusticane (pag.225 vol.3 tomo 1)

Novelle rusticane è una raccolta contenente dodici novelle scritte tra il 1881 e il 1883.
Qui Giovanni Verga entra nel vivo della sua produzione verista,e,il tema fondamentale dei suoi racconti diventa quello dell’accumulazione della roba,intesa non come accumulo di denaro,ma come accumulazione di beni di diverso genere.
In novelle rusticane l’autore non si concentra più solamente su un singolo individuo,ma spesse volte su un’intera comunità,di cui vengono analizzate le dinamiche economiche e sociali.
Nella narrazione assume ampio spazio la classe borghese,che,come nel caso di Mazzarò,acquisisce spesse volte i terreni e i beni della nobiltà terriera.
Nella raccolta è ancora rintracciabile una cadenza epico-lirica che scomparirà però nella produzione successiva.
Il pessimismo verghiano diventa qui sempre più cupo.
Una novella di questa raccolta è ‘La roba’.

Novelle rusticane-La roba (pag.227 vol.3 tomo 1)

Il protagonista della novella è Mazzarò,uomo che ha passato tutta la sua vita ad accumulare beni e ricchezze,che,sacrificando tutto per seguire la logica della roba,è divenuto il proprietario terriero della regione.
Il racconto si apre con un viandante che passa per giorni e giorni attraverso le terre di Mazzarò,e che ci elenca tutti i possedimenti dell’ultimo da lui veduti.
Dal punto di vista del viandante si passa a quello di un lettighiere che,attraverso espressioni della realtà popolare,ci descrive la figura del proprietario terriero.
Nella descrizione di Mazzarò è evidenziata l’abilità del protagonista nell’accumulazione della roba.
Infine si passa al punto di vista del narratore popolare,che ci narra la storia del personaggio principale.
Mazzarò nella vita era stato un lavoratore:lavorava infatti nelle terre di un barone,il quale si faceva trattare come un re e gestiva la roba in maniera irresponsabile,e che non si accorgeva di essere derubato dei suoi stessi beni da coloro che lavoravano per lui.
Il protagonista era riuscito quindi ad arricchirsi anche accumulando i beni sottratti al nobile,tanto da riuscire a comprare le terre dell’ultimo che si era ormai impoverito.
Mazzarò,una volta diventato proprietario terriero,non si fece trattare come il barone ma si comportò sempre come una persona frugale,tanto che non acquistò mai uno stemma nobiliare ma rimase sempre attaccato ad una realtà umile (si pensi al berretto che teneva sempre con sé).
Nell’episodio del barone sono visibili i rapporti di forza che caratterizzano il rapportarsi degli esseri umani,ed è visibile il passaggio tra il latifondismo nobiliare e il mondo borghese:cosa che accadrà anche in Mastro Don Gesualdo,tanto che Mazzarò è l’alter ego di quest ultimo.
Si nota qui anche come la roba fugga da chi la consuma:ciò che era del barone divenne di Mazzarò.
Il protagonista della novella ha una mentalità contadina,cosa visibile dal fatto che egli preferisca la roba al denaro,destinato solamente al re.
Lo scopo di Mazzarò è l’accumulazione della roba che può essere portata avanti solo attraverso il lavoro;per mantenere le sue ricchezze il protagonista è quindi costretto a lavorare,ma ad egli non importa logorare il suo fisico:detesta maggiormente sprecare la roba da lui accumulata.
L’accumulazione della roba ha però impedito a Mazzarò di costruire altro nella vita:egli non ha affetti,non ha qualcuno a cui poter lasciare i suoi beni,possiede solamente la propria roba.
Nella novella vi è un forte determinismo,infatti,Mazzarò è fatto per la roba e non possiede nient’altro al di fuori di essa ,tanto che vi è una personificazione tra egli e la roba (quando si cammina sui terreni di Mazzarò è come camminare su Mazzarò stesso).
Mazzarò si arricchì anche tramite l’inganno:per ottenere una chiusa ne ingannò il proprietario.
La novella si conclude con la morte di Mazzarò e con il falò dei beni di quest ultimo,per far si che questi non cadano nelle mani di nessuno egli preferisce portarseli nella tomba.
‘La roba’ come si era aperta con una descrizione lirica così anche si chiude.
Verga ovviamente non approva la filosofia della roba,cosa che ci fa comprendere attraverso il fenomeno dello straniamento,si pone quindi in contrasto con il pensiero di Mazzarò e della realtà popolare.

