venerdì 18 maggio 2012

PIRANDELLO (ITALIANO)


PIRANDELLO


VITA E OPERE

Distinguiamo cinque fasi della sua vita e della produzione letteraria:

1- anni della formazione

nasce nel 1867 nei pressi di Girgenti. Il padre è un ex-garibaldino, la madre un'antiborbonica: Luigi cresce con valori patriottici e risorgimentali. Con il padre, assente e "libertino", avrà un rapporto conflittuale che lo farà allontanare dagli aspetti della figura paterna, quali il senso degli affari e la praticità. Questo senso di inettitudine lo avvicina invece alla letteratura, nella quale cerca una consolazione seppur vana. A Roma si iscrive alla facoltà di lettere e pubblicherà a Palermo una raccolta di poesie. Laureatosi a Bonn, qui scriverà per la donna di cui si innamora un'altra raccolta di poesie.

2- la coscienza della crisi

tona a Roma dove pubblica delle novelle, poi s'impegna in due romanzi. Fonderà la rivista "Ariel" dove si oppone al simbolismo e all'estetismo. Nello scritto "Arte e coscienza oggi" inizia a fare i conti con la crisi dei valori dell'Ottocento (positivismo). Si sposa per salvare economicamente la famiglia, ma l'investimento del padre va perso e lui si trova costretto a dare lezioni private.

3- la narrativa umoristica

Nasce nel 1904 "Il fu Mattia Pascal". In questo periodo si concentra sulla novellistica e sul romanzo. Nel libro "L'umorismo" (1908) compaiono alcune dichiarazioni di poetica. Produce molti romanzi e novelle.

4- il teatro umoristico e il successo internazionale

Si dedica ora alla produzione teatrale ("così è se vi pare"...) che suscita perplessità e critiche: siamo in un teatro grottesco. La situazione familiare è drammatica.
Il successo arriva con "Sei personaggi in cerca d'autore" (1921) e prosegue la linea del "teatro nel teatro".
Si iscrive al parito fascista: vede le sue potenzialità rivoluzionarie e vitali. Mussolini stesso finanzierà una sua compagnia di teatro. Per Marta Abba con cui intraprende una relazione scriverà molti drammi.

5- surrealismo

Nel 1925 esce "Uno, nessuno e centomila", romanzo ottimistico e surrealista. Da qui in avanti Pirandello priviligerà l'inconscio, il mito, la forza della vita contro la forma e le convenzione razionali.
La sua fama raggiunge l'apice nel 1934 quando vince il Nobel per la letteratura.
Muore a Roma per una polmonite nel 1936.

(per le opere complete guardare il libro)


INFLUENZE E SCELTE DI POETICA

Prima dell'Umorismo è influenzato da un positivismo pessimista e dal verismo (è siciliano come Verga): la scienza svela le illusioni. Di conseguenza decadentismo e simbolismo e estetismo sono guardati con sospetto.


RELATIVISMO FILOSOFICO E POETICA DELL'UMORISMO
L'elaborazione umoristica avviene tra il 1904 e il 1908.
Oltre ad essere in crisi l'oggettività delle scienze lo è anche la soggettività romantica, la capacità del soggetto di dare senso al mondo. Pirandello sottolinea il disagio, l'impossibilità di cogliere una realtà unica. Per questo si giunge a una radicale relativismo filosofico.
Oltre al fatto che con Copernico e Galileo l'uomo ha perso totalmente il suo ruolo centrale nell'universo, e ha perso la fede nei valori (vedi "premesse a Il Fu Mattia Pascal").
La poetica umoristica nesce dalla riflessione sull'epoca moderna, piena di contrasti come persona/personaggio, forma/vita: La forma paralizza la vita, dunque da persone coerenti e compatte ci trasformiamo in personaggi. Il personaggio non può che seguire due vie: o scegliere l'adeguamento passivo alle forme, oppure riconoscersi come maschera. Ecco che diventa dunque una maschera nuda, consapevole dell'autoinganno ma impotente nel risolvere la contraddizione (vedi la forma e la vita).


Pag. 202 LA CRISI DI FINE SECOLO da "Arte e cosienza oggi"

Afferma la relatività di ogni cosa, non c'è più un punto di riferimento saldo.
Il disagio dell'uomo moderno, il "malessere intellettuale" è dovuto proprio al crollo delle certezze. Altro che democratica e scientifica, quella di oggi è un'età confusa, un "sogno angoscioso".
Sembra non esserci la possibilità di cambiare le cose, di un rinnovamento ("aspettiamo e invano...il verbo nuovo").


Testi estratti da "l'Umorismo"

Pag.207 LA FORMA E LA VITA

Noi racchiudiamo entro diverse forme il nostro flusso vitale, ma che continua a scorrevi dal di dentro. Quando siamo investiti dal flusso però, le forme si rompono e ci si guarda vivere: vediamo la vita in noi stessi con distacco, diventiamo estranei a noi stessi. Percepiamo il caos della vita. Ci accorgiamo che c'è una realtà diversa da quella che pensiamo: vediamo la maschera come tale: noi non siamo quella maschera.
L'esistenza umana ci appare quindi priva di senso, abbiamo un senso di vuoto. Allora cerchiamo di riaggrapparci alle regole, alle maschere, che però, ormai, sappiamo essere fittizie (tentativo di ricostruzione). Ma le accettiamo per non impazzie o morire: sono un autoinganno per poter vivere.
Il folle dunque è colui che ha capito tutto.