Il ciclo dei vinti (pag.199 vol.3 tomo 1)

Il ciclo dei vinti,chiamato inizialmente ‘Ciclo della marea’, è un progetto comprendente cinque romanzi:I Malavoglia,Mastro Don Gesualdo,La Duchessa de Leyra,L’Onorevole Scipioni e L’Uomo di lusso.
Giovanni Verga completò solamente i primi due libri del ciclo,lasciò incompiuto il terzo,e non incominciò mai gli ultimi due.
Il progetto del ciclo dei vinti appare nella lettera a Salvatore Paola Verdura scritta il 21 Aprile 1878.
Nel ciclo di romanzi Verga intende esaminare tutte le classi sociali della nuova Italia,e,l’oggetto di queste opere sarà la lotta per la vita.
La lotta verrà descritta partendo dallo strato sociale più basso fino a giungere a quello più alto:ogni romanzo avrà infatti come protagonista una differente classe sociale.
Verga si propone di studiare come l’umanità sia guidata da una selezione naturale nella lotta verso il progresso (tema in cui l’autore nutre ancora una qualche fiducia).
Ciascun romanzo avrà una ‘fisionomia speciale’ ,e sarà caratterizzato da un’osservazione oggettiva,ovvero coscienziosa.
Tutti i protagonisti di questi romanzi saranno destinati a piegarsi e a fallire davanti al progresso,trascinati dall’onda della marea.

I Malavoglia (pag.254 vol.3 tomo 1)

In una lettera scritta da Verga all’editore Treves nel 1875 viene nominato un bozzetto marinaresco intitolato ‘Padron ‘Ntoni’,che sarà il precedente dei Malavoglia su cui poi sarà elaborato il nuovo romanzo.
Nel bozzetto Verga non guarda però al mondo con occhi veristi,in quando l’adesione dell’autore a questa corrente avviene solamente nel 1878.
Con l’adesione al Verismo Verga abbandona il bozzetto e incomincia la stesura di un nuovo romanzo che prende il nome di ‘I Malavoglia’.
Questo romanzo insieme ad altri quattro è destinato ad essere inserito nel Ciclo dei vinti,ideato in questo periodo.
I Malavoglia vengono stesi tra il 1878 e il 1880,e verranno pubblicati a Milano nel febbraio del 1881 dall’editore Treves.
In una lettera a Capuana del marzo 1879 Verga spiega che il romanzo è nato dopo una profonda indagine sociologica e linguistica,che si basa sulle relazioni di Franchetti e Sonnino.
Giovanni Verga si occupa di ricostruire ‘scientificamente’ un tipico paese siciliano,basandosi su documenti sociologici ed etnologici;una volta documentatosi Verga crea quindi a tavolino il mondo dei Malavoglia caratterizzandolo geograficamente:Aci Trezza,il paese dove si svolge la narrazione del romanzo,esiste realmente,ma viene ‘rielaborato’ dall’autore che lo connota con gli elementi tipici di tutti i paesi siciliani.
Nei Malavoglia gli spazi sono descritti attraverso il metodo verista e possono quindi assumere un valore simbolico:gli spazi comuni sono ben caratterizzati,mentre quelli restanti molto sfumati,proprio attraverso il valore simbolico l’autore descrive solamente ciò che è necessario.
Il romanzo è composto da quindici capitoli.
La vicenda si svolge tra il 1863 e il 1877 o 1878.
La storia è quella della famiglia Toscano,nota ad Aci Trezza con il soprannome antifrastico di Malavoglia (sono in realtà gente molto laboriosa).
La famiglia toscano è composta da:Padron ‘Ntoni,Bastianazzo,Maruzza,’Ntoni,Luca,Alessi,Mena e Lia.
All’interno del romanzo è possibile distinguere tre parti;le prime due parti hanno come protagonista Padron ‘Ntoni,mentre l’ultima parte l’omonimo nipote.
La prima parte va dal dicembre 1863 al settembre 1865,la seconda parte va dal settembre 1865 alla fine del 1866,mentre la terza parte va dal 1867 fino al 1877 o 1878.
I primi quattro capitoli occupano solamente quattro giorni in quanto Verga ha la necessità di presentare i personaggi del romanzo.
Nelle prime due parti il paese assume una grande rilevanza,nell’ultima parte la narrazione si concentra quasi esclusivamente sulla famiglia Toscano.
Padron ‘Ntoni e Campana di Legno sono opposti nelle prime due parti del romanzo:se il primo rappresenta il mondo dei Malavoglia,in cui permangono le tradizioni e i valori del passato,il secondo rappresenta la realtà di Trezza,in cui sono già penetrati i disvalori del mondo moderno.
Tutti i personaggi del romanzo sono collocati all’interno di un sistema oppositivo di natura morale (si dividono quindi in personaggi positivi e negativi).
Anche ‘Ntoni è opposto al nonno,se quest ultimo infatti è l’eroe dei valori del passato,egli rappresenta invece il mondo moderno;il linguaggio di Padron ‘Ntoni è quello proverbiale e della saggezza popolare,il linguaggio di ‘Ntoni comprende più ambiti (dalla politica,al giornale,etc..).
‘Ntoni è combattuto tra il rimanere nel paese natale o l’andarsene,ma il progresso che l’ha ormai ‘contaminato’ lo farà protendere,alla fine del romanzo,per la seconda opzione.
L’opposizione del sistema dei personaggi che caratterizza il romanzo è applicabile anche tra i componenti della stessa famiglia Toscano,che si contrappongono nel modo binario maschio contro maschio,femmina contro femmina (‘Ntoni si contrappone ad Alessi,Lia si oppone a Mena).
Per i diversi gruppi di personaggi esistono anche diversi registri linguistici e sintattici:la famiglia Malavoglia e caratterizzata da un linguaggio lirico-simbolico,il mondo di Trezza da un linguaggio comico-caricaturale.
A parte per sporadiche precisazioni e indicazioni temporali,il tempo è quello del paese,della natura e del lavoro.
Rispetto al tempo del villaggio di Lucia,qui si ha l’assoluta corrispondenza fra le azioni dei personaggi e il tempo,che è quello circolare della natura.
Il racconto si focalizza però su la coniugazione della storia familiare e i tempi naturali (idillio del romanzo familiare).
Spazio e tempo sono quindi uniti tra loro e caratterizzano l’idillio familiare,che è sempre presente nel romanzo, ma che è sentito come espressione di un passato che sta per essere travolto dall’imminente progresso.
La fuga di ‘Ntoni rappresenta in qualche modo l’inizio della rottura di questo mondo simboleggiato dal cronotopo dell’idillio famigliare.
L’idillio familiare deve quindi convivere con un aspetto realistico,che sta prendendo il sopravvento;la stessa chiusura del romanzo non si concentra su Mena e Alessi,che ricostituiranno il ciclo familiare ‘distrutto dall’onda del progresso’,ma sulla figura di ‘Ntoni che lascia per sempre il paese.
Il narratore è anche qui quello popolare:a parlare è una comunità.
I luoghi e i personaggi non sono descritti,in quanto è come se questa comunità parlasse a delle persone del luogo,che conoscono quindi gli spazi e le persone di cui si sta parlando.
La prospettiva è quella dei personaggi,non quella dell’autore.
La modalità narrativa più utilizzata nel romanzo è quella del discorso indiretto libero con cui vengono riportate le voci popolari.
La lingua utilizzata non è quella dialettale,ma l’italiano dei borghesi colti siciliani.
Nel dialogo,sia che sia un discorso diretto o indiretto,la grammatica si fa più elementare e si trovano molti più modi di dire e proverbi.
Il punto di vista non è quello dell’autore ma quello del narratore popolare;il punto di vista dell’autore è riportato,implicitamente,solo attraverso il processo di straniamento.
All’interno del romanzo convivono il simbolismo e il naturalismo,le due poetiche dell’epoca,ma ovviamente è il naturalismo che qui prevale e che ingloba al suo interno i vari aspetti simbolisti.

INTEGRARE CON I PASSI SUL LIBRO (PAG.255,PAG.264,PAG.266,PAG.270)

Mastro-don Gesualdo (pag.294 vol.3 tomo 1)