Pag. 209 LA DIFFERENZA TRA UMORISMO E COMICITA'

Comico: è il primo momento umoristico: è l'avvertimento del contrario che provoca il riso. Ad esempio vedere una vecchietta imbellettata ci fa ridere.
Umorismo: si ha il sentimento del contrario, si compartecipa alla sorte della persona di cui l'atteggiamento comico ci ha fatto ridere, e si sorride amaramente. Non si ride come prima: entra in gioco la riflessione, è crollata la maschera, e si colgie la realtà che sta sotto. Ad esempio si può pensare che la vecchia si veste così per mantenere viva l'attrazione del marito, più giovane di lei.



Pag. 206 L'ARTE EPICA "COMPONE", QUELLA UMORISTICA "SCOMPONE"



P. rifiuta l'idea che la vita sia ordinata e razionale, mentre l'arte tradizionale non lo fa, e rappresenta dunque il faso. L'umorismo invece riconosce che le cause non sono ordinate.

Noi non siamo coerenti, abbiamo diverse anime che lottano tra loro e ci comportiamo a seconda di quale prevale: non esiste una unità della persona, non siamo eroi tutti d'un pezzo. Questo tipo di eroe, che magari è visto in lotta con se stesso, viene comunque ricomposto in un carattere dal poeta epico o drammatico. L'umorista non cerca di comporre, anzi, mostra la molteplicità e l'incoerenza dei personaggi e della vita stessa.



ROMANZI UMORISTICI: Il fu Mattia Pascal, Qaderni di Serafino Gubbio, Uno, nessuno e centomia.



PREMESSA A "IL FU MATTIA PASCAL" (fogli di Paola Poli)



Premessa

E' il primo capitolo del libro (il primo romanzo umorista) e vi è inserita una dichiarazione di poetica: Mattia infatti dichiara di raccontare il suo caso che è "strano" e "diverso" dagli altri, e lo scrive sperando che qualche lettore lo possa leggerlo (non si crede un poeta-vate: sa di non poter influire sulla società). Dichiara poi di esser morto già due volte nella sua vita (vedi IL FU MATTIA PASCAL).

Premessa seconda

E' il secondo capitolo. Dichiara di averlo scritto nella chiesetta sconsacrata della biblioteca dove lavora, sotto consiglio dell'amico Pellegrinotto, al quale affiderà il manoscritto. Nella biblioteca i libri sono messi senza troppo ordine, c'è una gran confusione, e ci sono libri tra loro vicini che non c'entrano nulla (questo sottolinea il caos del mondo, la relatività del tutto).

Torna, in un dialogo con l'amico, la critica a Copernico, il quale ha rivelato che la terra non girava e dunque ha fatto capire all'uomo quanto è piccolo, ha dato il via al relativismo (vedi RELATIVISMO FILOSOFICO): finchè non lo si sapeva era come se la Terra non girasse, e anche ora per molti è così. Ecco che quindi si dedicava ad una stroria piena di inutili particolare. L'amico ribatte che anche da quando la terra gira si sono scritti libri oziosi (naturalismo). Ma questo perchè l'uomo si distrae facilmente, cioè si crea nuove illusioni e dimentica di non valere nulla.

Si arriva infine ad un discorso metaletterario: Mattia parla di come racconterà la sua storia: più brevemente possibile (bene diverso dalla letteratura precedente) e solamente di cose essenziali.

Ricorda: Mattia sta parlando quando è già "il fu", è al di fuori della sua vita.

Avvertenza sugli scrupoli della fantasia

Questa parte fu aggiunta in seguito alle critiche mosse al libro: inverosomiglianza, mancanza di universalità, personaggi troppo razionali.

Per "giustificarsi" dunque riporta un episodio tratto dalla cronaca ancor più inverosimile del suo romanzo. Ma la vita si sa che è vera e dunque può fare a meno della verosomiglianza mentre l'arte non ha questa libertà: deve essere congruente (secondo i suoi critici). Invece secondo Pirandello se l'arte è inverosimile è ancor più vera in quanto la vita stessa è inverosimile. Il paradosso è che la vita è tutta forma, una maschera, è assurda ma vien considerata vera.

Il rifiuto degli universali viene subito dopo: i critici criticano i suoi personaggi in nome di una umanità che non esiste, come se ci fosse L'uomo, invece ci sono solo gli uomini. Lo zoologo che pretende di classificare L'uomo in realtà ha a che fare solamente con UN uomo che lui conosce.

È giusto che l'arte sia inverosimile poichè racconta di uomini essi stessi inverosimili. E lo zoologo riconoscerà che l'uomo si distingue dagli animali per la sua razionalità, perchè soffre e ragiona, interrogandosi sulle cause della propria sofferenza. Non ha dunque senso la terza critica.

Anche un critico che all'inizio sembra apprezzarlo alla fine giudica male il libro: dice che Pirandello non sa dare valore e senso universale ai personaggi. Sembrano inverosimili, paradossali ma è giusto così.: finchè non rompono la maschera, diventando vivi, sono solo maschere.

Ecco quindi che i difetti che i critici hanno riscontratto rispecchiano i difetti della realtà, e diventano per P. Lodi alla sua fantasia.

In fine riporta un altro esempio di cronaca, una vicenda simile a quella accaduta a Mattia Pascal.




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