Mastro-don Gesualdo è il secondo romanzo del ciclo dei vinti.
Come per i Malavoglia anche Mastro-don Gesualdo compare per la prima volta nella lettera a Verdura.
Verga vuole qui rappresentare un “rappresentante della vita di provincia”,che da mastro riesce ad imparentarsi con la classe nobiliare.
Già nel titolo è visibile la voce narrante:Mastro-don è un epiteto che si accompagna al nome di Gesualdo,legato alla sua scalata sociale che risulta essere impossibile (seppure diventato ricco Gesualdo rimarrà per sempre un mastro).
La stesura del romanzo si concentra lungo il 1888,questo sarà pubblicato in varie parti tra il luglio e il dicembre dello stesso anno.
Una seconda edizione del romanzo viene pubblicata dall’editore Treves nel 1889.
Mastro-don Gesualdo è diviso in ventuno capitoli distribuiti in quattro parti,che narrano le vicende fondamentali della vita del protagonista.
La prima parte inizia con l’incendio del palazzo dei Trao,esponenti di una nobiltà ormai decaduta,e vede l’inizio della scalata sociale di Gesualdo che sposa Bianca Trao,già incinta del cugino Ninì Rubiera.
La seconda parte narra del progressivo arricchimento di Gesualdo,che diventa l’uomo più ricco del paese.
La terza parte è una sorta di “romanzo di Isabella”,figlia che il protagonista crede sua ma che in realtà è frutto della precedente relazione di Bianca con Ninì.
Dopo averne narrato la storia si parla della permanenza di codesta nel podere del padre a Mangalavite,dove si innamora e rimane incinta del cugino Corrado;per evitare lo scandalo Gesualdo ne combinerà il matrimonio con un nobile palermitano il duca di Leyra.
La quarta parte vede la decadenza di Gesualdo,dovuta al marito di Isabella che sperpera i suoi beni,e la sua morte nella solitudine del palazzo della figlia.
L’ideologia del romanzo è che la roba passa di mano in mano,e che la corsa del singolo verso di essa porta sempre alla caduta e alla distruzione,ciò avverrà sia a Gesualdo che alla duchessa Rubiera (alter ego del protagonista),la quale venendo colpita da un ictus sarà costretta ad osservare in silenzio il figlio sperperare i suoi beni.
Il sistema dei personaggi nel Mastro-don Gesualdo è molto più complesso che nei Malavoglia:oltre alla classe popolare sono qui presenti anche la classe borghese e quella nobiliare,si può quindi parlare per questo romanzo di una polifonia di voci.
Lo stesso mondo di Gesualdo non può più essere narrato da un narratore popolare,ma proprio perché il romanzo è connotato da una polifonia di voci,vi è bisogno di un nuovo narratore,che è rappresentato dalla figura del borghese di provincia.
Questa nuova voce narrante,che si lascia a volte andare in commenti sebbene oggettivi,si avvicina all’ideologia del Mastro-don Gesualdo,e,in alcuni casi a quella dello stesso Verga.
Il fatto che il narratore dia dei commenti all’interno della narrazione è una delle novità che caratterizzano questo romanzo,un’altra è rappresentata dal minor utilizzo del discorso diretto libero e un‘altra ancora dal crescente dialogo tra i personaggi.
Gli stessi spazi nel Mastro-don Gesualdo sono diversi da quelli nei Malavoglia,se nel primo romanzo del ciclo dei vinti vi era lo “spazio del nido”,simboleggiato dalla casa del nespolo e da Aci-Trezza,nel nuovo romanzo predominano gli spazi aperti,che diventano “spazi della roba”;lo stesso idillio,praticamente assente,è legato all’aspetto economico.
Nel mondo di Mastro-don Gesualdo non vi sono affetti,ma una dimensione in cui tutti sono contro tutti:quando Bianca è moribonda gli altri nobili vanno a trovarla non per dare solidarietà al marito,ma per prendere accordi a scopo di guadagno.
L’unico personaggio che presenta dei sentimenti è proprio Gesualdo,ma che anche negli affetti ragiona secondo la filosofia della roba.
Se Gesualdo è particolarmente bravo negli affari,così non lo è sul piano degli affetti soprattutto per quando riguarda il rapporto con le donne della sua vita (prima Deodata e poi Bianca).
Il salto sociale compiuto dal protagonista attraverso il matrimonio con Bianca porterà all’allontanamento dei vecchi parenti,che lo considereranno un traditore,ma Gesualdo d’altra parte non riuscirà ad avere rapporti neanche con la famiglia della moglie,che lo considererà inferiore non essendo di nobile origine.
Le donne del romanzo simboleggiano l’inutilità della corsa verso la scalata sociale di Gesualdo.
Nel romanzo appare la differenza tra nobiltà di campagna e nobiltà di città:se la seconda è completamente decaduta e corrotta,la prima si mantiene intatta per il fatto che alcuni suoi esponenti sposano contadini-borghesi che con la loro abilità commerciale ne riescono a mantenerne intatta la situazione economica e finanziaria.

INTEGRARE CON I PASSI SUL LIBRO (PAG.299, PAG.317)

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